lunedì 30 luglio 2012

ART & CULTURE_Turbolenze all'Espace Culturel Louis Vuitton








Turbulences, ovvero “il movimento disordinato della folla”. Questa la rappresentazione configurata del termine. La stessa che fino al 16 settembre trova validazione – con tanto d’indagine ad hoc - presso l’Espace Culturel Louis Vuitton a Parigi sugli Champs-Elysées. Una rappresentazione semantica che vanta un estimatore quale Leonardo da Vinci che per primo s’interessò a questo particolare fenomeno, approcciando l’utilizzo del termine “torbolenza”. Animato dalla sua emblematica e visionaria curiosità, osservò e disegnò con un’attenzione tutta particolare e una dovizia minuziosa quell’attimo di transizione che porta da un esito stabile e indisturbato a uno vorticoso o, in altre parole, turbolento: un punto di partenza e non ritorno per la derivazione di intrecci, spirali, volute e motivi che si rigenerano senza limiti. Contrariamente agli altri stati della materia, il genio osservò che i procedimenti turbolenti sono estremamente instabili, irreversibili ma, soprattutto, imprevedibili.
Oggigiorno, moderne tecnologie e strumentazioni tradizionali, immagini virtuali e disegni tout court, supportano gli studi messi a punto dagli artisti, compensandosi ed esaltandosi nelle rispettive specificità. Studi la cui primaria finalità è l’esplorazione delle molteplici potenzialità plastiche e filosofiche della nozione stessa di turbolenza, elaborando, al contempo, diversi sistemi si notazione grafica, pittorica e scultorea con i quali “cartografare” questi movimenti sconcertanti e estemporanei della materia. In uno spazio coinvolgente e totalizzante, le installazioni video di Pascal Haudressy e Pyoichi Kurokawa mescolano sapientemente immagini, suoni e sculture; soffi e vortici producono invece turbini d’aria o d’acqua nelle opere di Atilla Csörgo, Zilvinas Kempinas, Petroc Sesti e Jorinde Voigt; pareti che sembrano liquefarsi, invece, chez Loris Cecchini, sculture in continua evoluzione - in funzione dell’alternarsi dei campi magnetici - da Sachiko Kodama; onde e flussi meccanici sono invece i protagonisti dei lavori di Elias Crespin; e poi ancora, campi colorati turbolenti, ça va sans dire, con cui Miguel Chevalier esplora attraverso i corpi e lo sguardo lo sconfinato ed eterno movimento della materia e pixel in continua evoluzione per Angela Bulloch, in una sorta d’irrefrenabile e frenetica successione d’istanti, volti al completamento ideale di un utopico stato di tranquillità, perlomeno apparente.
Questo il contenuto di Turbulences, percorso espositivo curato da David Rosenberg e Pierre Sterckx e movimentato da flussi continui, che cattura lo spettatore in un vortice e lo invita a non stazionare passivamente ma, al contrario, a muoversi tra le opere alla ricerca della sua specifica turbolenzaUndici gli artisti in mostra, di diversa nazionalità, che si addentrano nell’esplorazione della turbolenza per giocare con essa, in una resa formale dai tratti artistici, psicologici e filosofici. Vortici, accelerazioni, flussi, effervescenza: questo e molto altro trova validazione nelle opere esposte che, ben lontane dall’idea dissacrante di caos totale, si pongono a suggello dei turbini generatori di processi, strutture e forme in continua evoluzione. E così, quasi come per magia, l’ordine e il disordine si trovano combinati tra loro per dare vita a un felice sodalizio, situazione ideale per una rappresentazione dinamica dell’esistenza umana nel suo essere più profondo.

L’Espace Cuturel Louis Vuitton, inaugurato nel 2006, è un luogo d’espressione artistica e culturale aperto al pubblico. Situato sugli Champs-Elysées, al settimo piano della boutique parigina della Maison. L‘Espace indaga il tema del viaggio attraverso l’allestimento di esposizioni d’arte. Contemporaneamente, un nutrito calendario d’incontri, conversazioni e performance realizzate ad hoc, offrono l’opportunità per scambiare riflessioni e opinioni sulle opere esposte, aprendo così le porte a un pubblico eclettico, amante dell’arte, declinata nelle sue molteplici forme espressive. L’Espace diviene così un luogo magico, in cui il sapere si elabora in un’esplorazione condivisa dei linguaggi, nutrita dal pensiero di ciascuno.


