venerdì 7 settembre 2012

PEOPLE_Mariano Fortuny e la moda del XX secolo




















Delphos, 1910-1930. Abito in satin di seta avorio, ispirato alle tuniche delle sculture greche realizzato con una fitta plissettatura che forma una foggia cilindrica, modellata naturalmente sul corpo. La sopravveste presenta rifiniture con perle di pasta di vetro di Murano, una sorta di marchio di origine che contraddistingueva molte delle creazioni di Fortuny.
Mariano Fortuny (Granada,1871 – Venezia, 1949) e l’arte di produrre abiti, facendo leva su un’approfondita conoscenza dei tessuti e dei motivi decorativi. Dettagli imprescindibili nella resa formale più sublime delle sue creazioni, veri e propri capolavori dell’arte applicata, che attraverso le forme e volumi prendono vita nelle loro note più emblematiche. Figlio di Mariano Fortuny y Marsal (1838-1874) – pittore di fama internazionale e collezionista di ceramiche ispano-moresche, armature di ogni epoca, abiti e tessuti di foggia orientale, tappeti preziosissimi – e di Cecilia de Madrazo (1846-1932), discendente di un’importante famiglia di pittori, architetti e critici d’arte spagnoli, Mariano Fortuny trascorre l’infanzia e l’adolescenza tra Parigi e Venezia, dove si trasferisce definitivamente nel 1889. Nei primi anni del soggiorno veneziano gli interessi artistici di Fortuny si estendono dalla pittura al teatro. Esegue i bozzetti per le scene e i costumi della tragedia Francesca da Rimini di Gabriele D’Annunzio, conosciuto nel 1894; progetta e sperimenta un nuovo sistema d’illuminazione indiretta per il teatro brevettato nel 1900; costruisce la Cupola Fortuny, brevettata nel 1904, l’apparato scenico che consente di concentrare la luce sulla scena e di controllarne e regolarne facilmente la diffusione. A Parigi, invece, il suo studio è frequentato da numerosi artisti. Nel 1906, l’inaugurazione di un teatro parigino alla cui ristrutturazione Fortuny aveva partecipato sin dalla fase progettuale, segna una svolta nel suo percorso professionale. Per la prima volta vede applicate le sue creazioni: grandi scialli in seta stampata, poi divenuti famosi con il nome di Knossos, drappeggiati direttamente sul corpo. Ornati da motivi vegetali e geometrici tratti dalle decorazioni parietali dell’arte cretese, testimoniano una rinnovata attenzione per il passato, una tendenza che andrà a imporsi sul gusto dell’epoca. A Parigi frequenta anche il laboratorio avviato e finanziato da Paul Poiret dove, con la collaborazione di alcuni chimici esperti di coloranti, perfeziona i procedimenti di stampa dei tessuti. Abbandonata la tecnica delle matrici di legno – semplice ma poco promettente dal punto di vista commerciale, e che per di più limita la libertà di espressione – s’impadronisce della ben più complessa procedura dei pochoirs giapponesi (katagami), che modifica in funzione del suo sfruttamento su scala industriale. Brevettata a Parigi nel 1910, la tecnica inventata da Fortuny – unione di un processo di stampa simile alla serigrafia con il meccanismo della banda continua – riduce sensibilmente i costi e consente la ripetizione dei pattern figurativi su tessuti di grandi dimensioni. Nel volgere di pochi anni la produzione del laboratorio veneziano di Palazzo Orfei cresce considerevolmente giungendo a impiegare, alla vigilia della Prima guerra mondiale, oltre un centinaio di lavoranti. Una precisione concettuale, quella di Fortuny, acquisita grazie alle collezioni ereditate dalla famiglia e appurata negli anni da studi sistematici: un perfezionamento infinito per merito del quale riesce a sperimentare combinazioni sempre diverse di pigmenti, ottenendo effetti cromatici nuovi e inimitabili. Deposita numerosi brevetti – sia in Italia che all’estero – relativi ai processi di tintura, ai congegni meccanici da lui messi a punto per la stampa e ai modelli di sua ideazione: piccoli cimeli che testimoniano la sua naturale vocazione a scoprire ed esaltare il lato più innovativo del suo lavoro. Un’amorevole dedizione che, in breve tempo, sposa la felice intuizione commerciale delle ampie prospettive di sviluppo che un materiale povero come il cotone avrebbe potuto avere se stessuto e tino a imitazione dei più pregiati broccati di seta.
