giovedì 3 maggio 2012

ABOUT_La stampa periodica femminile






Nel corso degli anni Sessanta la capacità di attrazione delle sfilate fiorentine s’indebolisce progressivamente. Di contro, proprio in quel periodo, le case di moda romane - che si servono anche del cinema come efficacissimo strumento di comunicazione delle proprie creazioni - contribuiscono a fare di Roma la capitale dell’Alta Moda, tanto da renderla nel 1967 centro nevralgico di tutte le sfilate. A seguito di una simile metamorfosi strutturale, Firenze si specializza nella presentazione delle collezioni da boutique e maglieria, fino ad ospitare dal 1972 Pitti Uomo, la rassegna di abbigliamento e accessori maschili giunta a noi con qualche recente aggiornamento che vuole le linee kids e qualche accenno di woman wear.
All’inizio degli anni Settanta alcuni stilisti – Walter Albini, Missoni, Krizia, Ken Scott – lasciano le passerelle della Sala Bianca per sfilare a Milano, provocando nella storia della moda italiana un cambiamento paragonabile a quello che nel 1951 ha fatto vacillare la leadership parigina. In men che non si dica, Milano diviene la capitale internazionale per antonomasia del prêt-à-porter, vantando un calendario d’appuntamenti strutturato. Nel 1979 tre sono gli eventi complementari: Milano Collezioni – vetrina di presentazione per le griffe più prestigiose del settore, Milanovendemoda – di vocazione squisitamente commerciale – e Modit – caratterizzata per l’enfasi posta sul rapporto tra stilismo e industria. Una moda che sceglie lo strumento della fiera – in particolare la Fiera Campionaria – per presentarsi e aprirsi al pubblico di addetti ai lavori, creando una filiera di professionalità e un indotto del tutto nuovo per un Paese come l’Italia.
Questo il quadro d’insieme che caratterizza la seconda metà del ‘900 modaiolo italiano, seguito sempre e comunque dalla stampa, che con meticolosa precisione ne ha documentato ogni fase evolutiva, parola dopo parola, fatto dopo fatto. Defilato dai riflettori e dalle atmosfere più patinate - senza avere l’enfasi gridata dello stilismo in sé - ha però avuto un ruolo strategico e fondamentale nello sviluppo del costume italiano. “Se questo giornale parlasse unicamente di mode, anziché di letteratura, di morale, di patria, e fosse scritto in francese, non ci sarebbe toccato il dolore di pubblicare il presente avviso” (cit. in R. Carrarini, La stampa di moda dall’Unità ad oggi). Con questo laconico messaggio si annunciava la cessazione della pubblicazione della rivista genovese «La donna» che, privilegiando il taglio politico e culturale rispetto a quello di costume, si era condannata ad avere breve vita. A dimostrazione quindi dell’importanza e della considerazione della stampa di moda, che nei decenni successivi all’Unità diviene un vero e proprio fenomeno editoriale di successo. Si stima che tra il 1861 e il 1920 siano nate in Italia 116 riviste di moda, di cui 75 solo a Milano. La loro proliferazione va messa n relazione all’ampliamento del mercato, stimolato dall’affermazione dei grandi magazzini e dagli strumenti che spingono per una “democratizzazione” della moda: il figurino e il cartamodello. Realizzati da pittori e incisori che riproducono fedelmente i modelli delle case di moda parigine, i figurini mettono in evidenza con grande cura i dettagli dell’abito indossato da figure femminili collocate all’interno di ambientazioni borghesi. Questi rafforzano il messaggio degli articoli pubblicati dalla rivista a cui sono allegati, rivolte alle lettrici con lo scopo di educarle all’idea che l’eleganza – alla portata di tutte – non è da confondersi con il lusso e la ricchezza. Complementare al figurino, il cartamodello – un foglio di carta leggera su cui sono riprodotti i contorni e le linee principali della foggia dell’abito – è invece il supporto che guida la lettrice nell’esecuzione dell’abito.
Durante il ventennio fascista, l’introduzione del sistema della stampa a rotocalco e l’affermazione di due grandi case editrici specializzate nella pubblicazione di periodici illustrati a grande tiratura – Rizzoli e Mondadori – portano alla concentrazione a Milano dell’editoria di consumo che, nel 1938, si arricchisce di due nuove testateAnnabella e Graziacomplementari a quelle specializzate nella diffusione dell’Alta Moda, tra cui Aracne, Lidel e alle riviste dell’Editoriale Domus. Complessivamente, tra il 1920 e il 1945 nascono a Milano 52 nuove testate.
Ma è nella seconda metà del ‘900, sulla scia dello sviluppo della moda italiana, che le pubblicazioni periodiche femminili italiane si arricchiscono in contenuti e materiali: qualità della fotografia, degli argomenti trattati dalle rubriche, del linguaggio, dell’impostazione grafica. Diversi nella forma ma identici nello spirito, perché proprio come nell’800 i periodici femminili contribuiscono a costruire l’immagine della donna, sia fisica che comportamentale

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