Turbulences

21 giugno — 16 settembre 2012
Espace culturel Louis Vuitton 
60, rue de Bassano
101, avenue des Champs-Élysées
75008 Paris

T. +33 1 53 57 52 03
F. +33 1 53 57 52 32
Lunedì - sabato 12.00 - 19.00, domenica 11.00 - 19.00

venerdì 27 luglio 2012

LEISURE_Fabergé alla Venaria









Metti una location d’eccezione come la Reggia di Venaria e rare preziosità della tradizione gioielliera russa come quelle firmate Carl Fabergé – il gioielliere dello Zar - e il gioco è fatto! Un tripudio di luccicante esclusività illumina l’estate della tenuta sabauda. Oro, gemme, diamanti e Uova imperiali sono gli oggetti esposti nell’imprendibile mostra "Fabergé alla Venaria", che consente di ammirare i capolavori della più importante collezione del genere esistente al mondo. Nata dalla collaborazione tra il Consorzio La Venaria Reale e The Link of Times Cultural and Historical Foundation di Mosca (creata nel 2004 dal magnate russo Viktor Vekselberg, all’indomani dell’acquisto della collezione Fabergé dall’allora proprietario Malcom S. Forbes), la collezione vanta oltre 3.500 capolavori di straordinaria manifattura firmati Fabergé, ponendosi, attualmente, come la più grande raccolta al mondo di Uova preziose. A corollario, la fondazione svolge un ampio programma di recupero di oggetti d’arte che costituiscono e delineano l’identità russa, per riportarli in patria e renderli disponibili al grande pubblico in ogni parte del mondo. Sulla scia di un simile impegno prende vita questa speciale mostra che, nelle sale della Reggia, trova una collocazione ideale, quintessenza di quel fasto imperiale di fine ‘800/primi ‘900. Esposti tredici esemplari unici delle famose Uova pasquali di Fabergé: tra questi, si trovano ben nove Uova-gioiello imperiali, ormai entrate nel mito, realizzate in oro, pietre preziose e materiali pregiati, oltre alla romantica sorpresa a forma di cuore dell’Uovo del 1897. In mostra anche 350 preziosissimi capolavori prodotti dalla fabbrica orafa di San Pietroburgo e oggi appartenenti alla collezione della Link of Times Foundation: opere che con la loro bellezza svelano i segreti dei maestri orafi della Maison Fabergé nella lavorazione di metalli e pietre preziose, oro, argento, cristallo di rocca, diamanti e perle, ma soprattutto di smalti trattati con particolari procedimenti, tali da conferire sfumature di colori meravigliosi e cangianti. Un percorso espositivo che, partendo dai fasti imperiali, illustra il vasto repertorio di oggetti decorativi e accessori di rappresentanza prodotti dalla bottega orafa: dalle cornici per le sacre icone agli orologi, dai set da scrivania alle scatole per sigarette, alle fibbie, borsette e gioielli per signora. Al contempo, un percorso che rievoca i rapporti tra la corte dei Romanov e quella dei Savoia, dalla visita del figlio e della nuora di Caterina la Grande, i cosiddetti “Conti del Nord” che nell’aprile del 1782 frequentarono proprio la Reggia di Venaria durante il loro famoso Gran Tour, fino al soggiorno dell’ultimo Zar Nicola II in Piemonte nell’aprile del 1910 quando venne ricevuto al Castello di Racconigi dalla corte e dai rappresentati del Governo italiano. Complici immagini fotografiche dell’epoca e particolari set scenografici, viene presentata la storia della grande Russia, declinata in personaggi, cultura, tradizioni.
