giovedì 19 maggio 2016

ART & CULTURE_Tra Arte e Moda

Salvatore Ferragamo, "Invisibile", 1947, filo di nylon e camoscio, tacco a zeppa di legno a forma di F
ricoperto di camoscio. Firenze, Museo Salvatore Ferragamo. Foto Arrigo Coppitz 

Lucio Venna, "Sparta". Disegno pubblicitario per Salvatore Ferragamo, 1930, pochoir su carta.
Firenze, Museo Salvatore Ferragamo

Rosa Genoni, Manto da corte "Pisanello", 1906, velluto di seta con ricamo ad applicazione merletto,
filati metallici, canutiglia, cannucce e perle. Firenze, Gallerie degli Uffizi, Galleria del Costume di Palazzo Pitti

Yves Saint-Laurent, Abito da cocktail. Omaggio a Piet Mondrian, collezione autunno/inverno 1965-1966,
jersey di lana lavorato a intarsio. Parigi, Fondation Pierre Bergé-Yves Saint Laurent 

Enrico Coveri, Outfit composto da overall, scarpe e cappellino, collezione primavera/estate 1985,
tessuto di cotone stampato  motivi di Keith Haring. Firenze, Collezione Enrico Coveri

Christopher Makos, Altered Image, 1981, stampe digitali. Collezione privata

Germana Marucelli, Abito femminile in due pezzi, 1963, camicia con collo ad anello e gonna in crepe de chine stampato a fondo bianco con disegni di Paolo scheggi. Roma, Collezione Enrico Quinto e Paolo Tinarelli. Foto Arrigo Coppitz

Germana Marucelli, Completo da sera, "Linea Alluminio", 1968, collezione Alta Moda, autunno/inverno 1968-1969, completo composto da corpetto in pelle lucida e pantaloncini in lana con placche in alluminio anodizzato ideate in collaborazione con Getulio Alviani, gilet in piume di struzzo su chiffon, stivali di camoscio di Salvatore Ferragamo. Collezione privata (courtesy Archivio Germana Marucelli. Milano). Foto Arrigo Coppitz 

Yinka Shonibare, MBE, Food Faerie, 2011, manichino in fibra di vetro, cotone olandese stampato, pelle,
piume d'oca, basamento in acciaio. Londra, courtesy Yinka Shonibare e Blain /Southern Gallery

Nick Cave, Soundsuit, 2010, struttura decorata a scacchi sul davanti e paillettes blu sul retro,
perline e paillettes vintage, leggings in maglia. Verona, Galleria Studio la Città

Boudicca, The "Aketon" dress, collezione autunno/inverno 2001-2002, tela di cotone con collo alto, ampie maniche a punta, corsetto e grembiule in pelle con lacci di nastro e applicazioni in ottone. New York, The Museum at Fashion Institute of Technology

