venerdì 31 gennaio 2014

BOOK_Rosso Valentino: un colore, una Maison



Ci sono colori in grado di identificare un marchio, evocando anni e anni di storia, prestigio, eccellenza. È un po’ quello che accade pronunciando la parola “rosso”…in un attimo l’immaginario si spinge a quella magia associata alla Maison Valentino, da sempre termine insostituibile a costituire con la cromia della passione un binomio di stile ed eleganza senza eguali. “Rosso Valentino” ha rappresentato e rappresenta tuttora un mito, un ideale iconico del made in Italy, quintessenza di tutte quelle caratteristiche che hanno fatto grande la moda italiana nel mondo. “Rosso Valentino”, però, ora è anche altro…si tratta, infatti, di un libro che racconta la Maison. Domande del calibro “Come nasce un abito d'alta moda? E come fa a crescere intorno ad un abito d'alta moda un'azienda multinazionale? Come si svolge la giornata lavorativa di un grande couturier? Cosa succede dietro le quinte di una sfilata?” trovano risposta nelle pagine di un libro al quale è attribuito l’arduo compito di alzare il sipario sulla vita vissuta all’interno della Maison Valentino, svelando e costruendo atmosfere di ordinaria e straordinaria magia, rievocando personaggi che ne hanno fatto parte in un racconto a volte ironico, sarcastico ma mai irriverente.
Gli autori, Franco Rossi e Piera de Sensi (per molti anni dipendenti della Maison Valentino) puntano i riflettori sull'entusiasmante parabola di due ragazzi di eccezionale talento, Valentino Garavani ed il suo socio Giancarlo Giammetti, che, con i rispettivi talenti, sono stati i protagonisti di una storia di successo, crocevia per il trionfo del sistema moda in Italia e del Made in Italy nel mondo.
Una storia che avrà infine un sofferto epilogo con la vendita del celebre marchio. "Rosso Valentino. Quando la moda era magia" ritrae attraverso la storia dei protagonisti visti dall'interno un'epoca ormai entrata a pieno titolo nella leggenda ed un mondo che affascinava teste coronate, politici, ecclesiastici, star dello spettacolo, campioni dello sport e del presenzialismo mondano. Un mondo alle cui porte bussavano tutti: dalle dame del jet set, ansiose di entrare nella corte volante di un monarca della moda, ai manager di grande fama che non disdegnavano un ruolo nella struttura operativa della Maison.
Il libro è pubblicato online su ilmiolibro.kataweb.it e può essere ordinato in versione cartacea, ovvero e-book, presso le librerie Feltrinelli.

giovedì 30 gennaio 2014

PEOPLE_Pierre Cardin









Pierre Cardin, italiano di nascita ma francese d’adozione, nella sua carriera di stilista ha saputo riassumere il meglio di due tradizioni sartoriali – quella del Belpaese e quella d’oltralpe - che hanno segnato le basi della storia del costume. Ripercorrere la sua storia è un po’ come rileggere le evoluzioni non solo del tempo ma, soprattutto, dello stile, avventurandosi nell’epopea di un secolo che ha fatto da sfondo a notevoli mutamenti.
A soli 23 anni, nel 1945, si trasferisce a Parigi dove lavora prima per Paquin poi per Schiaparelli. Conosce Jean Cocteau e Christian Berard, con i quali realizza diversi costumi e maschere per film come “La Bella e la Bestia”. Nel 1946 inizia la sua avventura chez Christian Dior e nel 1950 fonda il proprio atelier dove crea, principalmente,  costumi e maschere per il teatro. Tre anni dopo è la volta della presentazione della sua prima collezione. Da lì in poi è un successo continuo: nel 1954 i suoi vestiti “bulles” trionfano in tutto il mondo; sulla scia di un simile entusiasmo, inaugura la prima boutique “Eve” a Parigi, mente nel 1957 la seconda - “Adam” - dedicata all’abbigliamento maschile. Non mancano anche i riconoscimenti per così dire istituzionali: viene infatti nominato Professore Ordinario alla scuola di stilismo di Bunka  Fukusou in Giappone e nel 1958 riceve a Boston il premio dei “giovani stilisti”. La sua carriera stilitica prosegue rapidamente, tanto che nel 1959 presenta la prima collezione di prêt-à-porter femminile nel grande magazzino parigino “Au Printemps” e, l’anno seguente, quella maschile. Siamo così giunti ai mitici anni ’70, spartiacque per la definizione della moda e la sua affermazione presso il pubblico. Complice la sua mente avveniristica e lungimirante, nel 1970 apre a Parigi l’“Espace Pierre Cardin” che comprende un teatro, un ristorante, una galleria d’arte e uno studio di creazione di arredamento. Nel 1977, riceve il premio “d’or” dell’Alta Moda francese destinato alla collezione più creativa della stagione. Nel frattempo, presenta la prima linea di mobili - sculture Utilitaires – e apre la Boutique Maxim a Parigi. Nel 1979 riceve per la seconda volta il premio dell’Alta Moda francese “Dé D’or”. La sua spinta a varcare i confini nazionali è irrefrenabile: presenta così le collezioni uomo e donna a Pechino e Shanghai, mentre a New York nel 1980 celebra i suoi trent’anni di attività al Metropolitan Museum e inaugura la sua sede nella 57ma Strada. Il suo amore per Parigi non smette di farsi sentire e così, nel 1981, rileva il famoso ristorante Maxim’s in rue Royal a Parigi. È la volta di un altro grande evento: al Grand Palais presenta la retrospettiva sui 30 anni di carriera che, l’anno seguente, fa tappa in Giappone. Riceve il suo terzo “Dé d’or” dell’Alta Moda Francese e nel 1983 la Légion d’Honneur. Inaugura un ristorante Maxim’s a Pechino e a Rio de Janeiro. È nominato “Commandeur de l’ordre du Mérite” dal Presidente della Repubblica francese nel 1985 e riceve l’Oscar della Moda all’Opéra di Parigi. Nel 1986 firma di un contratto con l’Urss per la fabbricazione in loco del prêt-à-porter uomo, donna e bambino e per l’apertura di un esclusivo show room. Nel 1988 è nominato Grande Ufficiale del merito della Repubblica italiana. Nel 1990 il Victoria & Albert Museum di Londra ospita la retrospettiva sui suoi quarant’anni di moda femminile e trent’anni di moda maschile. È promosso al grado di “Officier” della Légion d’Honneur nel 1991. Riceve il premio dell’Ordine del Sacro Tesoro e la Stella d’oro e d’argento, la maggiore onorificenza del governo giapponese. Nel 1992 è eletto membro dell’Accademia delle Belle Arti. Nel 1994, invece, la sua moda sbarca in Sud America con l’organizzazione di una retrospettiva a San Paolo. Nel 1995 inaugura la prima boutique Pierre Cardin a San Pietroburgo. Due anni dopo è elevato al grado di Commendatore della Légion d’Honneur. All’Espace Pierre Cardin viene inaugurata una retrospettiva sui cinquant’anni di carriera. Il nuovo secolo inizia all’insegna delle celebrazioni: nel 2000 è la volta di una retrospettiva a Shangai e Pechino; nel 2002, a Los Angeles e Tokio; mentre nel 2003, a Firenze. Ultima, ma solo in ordine cronologico, la nomina nel 2009 di Goodwill Ambassador of the Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO).