Nel magico scenario della Reggia, la mostra si articola in tre sezioni che si snodano delle dieci Sale delle Arti. La prima, Lo splendore della corte dei Romanov, è incentrata sulla spettacolare incoronazione di Nicola II del 1896 alla quale partecipò anche Vittorio Emanuele III di Savoia, all’epoca principe ereditario. Seguono oggetti preziosi, come scatole ornate di perle e pietre preziose, tabacchiere con i ritratti della famiglia imperiale e con il monogramma dei Romanov. A corollario, fotografie storiche in grande formato di Nicola II, della moglie Alessandra e dei loro figli. La seconda sezione, La Fabbrica di Fabergé, mostra alcune delle tipologie più significative della produzione artistica e artigianale realizzate da Carl Fabergé nella sua grande bottega. Aperta nel 1842 a San Pietroburgo, l’azienda s’ingrandì fino a contare quattro sedi in Russia, una a Londra e oltre 500 dipendenti, in modo da rispondere alle raffinate e altolocate committenze di tutta Europa. Con la Rivoluzione d’Ottobre, la famiglia Fabergé lasciò la Russia e Carl, ultimo dirigente della fabbrica di famiglia, morì nel 1920. Oggi, l’originaria Maison Fabergé di San Pietroburgo, dopo alterne vicissitudini e passaggi di proprietà, ha ripreso la produzione delle Uova sui disegni trovati negli archivi di Stato. Tra i preziosi manufatti, trovano valorizzazione nella mostra anche alcune icone sacre, create per la devozione privata e la cui decorazione in oro, argento, e smalti incastonati, ha raggiunto vette di puro virtuosismo artistico.
Dulcis in fundo, la terza sezione, Le Uova imperiali, incentrata sull’esposizione delle tredici Uova pasquali di Fabergé, delle quali ben nove commissionate dagli Zar e cinque da committenti privati, quali la duchessa di Marlborought, l’americana Consuelo Vanderbilt e la famiglia d’industriali russi Kelch. Sulle note di un magnificente quanto brillante splendore, ecco svettare, tra gli altri, il prezioso primo Uovo donato alla nuova Zarina Alexandra, il Bocciolo di rosa del 1895, e poi quelli del 1911, il romantico Uovo con l’Albero di lauro che racchiude un usignolo, e il celebrativo dei 15 anni di regno dello Zar, dove sono riprodotti i ritratti della famiglia imperiale e i principali episodi della loro vita. A questi capolavori dall’eccellente manifattura, si aggiunge la sorpresa di un Uovo imperiale oggi disperso: uno splendido cuore rosso, smaltato e ornato di diamanti, al cui interno si cela un trifoglio verde, decorato dalle miniature imperiali. Esposti, inoltre, il primo Uovo imperiale realizzato, l’Uovo con Gallina del 1885, ma anche il penultimo, l’Uovo con la Croce di San Giorgio del 1916. A chiusura della mostra, quasi a suggellare un percorso in bilico tra bellezza figurata e senso storico tout court, la curiosa storia delle 54 Uova imperiali: dalla Rivoluzione del 1917 alla musealizzazione di parte di esse a Mosca, fino al collezionismo mondiale di oggi e alla diffusione del loro mito nella tradizione letteraria e cinematografica.
Un regno incantato da rivivere ora nei magici spazi della Reggia, ammirando preziosi capolavori. Per sentirci per qualche istante re e regine, sospesi in un mondo d’incanto, dall’allure fiabesco e storico al tempo stesso: per un sogno dal retrogusto di realtà, tripudio di creativa eccellenza ed esclusiva apparenza formale.

