Dici
Milano
e pensi al Duomo, al Castello Sforzesco, al Cenacolo Vinciano, alla Basilica di
Sant’Ambrogio, al fascinoso quartiere di Brera con la sua Accademia.
Inevitabilmente però, il pensiero corre anche allo shopping e al famoso “Quadrilatero”,
mecca degli acquisti di lusso, crocevia
delle più prestigiose firme internazionali, andirivieni di mode e stili:
una tappa obbligata per chiunque decida di farsi un “bagno” di tendenze,
comprando capi must piuttosto che le
ultime novità viste in passerella o sulle riviste patinate. Una zona
universalmente nota, che si dirama in celeberrime vie quali Spiga, Gesù,
Borgospesso, Sant’Andrea, Santo Spirito. Al centro, a fare da spina dorsale,
lei: Via
Montenapoleone. Una strada che nel suo percorso – come raccontano Guido Lopez e Silvestro Severgnini nel volume Milano
in mano (Mursia) – “percorre il
fosso, tuttora esistente nel sottosuolo, che circondava le mura romane e di
queste rimane traccia qua e là nelle cantine del lato dispari”. Nel tempo,
quello che amabilmente era definito il “salotto
di Milano” si è trasformato nel vortice
della moda, assumendo spesso le caratteristiche di una passerella a cielo
aperto, dove fare sfoggio di scarpe, borse, tailleur, cachemire, completi da
uomo, gioielli, orologi. A contestualizzare il tutto, qualche automobile – di
lusso, ça va sans dire – disseminata
qua e là. Via Montenapoleone è stata
protagonista di un significativo mutamento, concomitante con lo sviluppo del
made in Italy e, in particolare a Milano, del prêt-à-porter: due fenomeni che hanno eletto a proprio proscenio la
strada in questione e le arterie limitrofe, per tutta una serie di considerazioni d’immagine e d’esclusività
che è inutile citare o illustrare ora…basta infatti farsi un giro per il
Quadrilatero per capire immediatamente le motivazioni che hanno spinto a
scegliere questa zona. E per un’evoluzione che avviene, necessariamente se ne
verifica un’altra: se Montenapoleone
diviene il fulcro della vita modaiola, la Galleria Vittorio Emanuele, fino agli
anni ’70 asse centrale del passeggio, perde la sua naturale vocazione di
ritrovo cittadino. Modifiche nei
comportamenti urbani da cui ne sono scaturite altrettante nelle abitudini dei
cittadini e in generale di Milano, con tanto di note malinconiche da parte
di molti bon vivants nonché
memorialisti dell’epoca come lo scrittore Raffaele
Calzini, che nel 1950 scriveva: “Era
ancora, attorno al 1920, una pacifica e signorile via che raccoglieva come un
maggior fiume gli affluenti solitari e aristocratici di via Borgospesso, di via
Santo Spirito, di via Gesù, di via Sant’Andrea. Per un fenomeno urbanistico
imponderabile, dapprima timidamente, poi con maggior coraggio, infine con
spavalderia e tra poco con sfacciataggine, Montenapoleone si mise in gara con
altre eleganti vie italiane: con la fiorentina via Tornabuoni, la romana via
Condotti, la palermitana Quattro Cinti, la napoletana via Chiaia”. Parole
che suonano quanto mai attuali, da un
lato nel mostrare il modo in cui il prestigio della via sia divenuto sempre più
ostentato, dall’altro come sia entrata di diritto nel firmamento della mappa
dello shopping internazionale, rubando la scena oltre alle appena citate vie
italiane anche alle internazionali Bond Street (New e Old), Sloane Street,
Avenue Montaigne, Faubourg Saint-Honoré, la 5th Avenue. Un tracciato
immaginifico e magnifico del consumismo dal retrogusto modaiolo.
Ma tornando alla nostra Milano, celeberrime sono state le tappe del mutamento di Montenapoleone documentate
anche giornalisticamente: negli anni ’70 e ’80, la drogheria Parini – una sorta di Fauchon milanese nel campo delle
spezie e delle salse, ha lasciato il posto a Valentino e il fruttivendolo
Moretti con le sue primizie a prezzi da carato alle calze Fogal. Versace ha poi spodestato Ricordi,
mentre il Salumaio – un’istituzione gastronomica di
Montenapoleone – ha traslocato all’interno di un cortile per far posto
all’insegna di Corneliani. Una
metamorfosi per così dire però preannunciata. A ben vedere, infatti, già negli
anni ’20, Bottega di Poesia, una libreria-galleria d’arte fondata da
Enrico Somaré, Emanuele Castelbarco e Walter Toscanini, era stata costretta a
chiudere alla volta dell’insediamento di Marco, un negozio di stoffe. Un
segno del destino? Sicuramente la naturale inclinazione di Montenapoleone nel
ritagliarsi un ruolo da protagonista
nello scenario della moda e, ancor più, delle abitudini di consumo
internazionali. Un mutamento seguito per linee interne, che ha affinato il
prestigio e l’esclusività della Via, traino dell’intera zona attigua, proiettandola
nella piena notorietà mondiale. Con l’assunzione di tutto il carico valoriale
annesso e buona pace delle altrettanto eleganti strade milanesi. Un destino
segnato ma sicuramente un’attitudine specifica di Montenapoleone nel divenire asse strategico dell’universo di stile,
tanto da dar vita nel tempo a un’Associazione destinata – l’Associazione della Via Montenapoleone – che ne tutela l’immagine,
coordinando le azioni dei singoli attori
coinvolti e promuovendo interventi sinergici e mirati, volti ad avvalorarne lo
spirito prestigioso.
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