Un genio stilistico, quello di Fortuny, celebrato anche da uno dei padri della letteratura – Marcel Proust – che così ne evocava la lungimiranza: “...dicono che un artista di Venezia, Fortuny, abbia ritrovato il segreto della loro fabbricazione e che, fra qualche anno, le dame potranno passeggiare, e soprattutto stare a casa loro, in broccati splendidi come quelli che Venezia ornava, per le sue patrizie, con i disegni dell’oriente”, All’ombra delle fanciulle in fiore (Alla ricerca del tempo perduto).
La creazione di tessuti e di abiti, che contraddistinguono lo stile di Fortuny, è espressione del clima di rinnovamento complessivo delle arti, ispirato al movimento Art Nouveau e, più in particolare, per quanto riguarda la moda, allo stile Reform inglese. Unica e imperante la chiave di lettura di un simile fenomeno: restituire alle arti minori e applicate un ruolo di primo piano nella trasformazione della società. Una “rivoluzione” culturale che investe anche il teatro e il balletto: attrici e ballerine del calibro di Isadora Duncan, Ruth St. Denis, Eleonora Duse, Sarah Bernhardt, Emma Grammatica indossano sulla scena e nella vita privata gli abiti di Fortuny, il quale utilizza la loro notorietà per far conoscere il proprio stile e imporlo sul mercato europeo. All’Esposizione delle Arti decorative di Parigi, svoltasi nel 1911, Fortuny presenta un vastissimo campionario della sua produzione tessile, che lo proietta nella scena internazionale: alla manifestazione parigina seguono, nel 1913, l’apertura di un nuovo atelier a Parigi sugli Champs Elysées e di uno a Londra in Bond Street nonché una rassegna espositiva delle sue stoffe, organizzata a New York presso la Galleria Carroll nel 1914.
Il primo conflitto mondiale segna inevitabilmente una battuta d’arresto nella crescita della produzione di tessuti di Fortuny, che deve attendere la cessazione delle ostilità per vedere definitivamente decretato il proprio successo. Nell’immediato dopoguerra, decide di trasferire l’attività nella fabbrica alla Giudecca di proprietà dell’industriale Gian Carlo Stucky, ceduta per un controvalore di 700.000 lire alla Società Anonima Fortuny, costituta nel 1923: una mossa decisiva per imprimere un nuovo impulso alla sua produzione. Qui vengono realizzati i cotoni stampati per l’arredamento che imitano perfettamente i broccati di seta. I tessuti Fortuny, oltre ad essere impiegati nella confezione di costumi e nella realizzazione degli allestimenti di numerosi spettacoli teatrali, decorano così anche case patrizie e grandi alberghi, chiese e sale d’esposizione. In ogni caso, un concetto di lusso a tuttotondo che attiene a un vero e proprio stile di vita: lo stesso che viene esposto tramite la presentazione delle stoffe in questione nell’ambito delle più importanti rassegne nazionali e internazionali, che gli valgono l’ottenimento di prestigiosi riconoscimenti, fra cui il Diplome de Grand Prix, rilasciato dalla giuria della Esposizione internazionale di Arti decorative e industriali (Parigi, 1925).
Nel 1927, la decoratrice d’interni americana Elsie McNeill, dopo aver visitato il Museo Carnevalet di Parigi e scoperto la bellezza dei tessuti Fortuny, che ne rivestono le sale, decide di partire alla volta di Venezia per conoscere Mariano e convincerlo ad affidarle i diritti esclusivi sulle vendite dei suoi prodotti negli Stati Uniti. È così che, in quello stesso anno, viene aperto a New York un punto vendita di stoffe Fortuny al 509 di Madison Avenue in collaborazione con Arthur Humprey Lee, noto rivenditore all’ingrosso di tessuti. Le prospettive di conquista del mercato d’oltreoceano, alimentate dalla rivista Vogue sin dal 1923 con un articolo ad hoc sugli abiti di Fortuny, vengono però bruscamente ridimensionate dalla grave crisi economica mondiale del 1929. Nel corso degli anni Trenta le vendite all’estero diminuiscono e nuove difficoltà sorgono con l’introduzione dei divieti all’importazione di sete, velluti e cotoni, decretati in osservanza ai dettami autarchici che gettano l’impresa in una grave crisi. La Società Anonima Fortuny cessa di esistere nel 1951, quando la fabbrica della Giudecca viene conferita alla società per azioni Tessuti Artistici Fortuny, fondata da Elsie McNeill. L’ascesa di Fortuny prosegue indisturbata dopo gli anni ’50, in un’America desiderosa di rinascere e proporsi la mondo in tutto il suo splendore. Le sue stoffe e i suoi abiti divengono parte integrante di collezioni permanenti di alcuni tra i più importanti musei, fra cui il Metropolitan Museum di New York e il County Museum di Los Angeles.

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