La tradizione delle Uova imperiali affonda le sue radici nella storia della Russia imperiale. Ogni anno, infatti, nel giorno di Pasqua, seguendo la tradizione ortodossa, lo Zar regalava alla Zarina e all’Imperatrice madre un “Uovo” unico e prezioso. Meraviglie scultoree, tripudio di abilità manuale e sofisticato estro creativo, che contenevano al loro interno sorprese lussuose, simboliche e celebrative di avvenimenti legati alla storia del regno e della famiglia imperiale. A realizzarli con i materiali più preziosi lui, il Maestro, il grande gioielliere russo, Carl Fabergé, detto “il Cellini del Nord”, creatore di uno dei miti di ricchezza e sfarzo della Russia imperiale. E proprio lui medesimo, ogni anno, con puntualità e dedizione, presentava a corte il prezioso Uovo, quintessenza di creatività e maestria. Una tradizione che prese avvio nel 1885, quando Alessandro III regalò l’uovo con Gallina all’imperatrice Maria Feodorovna e accolta con favore da Nicola II che, dal 1894 al 1917, commissionò tutti gli anni due Uova, uno per la moglie, la Zarina Alessandra Feodorovna, e l’altro per l’Imperatrice madre. Senza ombra di dubbio, l’Uovo più spettacolare venne realizzato nel 1896, anno della solenne Incoronazione di Nicola II come “Zar di tutte le Russie”. Per l’occasione, la sorpresa dell’Uovo, realizzato in smalto giallo e decorato con aquile bicefale, fu il modello della carrozza dei sovrani (in oro, platino, smalto rosso, diamanti, rubini e cristallo di rocca) sovrastata dalla corona imperiale. Alle feste ricchissime organizzate per l’evento, ultime esibizioni pubbliche dell’antico sfarzo dei Romanov, partecipò anche un giovane Vittorio Emanuele III di Savoia, all’epoca principe ereditario di casa Savoia, che lasciò una testimonianza tutta da ricordare: «Tutte le feste erano immense, grandiose ogni oltre dire. La cosa più interessante per me è stato il banchetto solenne dopo l’Incoronazione, al quale gli Imperatori sedevano sui troni e tenevano la corona in testa; le vivande giungevano scortate da Ufficiali colle spade sguainate ed i Sovrani erano serviti dai Grandi dell’Impero: ogni volta che lo Zar beveva gli araldi alzavano le mazze e le trombe suonavano dei mezzi squilli, mentre le artiglierie tuonavano a spessissimi colpi; insomma un vero regno delle fate».

