Lo
scorso mercoledì 11 aprile, avvolta in un abito in seta color glicine,
raffinata, elegante e divina come nessuna, Valentina Cortese ha presentato negli spazi del
suo tanto caro e adorato Piccolo Teatro di Milano l’autobiografia “Quanti
sono i domani passati”, edita Mondadori.
Un
appuntamento emozionante per molti aspetti: per la presenza scenica
dell’attrice, mito del teatro e del cinema in tutto il mondo; per lo scenario
scelto per la presentazione, luogo in cui l’artista ha vissuto intensi momenti
della sua vita personale e professionale; per l’eccezionalità degli aneddoti
raccontati, che hanno visto protagonisti grandissimi personaggi della storia
del cinema e del bien vivre d’alta
società di un tempo, presentati però nella loro essenziale normalità, complice
la semplicità e la spontaneità narrative di Valentina.
Un’artista che ha perseguito gli ideali di
grazia e bellezza e ai quali - a detta della medesima - intende rimanere fedele, soprattutto in
un’epoca come quella attuale, troppo affezionata alla volgarità e alla
bruttezza.
“Sono un’attrice vecchio stile, con la voce
flautata. Nella vita, lo so, cerco di fare il clown, cerco di tenermi questa
etichetta che mi hanno messo addosso della diva un po’ evanescente e che, in
fondo, mi protegge e mi fa comodo”. Ma
tolti gli abiti di scena, Valentina è soprattutto una donna, con una grande
umanità che la rende vicina più di qualsiasi altra persona. Gli aspetti
divini rimangono nelle meravigliose creazioni sartoriali firmate Capucci
piuttosto che Galante – tripudi di shantung di seta volti a riprodurre gigli
primaverili o eleganti drappi e sovrapposizioni, quintessenza di uno stile che
è andato sparendo nel tempo; nel turbante sapientemente portato; nei modi di
presentarsi; ma parlando della vita,
dalle sue parole trapela un’inaspettata e gradita semplicità. “Io amo la vita anche se la vita
spietatamente ci scaraventa là, così, subito, brutalmente nel caos”. E proprio la sua vita, raccontata nel
libro, sembra una favola hollywoodiana, che inizia allo scoccare del nuovo
anno in una Milano d’altri tempi, per passare alle rive dell’Adda imbiancato,
fino a Torino, Roma, Cinecittà, Hollywood e poi al palcoscenico del Piccolo
Teatro. Una vita costellata di successi
e di grandi amori con uomini altrettanto grandi: Victor De Sabata, Giorgio
Strehler; d’incontri e amicizie straordinarie: da Fellini a Marilyn Monroe, da
Truffaut a Alda Merini.
Infiniti gli aneddoti – sensibili o pepati
che siano - che Valentina racconta ogni volta con emozione: dal teatrino
costruito da papà Giuseppe al
sorriso di Paolo Grassi quando era
già in clinica a Londra malato di cuore, dal sorriso di Marcello Mastroianni quando gli aveva avvolto una sciarpa in
cachemire gialla al collo mentre andava verso il Teatro Manzoni (una delle sue
ultime rappresentazioni) alla mano di Victor
(de Sabata) che conduce il Tristano e
Isotta, passando per l’abbraccio di Giorgio
(Strehler), i passi traballanti del figlio
Jackie quando a nove mesi cammina da solo sulla Queen Elizabeth di ritorno da Hollywood, il whisky gettato con
violenza in faccia a Darryl Zanuck,
fino ad arrivare a ogni primo passo compiuto per entrare in scena.
Una
donna, un’attrice, un mito che nella grandiosità della sua vita ha saputo
preservare nell’anima un approccio fanciullesco con il quale ancora oggi vive,
vede e interpreta il mondo: “Il mio
passato vive nel mio presente. Porto dentro di me tutta la pienezza della mia
vita affettiva, dei ruoli che ho interpretato, dei luoghi che ho conosciuto,
delle case che ho abitato con la stessa vivida memoria con la quale conservo in
me la mia infanzia”.
Quanti sono i domani
passati, di Valentina Cortese,
Mondadori, 18 €
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