lunedì 3 settembre 2012

ABOUT_Il pizzo: un intrigo di stile




































Pizzo, trina o merletto. Quale che sia l’appellativo utilizzato non cambia molto nell’immaginario collettivo, che lo vuole come una delle lavorazioni tra le più seducenti: intrigante ma raffinata, sensuale ma elegante. Un gioco studiato di rivelato e non svelato, che molto dice ma ancora di più evoca, che scopre sussurrando e copre con garbo e delicatezza. Il pizzo appare come una sorta di continua antitesi tra estremi che si respingono per attrarsi, quasi a suggellare la giusta convivenza di due anime in apparenza distanti e differenti, sulla scia di un’iconica commistione tra sacro e profano che, se ben riuscita, è in grado di dare strabilianti effetti di charme e incanto.
Tecnicamente parlando, le categorie di pizzo sono due: quello eseguito con l’ago (evoluzione del ricamo) e quello al tombolo (figlio della passamaneria). Per tre secoli, i pizzi sono stati eseguiti rigorosamente a mano, assurgendo a concreta manifestazione di una minuziosa abilità sartoriale, progenitrice della couture tout court, come ancora oggi la intendiamo. Solo all’inizio dell’800 compaiono le prime macchine, a Nottingham in Inghilterra, a opera di John Hethcoat e in seguito di Leavers, che battezzerà il pizzo oggi conosciuto come “pizzo di Calais”.
Da un punto di vista storico, il pizzo compare sulla scena del tessile e, di riflesso, del costume, relativamente tardi, nella seconda metà del ‘500. All’inizio due sono i poli di debutto: Venezia - all’epoca crocevia obbligato per ogni tipo di merce – per quanto concerne il pizzo all’ago e le Fiandre per quello al tombolo. Prima di allora, per ottenere l’effetto di trasparenza (nel pizzo dovuta alla struttura leggera con piccoli fori e vuoti) si ricamava un pezzo di lino a festoni, lo si tagliava e si tiravano i fili. Da una simile constatazione e invertendo il procedimento, ecco l’idea geniale: invece di distruggere il tessuto, si creava una griglia su cui ricamare.
Fino al ‘700 il merletto fu utilizzato anche dagli uomini per i jabot e i polsini arricciati che fuoriuscivano dalle giacche. Con i primi dell’800, diventa esclusiva del guardaroba femminile, usato per abiti, giacche, velette, ombrelli, scialli nonché come guarnizione di biancheria e accessori. Da Venezia e dalle Fiandre, conquista il mondo intero: si diffonde subito in Francia poi in Inghilterra, Spagna e Svizzera. In Asia e America del Sud fu probabilmente importato dai missionari. Fra i merletti più famosi ad ago, ci sono quelli di Alençon e Argentan in Normandia, fra i pizzi a tombolo, lo Chantilly, il Valenciennes e il merletto di Burano o pizzo veneziano. L’arte del pizzo a mano è ancora insegnata in molte scuole specializzate, mentre musei di tutto il mondo hanno ricche collezioni di merletti antichi. Uno dei più famosi fabbricanti è Riechers-Marescot a Calais, che lavora per i maggiori couturier del mondo.
Negli anni il pizzo ha contraddistinto le note più glamour della moda per la sua duplice anima grazie alla quale, mentre suggella una provocante sensualità, evoca un’eleganza raffinata, mixando sapientemente le carte in un calibrato gioco di stili e ispirazioni. Elemento di lusso per la couture, declina il suo aspetto sofisticato per merito dell’abilità manuale delle sarte che dedicano ore di lavoro alla più perfetta resa formale della sua essenza. Non meno prezioso sul versante prêt-à-porter, che lo vede trionfare in ogni dove e in ogni come, vuoi elemento preponderante di una creazione – abito, camicia, gonna, ecc. -, vuoi dettaglio lussuoso, volto a elogiare un capo d’abbigliamento piuttosto che un accessorio – bag, jabot, balze, scarpe. Intrigante ma mai volgare, sussurrato e mai gridato, il pizzo mantiene inalterato il suo fascino altero che rimanda ad antiche epoche aristocratiche. Ideale per il giorno se utilizzato nella sua variante più discreta, diviene un alleato insostituibile per la sera con total look capaci di incantare un’intera platea nelle occasioni più mondane. La sua azione nobilitante non si ferma davanti a nulla: dai look più formali arriva ad arricchire quelli più informali, donando in ogni caso quel tocco d’indiscussa preziosità.
Molte maison – da Valentino a Prada, passando per Louis Vuitton - lo utilizzano nelle loro collezioni, proponendolo di volta in volta declinato nelle stagioni e negli outfit. Per alcune – Dolce&Gabbana in testa – è divenuto un must della loro cifra stilistica: la coppia di stilisti made in Italy lo inserisce in ogni sfilata, donandogli ora un’anima dark, ora una imperiale, ora una sexy. Il pizzo è divenuto un elemento cardine della loro moda, un dettaglio di stile che evoca la tradizione della sicilianità più pura tanto cara alla coppia e prezioso bagaglio d’ispirazione per la loro moda. Dal classico tubino all’abito corto dal tocco bon ton, dalla longuette super femminile alla blusa très charmante, dall’inserto di gonne nelle fantasie più varie – animalier o floreali che siano – alle bag e alle scarpe, il pizzo rivela la sua anima versatile, pronta a sposare ogni linea e ogni forma. Per look dall’alto tasso sensuale a tutte le ore del giorno, che non perderono mai di vista l’eleganza più autentica.  

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