Si può definire dress code quell’insieme di regole non scritte che equivalgono al codice vestimentario, dichiarato o sottinteso, dispensatore di utili suggerimenti su come vestirsi nelle più svariate situazioni – lavoro, vita quotidiana, appuntamenti festaioli o mondani - a scanso di spiacevoli equivoci. La moda, infatti, non è un accumulo casuale di capi ed accessori, forme e colori, bensì ha una natura implicitamente scientifica e, nonostante la sua inesorabile frivolezza, nei suoi abbinamenti sottostà a regole ferree che assurgono a veri e propri dogmi comportamentali. Diviene un linguaggio preciso e puntuale attraverso il quale comunichiamo col mondo esterno, dicendo molto di noi e delle nostre inclinazioni personali. È un insieme di segni inequivocabili, in cui vi è posto per ogni cosa ma solo e soltanto se tutto è ponderato.
Un tempo le regole erano insindacabili e i codici inderogabili: esisteva un timing preciso della moda che regolava per ogni occasione – privata o ufficiale – e a seconda della posizione sociale le forme dell’abbigliamento per lui e per lei. Conoscere questo codice criptato significava avere la sicurezza di non commettere passi falsi, dal momento che un errore poteva facilmente trasformarsi in uno “scandalo” sociale dalle scarse possibilità di recupero. Era l’epoca in cui al lavoro un gentiluomo si recava sempre in abito formale e una gentildonna vestita di tutto punto; al cocktail si andava vestiti da cocktail e basta; vestiva sportivo solo chi praticava sport; le diciture ufficiali black tie e white tie erano un companatico lessicale di universale conoscenza e privo di ogni possibile fraintendimento. Un classismo forse esasperato che poneva una netta distinzione di appartenenza, inducendo forzate e inoppugnabili discriminazioni.
Col passare degli anni le mode e i codici vestimentari sono cambiati, trascinando inevitabilmente verso il baratro ogni certezza formale: adesso in ogni situazione più o meno quotidiana si vedono scene di tutti i generi, da vero e proprio sussidiario degli errori/orrori da non compiere e degli esempi da seguire. La libertà e la possibilità di scelta sono aumentate in modo incontrollato, con la conseguente esplosione atomica della fantasia e l’inarrestabile ecatombe dello stile. Anacronistico inneggiare a un ritorno del dress code tout court classicamente inteso: oggi vige troppa pigrizia per riportare in auge il bel tempo del vestire. Jeans e casual friday – divenuto ormai sempre più casual week - la fanno da padrone. Come se non bastasse i dress code ufficiali – dal black tie al white tie – sono stati stravolti nel loro essere etimologico e sostanziale, sostituiti da arzigogolati glam chic, country glam, urban, sensational, surreal e via dicendo…in un susseguirsi di fantasiose licenze poetiche. Codici vaghi ed ermetici che dicono tutto e nulla, lasciando libero arbitrio al gusto e alle ispirazioni personali, in molti casi preludio catastrofico di una disfatta senza eguali. Ormai ci si veste come si vuole, senza seguire una benché minima attinenza con l’occasione che si va a presenziare: persone che indossano abiti da sera sin dalla prima mattina, invertendo il timing della moda in una devastante reazione a catena. Ritmi similmente sballati comunicano inequivocabilmente che nella società contemporanea l’unico vero dress code è la visibilità assoluta e a tutti i costi: non importa se quello che indossi è un’accozzaglia casuale di forme e colori, fondamentale è meravigliare nel bene o nel male, per far parlare di sé sempre e in ogni caso. Alla luce di simili fatti, l’unica soluzione percorribile è seguire la moda – volenti o nolenti – per trovare nell’eccesso e nella follia metodo e identità. Ma soprattutto ricordando sempre quando ci vestiamo quello che intendiamo comunicare di noi: partiti da questo presupposto, il dress code vien da sé e, complice il tempo, sarà sempre più un gioco da ragazzi. I codici di stile d’antan sono ormai un vecchio ricordo che soltanto veri appassionati del genere ogni tanto vanno a rispolverare, quasi fossero un culto divinatorio. Gli stessi appassionati che, forse ancora oggi, sono gli unici a seguire il rituale del vestir bene. Sempre più rari ma più fascinosi a vedersi.
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