mercoledì 29 gennaio 2014

BOOK_Christian Dior e il Piccolo Dizionario della Moda



“Qualsiasi cosa facciate, per lavoro o per piacere, fatela con entusiasmo. Questo è il segreto della bellezza, anche nella moda: non c’è bellezza che attragga senza vitalità”. Ecco uno dei principi di Monsieur Christian Dior, couturier e padre del New Look nonché di ideali di stile e femminilità del tutto nuovi.
Un principio che per tutta la sua carriera creativa è stato alla base delle sue ispirazioni e visioni e che, oggi come allora, riecheggia in un libello a firma dello stesso Dior, guida pratica allo stile che ogni signora che si rispetti dovrebbe portare con sé: Piccolo Dizionario della Moda. Un libro che, come definisce lo stilista, non è troppo lungo da divenire noioso né così breve da sembrare insufficiente. Un pratico manuale d’uso nel quale dare dritte, consigli e suggerimenti in tema di moda e stile, partendo proprio dall’haute couture, spesso e volentieri ignorata dalla più parte delle signore in quanto troppo costosa e formale. Ma se è vero, infatti, che vestir bene non è sinonimo di spendere grosse cifre, bastano piccoli accorgimenti per elaborare un proprio stile – e, di riflesso, un guardaroba – all’insegna del buon gusto. Due le regole fondamentali del gioco: seguire i presupposti della moda e scegliere gli abiti che più si addicono alla propria personalità. Partire, quindi, dalla piena consapevolezza di sé, di cosa sta meglio e cosa, invece, da evitato; dei tagli che valorizzano l’aspetto e di quelli che, al contrario, penalizzano; dei colori che si sposano con la carnagione e di quelli che non trovano felici combinazioni. Un lavoro attento, soprattutto nella fase iniziale, quando è necessario prendere confidenza con il proprio aspetto e capire cosa può aiutarlo a risaltare. Semplicità, buon gusto e cura dei dettagli fanno il resto.
Nel libro, Monsieur Dior sulla base di queste premesse esplora in ordine alfabetico l’universo della moda, dispensando concetti, definizioni e adorabili suggerimenti. Perché la moda passa, ma lo stile resta. 

