Ugo Mulas
rappresenta a tuttotondo l’ideale di un artista
legato al territorio e, al tempo stesso, devoto a una lungimiranza culturale
che lo spinge a guardare oltre e a trasferirsi dalla provincia bresciana al
fermento milanese, proprio negli anni del mitico Bar Jamaica, ritrovo d’intellettuali nonché soggetto privilegiato
dei suoi primi scatti. Correva l’anno
1950 e oltre e, ben presto, Mulas comincia a dedicare anima e corpo al
reportage e alla fotografia pubblicitaria e di moda, contribuendo a creare la nuova immagine internazionale dello stile
italiano. I suoi lavori riscuotono
subito l’approvazione del grande pubblico, occupando - di buon grado – le
pagine di prestigiose riviste quali Illustrazione
Italiana, Settimo Giorno, Domus, Rivista Pirelli e Novità, che nel 1966 diventerà Vogue Italia. Sulla scia di una sana
contaminazione di visioni e interpretazioni, comincia a collaborare anche col mondo del teatro a fianco di Giorgio
Strehler, realizzando per lui fotocronache di molti spettacoli. Affascinato
dall’universo artistico, declinato in tutte le sue molteplici e differenti
modalità d’espressione, segue
personalmente tutte le Biennali di Venezia dal 1954 al 1972, mentre nella
seconda metà degli anni ’60 si reca negli Stati Uniti per documentare la scena
culturale newyorchese e personalità del calibro di Lichtenstein, Duchamp e
Warhol. A causa di una grave malattia, nel 1970 è costretto a ridurre la
sua attività: ciò non frena però il suo interesse per l’arte e inizia così la
serie Verifiche, una riflessione sul lavoro svolto, visto
attraverso una rilettura della storia della fotografia e improntato a
scandagliare ogni implicazione concettuale. Una sorta di testamento
artistico, summa esplicativa delle ispirazioni alla base del suo operato e della
resa per immagini di stili, visioni e suggestioni. Il 2 marzo 1973 si spegne a
Milano, ma il suo estro e la sua capacità visionaria non hanno mai smesso
d’influenzare tutti coloro che nel tempo hanno deciso di seguire le sue orme. Numerose le mostre dedicate nei decenni al
suo talento, tra cui New York: the
New Art Scene (Milano, 1967), Ugo
Mulas fotografo 1928-1973 (Ginevra, 1983 e Zurigo, 1985), Ugo Mulas. La scena dell’arte (Milano,
Roma e Torino, 2007-2008), Ugo Mulas
(Madrid, 2009). Esposizioni ma anche
pubblicazioni, tra cui meritano di essere ricordate New York: arte e persone (varie edizioni, 1967), La fotografia (Einaudi, 1973), La scena dell’arte (Electa, 2007) e Vitalità del negativo nell’arte italiana
1960-1970 (Johan & Levi, 2010).
Celebrazioni
visuali e illustrate di un genio artistico che non ha avuto eguali
nell’evoluzione del linguaggio fotografico, nella sperimentazione e nello
studio di tutti i possibili registri di un’arte ermetica ma precisa al punto
stesso.
La sua è stata una carriera breve e da
autodidatta, ma al tempo stesso folgorante, ricca di successi e apprezzamenti:
in poco tempo, Mulas ha rivoluzionato il
concetto di resa fotografica, indagandone gli aspetti più reconditi e
immortalandoli nella loro più sublime essenzialità formale. Viaggiando per
immagini, ne ha dimostrato le
potenzialità intrinseche, svelandone la doppia natura di mezzo e idioma. La
fotografia diviene così una sorta di Giano
bifronte, dalle due facce sinergicamente ed eternamente legate a mostrare
il meglio di sé in un’equilibrata convivenza dove una implica l’esistenza
dell’altra. Una compensazione d’intenti e ispirazioni dalla doppia natura, ma
dall’unica finalità: ritrarre la vita e gli istanti che ne scandiscono lo scorrere.
Ugo Mulas ama indagare ed esplorare,
scoprire nuove realtà e lambire confini sconosciuti, svelare verità altrimenti
celate, invitare alla riflessione sull’arte contemporanea. È stato complice dell’arte per avventurarsi
– al tempo stesso – nei tecnicismi del linguaggio, senza perdere d’occhio la tendenza
a introdurre idee innovative. Gli stilisti più importanti hanno collaborato
con lui, beneficiando della sua interpretazione
intellettuale quel tanto che basta perché porti sempre con sé quel tratto di
magnifica leggerezza con il quale nobilitare gli abiti per mezzo d’immagini che
evocano molto di più di quello che ritraggono.
Affascinato
da tutto quanto risuona come sconosciuto, Mulas
si è avventurato nei meandri della fotografia di moda proprio in quegli anni in
cui rappresentava un terreno della comunicazione ancora inesplorato. A lui,
quindi, il plauso di averlo scoperto, dandogli dignità artistica e innalzandolo
a strumento per antonomasia della rappresentazione illustrata dello stile.
Le sue immagini balzano all’occhio per
chiarezza concettuale, forza espressiva e meticolosa composizione formale.
Complice e protagonista dei suoi scatti - oltre che autore -, Mulas non
lasciava nulla al caso: amava scegliere
le inquadrature, controllare le luci e strutturare le immagini. Ogni fotografia non era mai uguale alle precedenti,
ma brillava orgogliosa di luce propria: al centro l’esaltazione dell’abito,
inteso come suprema sintesi di creatività progettuale e cura artigianale. A
fare da contorno, le commistioni artistiche tanto care a Mulas e volte a
enfatizzare ancora di più il soggetto immortalato.
Immagini
che appaiono come raffigurazioni essenziali, tripudio di scenografie
inconsuete, che svelano tracce del linguaggio dell’arte contemporanea e
un’immaginazione sconfinata.
Nessun commento:
Posta un commento