Fabergé alla Venaria
Dal 27 luglio al 9 novembre 2012
La Venaria Reale

giovedì 26 luglio 2012

STYLE_Il mondo a pois di Yayoi Kusama e Louis Vuitton















Oltre a quello col viaggio, Louis Vuitton vanta il prezioso e irrinunciabile rapporto con l’arte, un universo di significati, valori ed espressioni che contraddistinguono il carattere della Maison. Come dimenticare, infatti, le collaborazioni con esponenti contemporanei del calibro di Stephen Sprouse, Takashi Murakami o Richard Prince?
Una tendenza messa a punto dal direttore creativo Marc Jacobs e perpetuata con costanza e dedizione per indagare le infinite forme di contaminazione tra due mondi – l’arte e la moda- così apparentemente distanti ma, in realtà, più vicini di quanto si possa immaginare. L’una prende vita nell’altra, in un continuo rimando d’ispirazioni figurative che evocano precise istanza semantiche.
Forte di questa amorevole liaison, la Maison francese ha recentemente presentato la collezione “Louis Vuitton – Yayoi Kusama”. Un lancio mondiale coinciso con il vernissage della mostra Kusama al Whitney Museum di New York – visitabile sino al 30 settembre 2012 - e di cui Vuitton è partner; un omaggio all’artista giapponese Yayoi Kusama, per la quale Marc Jacobs nutre una grande ammirazione, e all’amore della Maison per l’arte. Frutto di una collaborazione tra Yayoi Kusama e Marc Jacobs, la collezione interpreta i lavori più emblematici della produzione decennale dell’artista, mettendone in luce i tratti caratteristici. Dai pois (polka dots) ai “nervi” biomorfici (nerves), dalla rete infinita (infinity nets) ai fiori (flowers) e alle zucche (pumkin), è tutto un esplicito e immediato rimando all’heritage artistica e personale di Kusama, reinterpretata in abiti, accessori, scarpe, borse e bijoux prêt-à-porter, divenuti la base su cui l’artista ha dipinto le sue particolari cifre stilistiche. Et voilà! come d’incanto, dispiegarsi un mondo a pois, tratto per antonomasia dello stile Kusama: pois trattati con colori intesi e negli abbinamenti più accessi, come bianco e rosso, giallo e nero, bianco e nero, bianco e blu, in un netto e deciso contrasto cromatico, volto a enfatizzare proporzioni, forme e volumi; pois che ricoprono abiti e accessori in maniera illimitata, giocando con i dettagli e lo spirito intrinseco di borse e co., sulle note di un moto perpetuo, in bilico tra equilibrio e fantasia, fatalità e illusione. Un dinamismo arzigogolato, dominato in apparenza da una certa stabilità, che conduce per mano all’incantato mondo di Kusama, fatto di colore e immaginazione. Un universo cinetico, in bilico tra il pop e il surreale, inquietante come può essere qualsiasi esplorazione che si addentri nei meandri dell’inconscio, m al tempo stesso energico e accattivante, intenso e attuale.
Una sorta di viaggio illusionistico che proietta lo spettatore dal suo luogo fisico a una dimensione impalpabile ma affascinante; complice l’allestimento ad hoc realizzato nelle vetrine delle boutique Louis Vuitton di tutto il mondo, è una pacifica proliferazione di inconfondibili segni ad accompagnare l’immaginario umano in questo meraviglioso viaggio: sculture per le vetrine dalla forma di “nervi” biomorfici, macro fiori e pois rossi su sfondo bianco, emblemi dello stile Kusama e delle creazioni realizzate per la collezione dedicata.  E se per Kusama questa collaborazione rappresenta il modo con cui veicolare  al mondo il suo messaggio “Love Forever” e rientrare a pieno diritto nel mondo della moda (già esplorato tra il 1967 e il 1969, realizzando sfilate, progettando abiti e aprendo una boutique), per Louis Vuitton diviene un’occasione per sviluppare una serie di azioni strategiche – come è tradizione della Maison -, volte a promuovere e ribadire il suo legame con l’arte. Diverse le tappe in cui il brand  s’impegna attivamente, a partire dalla retrospettiva a New York, organizzata dalla Tate Modern di Londra, in collaborazione con il Museo National Centro de Arte Reina Sofia di Madrid, Centre Pompidou di Parigi e il Whitney Museum of American Art di New York. In mostra, i 60 anni di produzione artistica e creativa di Kusama, con grande enfasi sui momenti di più intensa innovazione e i molteplici talenti dell’artista che, complice il riconoscimento e l’approvazione riscontrati da parte del pubblico, ha sperimentato un’incredibile gamma di esperienze e forme d’arte: dalla pittura al disegno, dalla scultura ai film, dalle performance alle installazioni immersive. La mostra si snoda cronologicamente, in una sequenza di stanze, ciascuna dedicata ad una diversa fase artistica: dalle tele ricoperte da infiniti motivi a pois ad ambienti travolgenti, la retrospettiva riflette la visione unica del mondo che Kusama ha da sempre manifestato. Retrospettiva, ma non solo. A conferma del suo impegno nel mondo dell’arte e in virtù dell’inaugurazione del progetto Young Arts Project a Londra, Louis Vuitton si è attivato in prima linea rendendo itinerante l’esposizione di Kusama: New York, infatti, rappresenta l’ultima tappa di un percorso che ha già toccato grandi capitali europee come Londra, Parigi e Madrid. A corollario, numerose opere d’arte sono state esposte all’interno di uno spazio dedicato nello store Louis Vuitton di New Bond Street. Last but not least, a dimostrazione della totale dedizione e dell’amore del brand per l’arte, la Maison ha messo a punto una divertente applicazione in grado di trasformare le immagini dell’artista in opere d’arte uniche e ispirate al suo inconfondibile stile. Un viaggio di stile visionario e artistico, cromatico e cinetico. Alla scoperta del fascinoso mondo di Yayoi Kusama, declinato sulle note di Louis Vuitton.