La moda è arte? Una domanda che attanaglia pensatori ed estimatori da tempo e che mai ha condotto a una risposta univoca e definitiva. Per i suoi tratti che la associano alla vita quotidiana, la moda non sembra essere arte tout court, in realtà, però, spesso rivela delle innegabili contaminazioni con l’universo artistico, instaurando un confronto reciproco, base di partenza per un dialogo tra le parti che porta alla creazione di meraviglie artisticamente intese.
A questo dilemma il Museo Ferragamo dedica una mostra, proprio con lo scopo di indagare in che modo questi due mondi si parlano: contaminazioni, sovrapposizioni e collaborazioni. Dalle esperienze dei Preraffaelliti a quelle del Futurismo, dal Surrealismo al Radical Fashion. Nel percorso si focalizza l’attenzione sul lavoro di Salvatore Ferragamo, affascinato e ispirato dalle avanguardie artistiche del Novecento; su alcuni atelier degli anni cinquanta e sessanta, luogo di studio e d’incontri, e sulla nascita della cultura della celebrità, per proseguire con le sperimentazioni degli anni novanta e arrivare a domandarsi se nell’industria culturale contemporanea si possa ancora parlare di due mondi distinti, o se invece siamo di fronte a un fluido gioco di ruoli. 
La particolarità del piano espositivo risiede nella collaborazione di più istituzioni culturali e nella dislocazione della mostra in varie sedi: oltre al Museo Salvatore Ferragamo, promotore e organizzatore del progetto insieme alla Fondazione Ferragamo, ospitano le diverse esposizioni a Firenze la Biblioteca Nazionale Centrale, le Gallerie degli Uffizi (Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti), il Museo Marino Marini e, a Prato, il Museo del Tessuto.
 Diverse sedi e istituzioni coinvolte nell’intento di invitare a una riflessione comune.
Una pluralità di soggetti ed entità che riguarda anche i curatori. La mostra al Museo Salvatore Ferragamo, infatti, ha quattro curatori, Stefania Ricci, direttore del Museo Salvatore Ferragamo, Maria Luisa Frisa, Enrica Morini, Alberto Salvadori, che con le loro diverse competenze e personalità hanno collaborato giorno dopo giorno alla costruzione del percorso, insieme ai direttori e ai responsabili delle diverse istituzioni nonché agli autori del catalogo. Infine, molti prestiti provenienti dalle più prestigiose collezioni pubbliche e private danno alla mostra un respiro internazionale.
Addentrandosi nella mostra, il percorso si snoda attraverso diverse sezioni.
Per quanto attiene il Museo Salvatore Ferragamo, si inizia con un tributo al maestro calzaturiero e alle sue creazioni, giudicate già negli anni ’30 manufatti di valore artistico. In questo caso, esplicito è il riferimento a un concetto di arte che focalizzava l’attenzione sulla maestria tecnica al pari della creatività concettuale. Una videoinstallazione mette a confronto le calzature con la loro fonte d’ispirazione, il mondo classico, l’oriente, le avanguardie artistiche del Novecento, il Surrealismo ma anche la cultura artigiana della città.
Nella sala sono esposti anche i bozzetti pubblicitari originali, creati dal pittore futurista Lucio Venna negli anni Trenta per promuovere le calzature Ferragamo, i modelli realizzati per intellettuali e artisti e il dipinto di Kenneth Noland della fine degli anni Cinquanta, che ha suggerito a Ferragamo un elemento decorativo di un modello e il suo nome.
Si prosegue poi con una sezione dedicata alle reciproche ispirazioni tra arte e moda. Arte e moda, infatti, si sono fronteggiate, spesso guardate l’una con l’altra, anche nel passato. Se gli artisti sono stati affascinati dall’abbigliamento, come strumento essenziale per dare realismo alle loro raffigurazioni, gli artigiani sarti hanno tratto molte volte le loro ispirazioni dal mondo dell’arte e assunto atteggiamenti che li equiparavano agli artisti. Per la moda italiana, sin dai primi dibattiti agli inizi del Novecento sulla necessità di dare identità nazionale alla produzione vestimentaria del Bel Paese, il riferimento al mondo dell’arte italiana è stato sentito come elemento di forte distinzione, rispetto alla moda francese, allora imperante. Fondamentale in questo percorso fu il ruolo svolto da Rosa Genoni, sarta ma anche insegnante della sezione sartoria alla Scuola professionale femminile di Milano. A fare da cassa di risonanza su questo legame, l filmato della Biennale di Arte e Moda a Firenze del 1996, diretta da Germano Celant, Ingrid Sischy, Luigi Settembrini, una grande rassegna che coinvolse quaranta protagonisti internazionali delle arti e trentotto firme mondiali della moda, in un progetto che aveva l’obiettivo di esplorare e raccontare le influenze reciproche, il rapporto creativo fra l’universo della moda e le arti visive, il design, l’architettura, il cinema, la fotografia, il costume e la storia, ponendo il tema all’attenzione di tutti.
