Già
in uso presso gli Egizi e in alcune
parti dell’Asia, i guanti entrarono
di diritto nel codice vestimentario di antichi Greci e Romani,
utilizzati, però, dapprima non tanto come simbolo di eleganza, bensì come
strumento simbolico, tanto che era buona prassi indossarli in occasioni sacre e
cerimoniali.
Nel
Medioevo divengono parte del rito
dell’investitura feudale, così come segno di fiducia nella donna a cui vengono
donati e segnale di sfida o disprezzo se gettati o sbattuti. Le prime versioni femminili appaiono nel IX
secolo: in seta o in lana, sono chiusi al polso da tre bottoncini infilati;
vi sono poi quelli con ampio risvolto, spesso foderati in pelliccia, per vere
gran dame dello stile; accompagnano inoltre la mise da perfetta amazzone se
realizzati in pelle (sempre più spessa nei modelli da caccia). Ruggero II, incornato Re di Sicilia, era
solito portare guanti simili a quelli dell’antica Grecia, ornati di un sottile
ricamo in lamina d’oro, raffigurante un angelo tra due fagiani. Per i dignitari erano rigorosamente in
pelle bianca. La storia di questo pregevole accessorio prosegue nei secoli parallela
al procedere del tempo tout court, accompagnandone cambiamenti ed evoluzioni. Corre l’anno 1200 e l’Italia è già rinomata
per i guanti particolarmente adorni, la pelle conciata con essenze profumate,
ma anche, si sospettava, con un veleno nell’eventualità di una rapida resa dei
conti. In altre parole, un valido strumento di agghindamento ma anche di
morte. Nel 1300 i guanti sono ormai
divenuti d’uso comune: da lì in poi
è un continuo crescendo e nella loro pomposità formale ed estetica, che li
vuole in pelle, intessuti di fili d’oro, adornati spesso da preziose gemme
applicate, accompagnano il primo secolo
del Rinascimento. La declinazione
cromatica del verde, scarlatto e viola, diviene lo strumento con cui
distinguere le gerarchie ecclesiastiche: il guanto del Papa è bianco con le
perle. A materiali nobili e
sofisticati come la seta, si affianca il panno, utilizzato per le ciroteche.
Nel 1500, anziché applicare gemme
preziose si preferisce praticare dei tagli per lasciar emergere gli anelli
cabochon infilati alle dita. Quelli
femminili, realizzati quasi interamente in filo d’oro, sono ormai così preziosi
e costosi da essere regolamentati dalle leggi suntuarie, le quali impongono
il divieto di possederne più di 32 paia. Nel
1600 si declinano in una grande varietà di materiali quali raso, velluto,
panno, arricchiti di merletti, frange e ricami. E’ il tripudio
dell’opulenza e della bellezza fine a se stessa: baroccheggianti
all’inverosimile, denotano il gusto dell’epoca per il senso estetico che deve
essere sempre più gridato. Nel 1700,
l’eleganza viene affiancata e unita a un concetto di utilità: i guanti non
assurgono più soltanto a mero accessorio estetico, ma divengono anche qualcosa
di funzionale per chi li indossa. Si
diffonde la versione lucida, in pelle glacé, talmente cara da costare il
doppio di quelli in capretto; da sapere, inoltre, che se realizzati in pelle di
castoro, soltanto lo stesso guantaio è in grado di lavarli senza fare danni. Al
pari delle scarpe oggi, le donne ne
possiedono un numero straordinario e incalcolabile: anche 72 paia - uno diverso
dall’altro -, da accorciare o allungare in misura inversamente proporzionale
alla lunghezza delle maniche degli abiti. Lunghi e attillati, sono amati dalla moda al tempo del Direttorio, che
impone di velare le braccia nude nelle mises da sera; per gli uomini che ne
infilano uno solo, noblesse oblige
che questo sia bianco. Nel primo
trentennio del 1800 si assiste a un radicale ritorno a un abbigliamento
elitario e i guanti divengono un punto imprescindibile di questa esasperata
ricerca di stile in cui nulla viene lasciato al caso, bensì ogni dettaglio
contribuisce a gettare le basi per un perfetto dandismo. Vengono quindi scelti in accordo con l’abito, prediligendo
gradazioni di colore acidule come la scorza di bergamotto, il blu boreale o il
carnicino, che già nel nome evocano la sofisticazione della ricerca e
dell’intrinseco spirito estetico che la guida. A corollario, irrinunciabili dettagli quali sottili
nervature, inserti di tulle intrecciato e ricami in argento, denotano la
provenienza da Napoli, patria d’eccellenza dei mastri guantai che forniscono le
loro creazioni in Europa e negli Stati Uniti. Sulla scia di una simile tendenza estetica, si sviluppa la moda dei
mezzi guanti – o mitene – quasi sempre in rete. Siamo
nella metà del secolo e la signora di
buona società è solita uscire sempre con un paio di guanti alla mano, corti
chiusi da due bottoncini, talora eccezionalmente lunghi, ornati in alto da
piccole ghirlande di fiori, pizzo o ermellino. Guanti non solo in occasione di uscite mondane ma anche tra le pareti
di casa: mitene in lana, raramente in velluto. Per l’uomo, l’alternativa a quelli in filo di Scozia sono i guanti gialli in pelle (divenuti
sinonimo del ladro gentiluomo e insospettabile) per il giorno, bianchi per la sera. A fine ‘800 si spingono oltre la loro effimera funzione estetica per
assumere il ruolo di difendere la mano dal contatto come segno di distinzione e
distacco, mentre i manuali da bon ton sono impegnati a stilare le regole per
concedere la mano nuda. Dopo la
rivoluzionaria moda degli anni ’20 del ‘900 che vede il ritorno in grande spolvero dei guanti lunghissimi,
lasciati cadere mollemente increspati con stile e nonchalance sull’avambraccio,
i guanti seguono da vicino le evoluzioni
del gusto, in un sodalizio ideale tra moda, storia e cultura: si complicano
con rovesci alla moschettiera e con inserti di colore, s’impreziosiscono di
materiali pregiati come il coccodrillo, si dilettano in giochi geometrici che
mostrano il palmo in paglia o il dorso in pelle; vengono incontro all’esigenza
della mano ala voltante, spariscono dall’uso se non in inverno, ricompaiono in
rete e in seta per l’estate, trionfano in lana tra i giovani…come meteore,
spariscono e ricompaiono negli anni, a volte a sottolineare un look
militaresco, altre a enfatizzare
un’ispirazione dark, in ogni caso, però, a
completare un outift caratterizzandolo per originalità, stile e glamour e
valorizzandolo nei suoi aspetti più particolari . Piccole note che non
passano inosservate e hanno reso indimenticabili alcune pagine del cinema come la
sensuale Gilda – alias Rita Hayworth – con i suoi guanti
lunghissimi e fiammanti o la raffinata Holly
Golightly – alias Audrey Hepburn
- in “Colazione da Tiffany” incantata davanti alle vetrine della celeberrima
gioielleria con tanto di croissant alla mano.
Nessun commento:
Posta un commento