giovedì 10 maggio 2012

ABOUT_Appunti di stile e di vita firmati Gianfranco Ferré



Con la sua moda ha rivoluzionato i canoni dell’eleganza e dello stile, introducendo il culto delle forme; con il suo impegno ha contribuito a dar vita al fenomeno del prêt-à-porter italiano - in un poker d’assi Versace-Valentino-Armani, promuovendo all’estero l’immagine di una Milano operosa e creativa, quintessenza di stile, eleganza e sartorialità; col suo approccio multiculturale e multietnico ha guardato con approvazione alle contaminazioni tra i linguaggi espressivi, anticipando con fare avveniristico quanto sarebbe accaduto decenni dopo. Lui, Gianfranco Ferré, l’architetto-stilista ad aver portato le concezioni architettoniche in passerella, ideatore e fondatore di un marchio che ha fatto la storia del “made in Italy”.
Da oggi un appuntamento settimanale in cui riproporre alcune sue riflessioni di vita e di stile…forse meglio e più semplicemente definibili “appunti”. Perché di appunti in effetti si tratta: ripresi dalla sua vivavoce e giunti a noi grazie a manoscritti, testimonianze e pubblicazioni, svelano le sfumature alle volte più intime di un grandissimo della moda italiana, dall’aspetto magari burbero ma dall’animo gentile, devoto alla creazione stilistica così come alla valorizzazione del talento giovanile, chiave di volta per guardare e approcciarsi con successo al futuro.
Principi cardine, ripresi dalla Fondazione Ferré, presieduta dalla cugina dello stilista, Rita Airaghi: tutela dell’heritage targata Ferré attraverso archivi dedicati - messi a disposizione di quanti interessati – e la promozione dei giovani emergenti.
Pronti quindi a iniziare il nostro viaggio nei meandri del “Ferré pensiero”? Visionaria immaginazione alla mano, si parte!


 Accessorio
Elemento fondamentale a complemento dell’abito e a decoro del corpo: secondo questa ottica l’accessorio è da sempre oggetto privilegiato della mia attenzione creativa e di una passione speciale che negli anni è cresciuta e maturata. Necessaria e inscindibile è per me la relazione che lega l’abito all’accessorio. Nascono da una comune ispirazione, vivono in sintonia sin dal primo momento in cui nella mia mente prende corpo una collezione, rimandano alle stesse suggestioni, anche se elaborate in forme e materie differenti. E soprattutto, traducono la stessa idea di qualità e di unicità. Di bellezza e di eleganza. Abito e accessorio: l’uno è lo specchio dell’altro, l’uno aiuta a comprendere l’altro. Meglio ancora, il secondo è uno strumento per l’interpretazione del primo, per una lettura soggettiva del capo. Consente a chiunque di ritrovarsi senza difficoltà in uno stile, sfumandolo ed adattandolo a sé”.

Camicia bianca
E’ fin troppo facile raccontare la mia camicia bianca. E’ fin troppo facile dichiarare un amore che si snoda come un filo rosso lungo tutto il mio percorso creativo. Un segno - forse “il” segno - del mio stile, che dichiara una costante ricerca di novità ed un non meno costante amore per la tradizione.
Tradizione e novità sono infatti gli elementi da cui prende il via la storia della camicia bianca Ferré. La tradizione, il dato di partenza, è quella della camicia maschile, presenza codificata e immancabile nel guardaroba, che ha fornito uno stimolo incredibile al mio desiderio di inventare, alla mia propensione a rileggere i canoni dell’eleganza e dello stile, giocando tra progetto e fantasia. Letta con glamour e poesia, con libertà e slancio, la compassata e quasi immutabile camicia bianca si è rivelata dotata di mille identità, capace di infinite modulazioni. Sino a divenire, credo, un must della femminilità di oggi…
Questo processo di elaborazione rivela sempre un intervento ragionato sulle forme. Mai uguale a se stessa eppure inconfondibile nella sua identità, la blusa candida sa essere leggera e fluttuante, impeccabile e severa quando conserva il taglio maschile, sontuosa ed avvolgente come una nuvola, aderente e strizzata come un body. E’ enfatizzata in alcune sue parti, il collo ed i polsi innanzitutto, oppure ridotta ed intenzionalmente privata di alcune sue parti: la schiena, le spalle, le maniche. Si impreziosisce di pizzi e ricami, è resa sexy dalle trasparenze, oppure incredibilmente ricca ed importante da ruches e volants. Si gonfia e lievita con il movimento, quasi in assenza di gravità. Svetta come una corolla incorniciando il viso. Scolpisce il corpo per trasformarsi in una seconda pelle. E’ la versatile interprete delle più svariate valenze materiche: dell’organza impalpabile, del taffettà croccante, del raso lucente, della duchesse, del popeline, della georgette, dello chiffon… 
Non credo di sbagliare affermando che la blusa bianca esercita un appeal speciale ed è vissuta come un’espressione di femminilità naturale e raffinata. Soprattutto, ritengo che la blusa candida, così come l’ho interpretata e proposta alle donne, sia emblematica di un modo assolutamente attuale di intendere la moda ed il vestire, proprio per la sua versatilità. Si adatta al pantalone grigio da giorno, alla gonna nera e diritta, al jeans, al pullover, al blouson di pelle. Può essere protagonista assoluta di un look oppure complemento discreto, magari sotto la giacca del tailleur. E’ un capo da giorno e da sera.
E’ “il” pezzo quasi per antonomasia di un guardaroba vissuto in libertà, composto da elementi che si possono accostare tra loro in infinite varianti sulla base di scelte e desideri del tutto personali. Nel lessico contemporaneo dell’eleganza, mi piace pensare che la mia camicia bianca sia un termine di uso universale. Che però ognuno pronuncia come vuole…

Christian Dior
Il mio primissimo impegno da Dior è stato quello di coglierne lo spirito, per comprendere in che misura poteva appartenermi, in che orizzonti potevo muovermi.
In questo mi ha aiutato la mia determinazione, ma anche la serie di affinità profonde con Monsieur Dior nel concepire l’eleganza: per esempio nella percezione della silhouette femminile, svelta e scattante anche quando si trova ad animare volumi enfatici, nell’amore speciale per i materiali nobili e di grande prestanza, nella cura sacrale riservata al taglio e a tutti i processi di costruzione dell’abito, nell’accento posto sempre e comunque sulla raffinatezza e sul lusso. Una singolare e felice comunanza di vedute, e direi anche di passioni, che ha reso la mia avventura decisamente straordinaria, la mia sfida infinitamente avvincente. 
Così, da Dior, per otto anni, ho “respirato” quotidianamente la lezione dell’atelier: cura assoluta per l’abito in tutti suoi dettagli, somma di abilità diverse e tutte eccezionali, discrezione massima, servizio personalizzato alla clientela. Dal disegno alla realizzazione “fisica”, i modelli di Haute Couture, di fatto, non lasciano mai l’atelier. 
Ogni abito è un’entità a sé, con una sua storia. Non solo, persino ogni dettaglio, ogni finitura, ogni cucitura costituiscono qualcosa di unico perché vengono effettuati “ad hoc” per ogni singola cliente sulla base delle sue richieste e della sua figura. 
Questo stato di cose pone il creatore nella condizione di confrontarsi “step by step” con l’abilità e l’esperienza dei suoi collaboratori in atelier. Ed è qui che, a parere mio, si coglie la vera magia della couture: nella somma di tante abilità e nell’altissima qualificazione di tanti artigiani a cui il couturier deve dare un’impronta, una guida, una compiutezza, un po’ come il direttore d’orchestra sul podio…

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