giovedì 2 febbraio 2012

STYLE_Il foulard: intorno al collo ma non solo












Dicasi foulard una stoffa in seta, seta e cotone, o lana, estremamente lieve, tagliata in quadrato con base più o meno ampia. Etimologicamente parlano rivela la sua origine d’Oltralpe, vantando un predecessore provenzale – foulat – e uno francese – foulé. Decretata e accertata l’appartenenza in quella terra quale è la Francia, dispensatrice di alcuni dei nomi e dei capi che hanno siglato la storia della moda sul côté chic del beau style, il foulard rappresenta un accessorio indispensabile e comunque mai assente nell’abbigliamento: da un nonnulla in chiffon accennato timidamente nel taschino a grande e in seta da collo, ampio, colorato, ricco di giochi di trame o di immagini a stampa, da annodare alla borsa o da stringere intorno alle spalle. È una voce importante delle griffe più prestigiose: celebri sono quelli di Hermès (che del foulard ne ha fatto una questione vitale, una vera e propria filosofia, una corrente di pensiero, un modo di vivere), Dior, Yves Saint Laurent, Chanel e Givenchy; nonché gli antesignani del Belpaese quali Gucci, Ferragamo, Roberta di Camerino, apripista a quel gran seguito di stilisti del cosiddetto pronto moda di alta gamma, da Mila Schön ad Armani a Ferré. Nelle rivisitazioni più moderne è addirittura diventato cinturino da orologio chez Missoni e gambale di uno stivale, regolabile a proprio piacimento lungo il polpaccio, per Russyvalenki. Ma slanci fantasiosi a parte, c’è da dire che se agli italiani va la paternità dei tessuti – tutti made in Como, ça va sans dire – ai francesi spetta invece quella di considerarlo l’accessorio per antonomasia nel guardaroba di ogni madame che si rispetti. A loro il plauso di saperlo portare come nessun altro, nei modi più diversi e ad assolvere le funzioni più impensabili: lo indossano come cintura, per tenere indietro i capelli, lo legano ai passanti dietro il trench, lo portano al collo in almeno 88 modi diversi, ecc. Verrebbe da dire un utilizzo radicato al punto di divenire cultura e modo di vivere. Vuoi forse perché proprio francese è la maison produttrice par excellence di foulard e non solo, in grado di venderne uno ogni venticinque secondi: Hermès. Un amore, quello di Hermès per il foulard, consacrato addirittura in un manuale pubblicato nel 1988 da Jean-Louis Dumas dal titolo Come portare il foulard, volto, come si può ben intendere, ad erudire in materia. Recentemente anche on line la maison ha pubblicato una brochure scaricabile che fornisce spunti interessanti sulle possibili e fantasiose reinterpretazioni del foulard: da top asimmetrico a fascia da smoking a gonna portafoglio, senza considerare le letture più classiche come il cache-col, la cravatta, la fascia pirata da portare intorno al capo, la queue de cheval…il tutto partendo dalla semplice piega base. Provare per credere! E se ancora non è sufficiente, si sappia che le brochure semestrali della maison - disponibili presso le boutique – oltre ad essere prestigiosi esempi d’arte figurativa, rappresentano un utile manuale d’uso da portare sempre con sé per trovare nuove interpretazioni e suggerimenti originali con cui rivisitare anche il look più basic. Suggestioni a parte, bisogna puntualizzare che un foulard Hermès (ogni pezzo viene nominalmente “battezzato”) si spinge oltre l’umana concezione di foulard, vuoi per la magia evocativa e la storia del brand ma soprattutto per la tecnica e lo studio che vi sono alle spalle di ogni singolo pezzo. Infatti, anche se è lungo 90 centimetri e pesa solo 65 grammi, ci vogliono ben due anni per realizzarne uno. Tecnicamente tutto comincia in Brasile dove la seta viene ricavata in bozzoli di 250 bachi. Nel frattempo a Lione comincia la fase creativa: tutti gli stilisti vengono istruiti sul tema della futura collezione. A seguire, più di 50 artisti creano i disegni per i dieci foulard che verranno realizzati per quella stagione. Dopo parecchi mesi di lavoro, un incisore produce una serigrafia per ognuno dei colori che compariranno sul foulard. A questo punto parte un intenso processo di colorazione, terminato il quale la commissione preposta esprime il proprio giudizio su sfumature e tonalità. Il disegno viene quindi inviato alla fabbrica dove comincia la fase tecnica di produzione: un frenetico procedimento di stampaggio, seguito da un sontuoso bagno di vapore per rendere i foulard incredibilmente morbidi. Dopodiché due donne esaminano ogni singolo centimetro di stoffa alla ricerca di eventuali difetti. I quadrati di seta vengono infine tagliati e le ricamatrici ne cuciono i bordi a mano alla francese. Come si può notare un procedimento tutt’altro che semplice e scontato, bensì ponderato, lungo e meticoloso…che giustifica il prezzo di boutique, considerato erroneamente da molti ingiustificatamente elevato e privo di ogni qualsivoglia fondamento che esuli da mere e speculative logiche di marca. Tornando al foulard universalmente noto, esso è uno degli accessori più personali per una donna (un po’ come la cravatta per un uomo). Come tale deve essere parte di noi, in perfetta sintonia con la nostra personalità: ecco perché dobbiamo sentire nostri tessuto e colori! Un segreto per portarlo con disinvoltura e contemporaneamente suscitare ammirazione è considerarlo un gioiello e come tale indossarlo: senza ombra di dubbio accompagnerà la quotidianità delle nostre giornate in modo trionfale. Quanto al suo legame glorioso col mondo di dive e divine, gli esempi non mancano: Grace Kelly ne utilizzava uno annodato al collo per sorreggere il braccio fratturato; la Regina Elisabetta ne sfoggiava sui francobolli degli anni ’50; Jackie O ne fece il suo tratto di stile distintivo negli anni ’60; Audrey Hepburn lo usava come decorazione sul cappello in Colazione da Tiffany; Sharon Stone come manette in Basic Istinct; per Madonna diveniva un cappio in Travolti dal destino; e per Sarah Jessica Parker una bandana nell’arcinota serie tv Sex and the City.
Come poter quindi rinunciare a una simile versatilità e agli infiniti utilizzi racchiusi in un unico accessorio? Via libera alla nostra fantasia per viverlo in modo sempre nuovo, dalla versione più classica a quella più d’avanguardia. In un solo istante da dettaglio bon ton diviene compendio di una spregiudicatezza maliziosa…due anime, sacro e profano, angelo e demone, che convivono in soli 90 centimetri di stoffa. Un record prima ancora che un must have di cui non si può fare a meno. La difficoltà forse sta nell’iniziare, ma una volta capita la “foulard filosofia” si apre un mondo di suggestioni magiche e misteriose, sintesi sublime di buon gusto, semplicità elegante e stile raffinato.

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