martedì 28 gennaio 2014

LEISURE_Arte e Moda negli scatti di Aldo Fallai











L’incontro tra Aldo Fallai e Giorgio Armani risale al 1975: due estri creativi di diversa estrazione e attivi in campi così differenti, ma così uguali, come la fotografia e la moda, sempre più inclini a toccarsi vicendevolmente. Un idillio andati avanti per oltre venticinque anni e che ha dato vita a numerose campagne pubblicitarie, che hanno definito in immagini lo stile Armani e hanno contribuito a costruire gli ideali di un’intera generazione.
Uno stile, quello di Fallai, inconfondibile per la sua capacità di catturare con l’obiettivo la quotidianità della moda insieme ai tratti più esistenziali. Senza contare le contaminazioni con l’arte, dalla pittura alla scultura, che nelle sue immagini convivono felici con gli aspetti legati alla moda e allo stile. In bilico tra minimalismo ed eleganza nostalgica, Fallai ha impresso su pellicola non solo abiti meravigliosi, ma, soprattutto, una delle più interessanti stagioni del made in Italy. Ad alcuni tra i suoi più emblematici scatti è dedicata la mostra antologica “Aldo Fallai. Da Giorgio Armani al Rinascimento. Fotografie dal 1978 al 2013", a Firenze fino al 16 marzo. Duecento immagini in mostra, raccolte in due capitoli: il Museo Stefano Bardini ospita la sezione Rinascimento, testimonianza del legame tra il fotografo e la città in cui è nato e ancora vive; mentre Villa Bardini la parte più consistente dell’esposizione, dove il bianco e nero, tecnica prediletta da Fallai, domina, mettendo in mostra glamour anni ’80 e pose senza tempo. Come si diceva prima, nei suoi scatti emerge sempre il rimando artistico, soprattutto all’arte della ritrattistica e all’utilizzo tagliente della luce, vuoi per esaltare volti ed espressioni, vuoi per scolpire corpi e pose idealizzate.
Moda ma non solo…la mostra, infatti, ripercorre il percorso artistico di Fallai a partire dal 1978, ma, al tempo stesso, fornisce una chiave di lettura utile a comprendere l’importanza della fotografia di moda dagli anni ’70 in poi. Si tratta degli anni in cui il concetto di marchio made in Italy sta muovendo i suoi primi passi, ma gli stilisti già ne avvertono la necessità di tradurlo in qualcosa di tangibile. Fallai è stato uno dei primi a comprendere questa esigenza. Un legame quello tra moda e fotografia che affonda le sue radici nell’800, per avere un salto di qualità solo nel secolo successivo. In quest’ottica la mostra fornisce un interessante percorso di lettura filologica, che dal Rinascimento giunge sino al ‘900. Seguendo il percorso creativo di Giorgio Armani, Fallai si rende testimone e interprete della rinascita della moda italiana, che abbandonando gli eccessi e le bizzarrie della seconda metà degli anni ’70 di tutti gli ’80, sviluppa linee sobrie ed eleganti, sulla scorta dell’incipit estetico della rivoluzione rinascimentale. Armani immagina donne e uomini eleganti, slegati da un indomabile senso di narcisismo. Narcisismo che si coglie negli sguardi e nelle pose dei modelli, che Fallai ha saputo immortalare nei suoi scatti artistici, prendendo le mosse da Botticelli, Antonello da Messina, Bronzino, Michelangelo. Fallai dà massimo rilievo al corpo che nel campo della moda è, spesso, in secondo piano. Gli abiti diventano della stessa sostanza del corpo come se l’uno o l’altro da soli non abbiano alcuna forza vitale. L’immagine è raffinata, levigata e studiata nelle movenze dei soggetti, prese in prestito al cinema, al teatro e all’arte. Diviene così icona e modello di vita nei volti che ritrae, elemento sostanziale al quale si guarda come riferimento della realtà. E’ essenza, possibilità, capacità di sorprendere in quanto lampo d’infinitesima durata in grado di fissare un istante e renderlo immortale.
La scelta di allestire la sezione Rinascimento all’interno del Museo Bardini non è stata casuale, bensì dettata dalla continuità storica, in quanto Stefano Bardini è stato tra i primi a Firenze a interessarsi di fotografia, attorno agli anni Sessanta dell’Ottocento. Antiquario di professione, era solito fotografare le opere da lui acquistate, perlopiù rinascimentali, e spedirle ai propri clienti sparsi in tutto il mondo: book fotografici ante litteram, allo scopo di incentivare le vendite. Del suo archivio restano oggi circa 6400 lastre. Il confronto con le fotografie di Fallai è l’occasione per riflettere sulla diversa maniera di guardare al Rinascimento, oggi e nell’Ottocento. I primi piani dal taglio squadrato, memori della pittura del quattrocento, che ritraggono gli allievi di Istituto Marangoni di Milano, sono il volto della continuità e dell’inesausta vitalità della creatività italiana nel campo della moda.
A Villa Bardini sono invece esposte le fotografie di moda, relative alle campagne pubblicitarie, accanto a ritratti di modelle e modelli, che nella sua opera divengono icone di stile nonché splendide riletture rinascimentali. Ne è un esempio il ritratto della modella Susan May Pratt, per la campagna Armani del 1990; lo sguardo della ragazza richiama inequivocabilmente quello della Madonna Annunciata di Antonello da Messina. Ecco quindi il volto che si fa icona, espressione eterna di un sentire artistico, ma anche filosofico se non addirittura teologico, che fa parte delle radici di un popolo.

Aldo Fallai. Da Giorgio Armani al Rinascimento. Fotografie dal 1978 al 2013
Museo Stefano Bardini e Villa Bardini
Fino al 16 marzo 2014