La visita prosegue con un’attenta analisi delle forme e delle superfici, complice il supporto fornito dall’industria tessile che consentiva di realizzare tessuti con i quali dare nuova vita alle ispirazioni artistiche.
È poi la volta di artisti che hanno lavorato nell’ambito della moda sul fronte della comunicazione come disegnatori per le riviste, illustratori di cataloghi pubblicitari, ecc. esempio eclatante di questa simbiosi tra mondo dell’arte e della moda è costituito da Andy Warhol. Warhol nasce con la moda sin da quando nei primi anni ‘50 era stato disegnatore e pubblicitario di «Glamour», «Vogue» e «Harper’s Bazaar», ideando scarpe dalla linea sottile ed elegante. In questa sezione sono esposte alcune pagine pubblicate nelle riviste di moda di quegli anni che mostrano le sue prime prove come illustratore di moda. Warhol, inoltre, ha diretto una rivista «Interview», qui riproposta in diciotto numeri, che ha fatto da trait d’union tra il mondo dell’arte e quello della moda. Infine, con il suo presenzialismo sulla scena culturale di New York, a feste, vernissage, restrospettive e sfilate, ha dato forma alla relazione fra arte, moda e celebrità che conosciamo oggi. Questo concetto è rappresentato da una serie di scatti fotografici che ritraggono Warhol in diversi momenti della vita sociale newyorkese e dalla celebre installazione Altered Image di Christopher Makos.
Ma non si può parlare di moda senza citare Germana Marucelli e il suo atelier, luogo di incontro tra operatori della moda, artisti e intellettuali uniti nella ricerca di nuove forme espressive in grado di interpretare il proprio tempo. Questa sezione riproduce l’atelier-salon della Marucelli, ospitando le opere d’arte originali di Pietro Zuffi, Getulio Alviani, Paolo Scheggi che erano esposte alle pareti e gli abiti, che furono frutto del sodalizio con questi artisti.
Dall’atelier si passa al mood board e al mondo dei fashion designer come vengono intesi oggi. Un universo che sempre più diviene una sorta di storytelling  per immagini che emerge dal flusso di informazioni, cercando di stimolare nel pubblico due qualità come l’attenzione e la memoria. Realizzato con la rivista «A MAGAZINE CURATED BY», uno spazio immersivo accoglie il pubblico e lo proietta nell’universo visivo e immaginifico di eccezionali menti creative. Il mondo di Haider Ackermann, Martin Margiela, Yohji Yamamoto, Iris van Herpen, Dries van Noten, Giambattista Valli, Stephen Jones, Rodarte, Jun Takahashi, Kris van Assche, Martine Sitbon, Proenza Schouler, Riccardo Tisci compone un caleidoscopio di immagini di arte, musica, poesia e fotografia.
Una particolare contaminazione tra arte e moda è quella in cui la prima “utilizza” la seconda per plasmare il suo linguaggio critico. A dimostrazione di ciò, l’opera dell’artista britannico di origine nigeriana, Yinka Shonibare. Con le sue installazioni, trasposizioni filmiche, propone una profonda riflessione sulla multiculturalità, analizzando principalmente la questione coloniale.
Dulcis in fundo, i giochi di ruolo tra arte e moda. Oggigiorno il dualismo che li vuole due universi separati appare superato. La moda come l’arte si interroga sulle sue pratiche. La sezione attraverso il lavoro di una serie di autori come Hussein Chalayan, Martin Margiela, Viktor & Rolf, Helmut Lang, Nick Cave racconta come oggi sia sempre più difficile definire e chiudere le diverse pratiche creative.
E questa è solo una prima tappa. La mostra, infatti, prosegue presso la Biblioteca Nazionale Centrale Firenze con la sezione “Periodici italiani nel Novecento”, le Gallerie degli Uffizi, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti – Sala del Fiorino con “Ottocento alla moda”, il Museo del Tessuto di Prato con “Nostalgia del futuro nei tessuti d’artista del Dopoguerra” e, infine, il Museo Marino Marini con “Collaborazioni”.
E come se non bastasse, in occasione dell’inaugurazione dell’esposizione le vetrine del flagship store Salvatore Ferragamo di Firenze si “vestono” con l’installazione di Riccardo Benassi “Every quote is a note, please reply”.
Un viaggio nella storia, Tra Arte e Moda, per l’appunto, alla scoperta di un fascinoso mondo di contaminazioni e suggestioni, rappresentazioni della società e del tempo.  

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