Salvatore Ferragamo, "Invisibile", 1947, filo di nylon e camoscio, tacco a zeppa di legno a forma di F ricoperto di camoscio. Firenze, Museo Salvatore Ferragamo. Foto Arrigo Coppitz |
Lucio Venna, "Sparta". Disegno pubblicitario per Salvatore Ferragamo, 1930, pochoir su carta. Firenze, Museo Salvatore Ferragamo |
Yves Saint-Laurent, Abito da cocktail. Omaggio a Piet Mondrian, collezione autunno/inverno 1965-1966, jersey di lana lavorato a intarsio. Parigi, Fondation Pierre Bergé-Yves Saint Laurent |
Enrico Coveri, Outfit composto da overall, scarpe e cappellino, collezione primavera/estate 1985, tessuto di cotone stampato motivi di Keith Haring. Firenze, Collezione Enrico Coveri |
Christopher Makos, Altered Image, 1981, stampe digitali. Collezione privata |
Yinka Shonibare, MBE, Food Faerie, 2011, manichino in fibra di vetro, cotone olandese stampato, pelle, piume d'oca, basamento in acciaio. Londra, courtesy Yinka Shonibare e Blain /Southern Gallery |
Nick Cave, Soundsuit, 2010, struttura decorata a scacchi sul davanti e paillettes blu sul retro, perline e paillettes vintage, leggings in maglia. Verona, Galleria Studio la Città |
La moda è arte? Una domanda che attanaglia pensatori ed estimatori da tempo e che
mai ha condotto a una risposta univoca e definitiva. Per i suoi tratti che la
associano alla vita quotidiana, la moda non sembra essere arte tout court, in realtà,
però, spesso rivela delle innegabili contaminazioni con l’universo artistico,
instaurando un confronto reciproco, base di partenza per un dialogo tra le
parti che porta alla creazione di meraviglie artisticamente intese.
A questo
dilemma il Museo Ferragamo dedica
una mostra, proprio con lo scopo di indagare in che modo questi due mondi si
parlano: contaminazioni, sovrapposizioni e collaborazioni.
Dalle esperienze dei Preraffaelliti a quelle del Futurismo, dal Surrealismo al
Radical Fashion. Nel percorso si focalizza l’attenzione sul lavoro di Salvatore
Ferragamo, affascinato e ispirato dalle avanguardie artistiche del Novecento;
su alcuni atelier degli anni cinquanta e sessanta, luogo di studio e
d’incontri, e sulla nascita della cultura della celebrità, per proseguire con
le sperimentazioni degli anni novanta e arrivare a domandarsi se nell’industria
culturale contemporanea si possa ancora parlare di due mondi distinti, o se
invece siamo di fronte a un fluido gioco di ruoli.
La particolarità del piano
espositivo risiede nella collaborazione di più istituzioni culturali e nella
dislocazione della mostra in varie sedi: oltre
al Museo Salvatore Ferragamo, promotore e organizzatore del progetto insieme
alla Fondazione Ferragamo, ospitano le diverse esposizioni a Firenze la
Biblioteca Nazionale Centrale, le Gallerie degli Uffizi (Galleria d’arte
moderna di Palazzo Pitti), il Museo Marino Marini e, a Prato, il Museo del
Tessuto.
Diverse sedi e istituzioni coinvolte nell’intento di invitare a una
riflessione comune.
Una
pluralità di soggetti ed entità che riguarda anche i curatori. La mostra al Museo Salvatore Ferragamo,
infatti, ha quattro curatori, Stefania Ricci, direttore del Museo Salvatore
Ferragamo, Maria Luisa Frisa, Enrica Morini, Alberto Salvadori, che con le loro
diverse competenze e personalità hanno collaborato giorno dopo giorno alla
costruzione del percorso, insieme ai direttori e ai responsabili delle diverse
istituzioni nonché agli autori del catalogo. Infine, molti prestiti
provenienti dalle più prestigiose collezioni pubbliche e private danno alla
mostra un respiro internazionale.
Addentrandosi
nella mostra, il percorso si snoda attraverso diverse sezioni.
Per quanto attiene il Museo Salvatore Ferragamo, si inizia con un
tributo al maestro calzaturiero e alle sue creazioni, giudicate già negli anni
’30 manufatti di valore artistico. In questo caso, esplicito è il riferimento a
un concetto di arte che focalizzava l’attenzione sulla maestria tecnica al pari
della creatività concettuale. Una videoinstallazione mette a confronto le
calzature con la loro fonte d’ispirazione, il mondo classico, l’oriente, le
avanguardie artistiche del Novecento, il Surrealismo ma anche la cultura
artigiana della città.
Nella sala sono esposti anche i bozzetti pubblicitari originali, creati
dal pittore futurista Lucio Venna negli anni Trenta per promuovere le calzature
Ferragamo, i modelli realizzati per intellettuali e artisti e il dipinto di
Kenneth Noland della fine degli anni Cinquanta, che ha suggerito a Ferragamo un
elemento decorativo di un modello e il suo nome.
Si prosegue poi
con una sezione dedicata alle reciproche ispirazioni tra arte e moda. Arte e moda, infatti, si sono fronteggiate, spesso guardate l’una con
l’altra, anche nel passato. Se gli artisti sono stati affascinati
dall’abbigliamento, come strumento essenziale per dare realismo alle loro
raffigurazioni, gli artigiani sarti hanno tratto molte volte le loro
ispirazioni dal mondo dell’arte e assunto atteggiamenti che li equiparavano
agli artisti. Per la moda italiana, sin dai primi dibattiti agli inizi del
Novecento sulla necessità di dare identità nazionale alla produzione
vestimentaria del Bel Paese, il riferimento al mondo dell’arte italiana è stato
sentito come elemento di forte distinzione, rispetto alla moda francese, allora
imperante. Fondamentale in questo percorso fu il ruolo svolto da Rosa Genoni,
sarta ma anche insegnante della sezione sartoria alla Scuola professionale
femminile di Milano. A fare da cassa di risonanza su questo legame, l filmato
della Biennale di Arte e Moda a Firenze del 1996, diretta da Germano Celant,
Ingrid Sischy, Luigi Settembrini, una grande rassegna che coinvolse quaranta
protagonisti internazionali delle arti e trentotto firme mondiali della moda,
in un progetto che aveva l’obiettivo di esplorare e raccontare le influenze
reciproche, il rapporto creativo fra l’universo della moda e le arti visive, il
design, l’architettura, il cinema, la fotografia, il costume e la storia,
ponendo il tema all’attenzione di tutti.
La visita prosegue con un’attenta analisi delle forme e delle superfici,
complice il supporto fornito dall’industria tessile che consentiva di
realizzare tessuti con i quali dare nuova vita alle ispirazioni artistiche.
È poi la volta di artisti che hanno lavorato nell’ambito della moda sul
fronte della comunicazione come disegnatori per le riviste, illustratori di
cataloghi pubblicitari, ecc. esempio eclatante di questa simbiosi tra mondo
dell’arte e della moda è costituito da Andy
Warhol. Warhol nasce con la moda sin da quando nei primi
anni ‘50 era stato disegnatore e pubblicitario di «Glamour», «Vogue» e «Harper’s Bazaar», ideando scarpe dalla linea sottile ed elegante.
In questa sezione sono esposte alcune pagine pubblicate nelle riviste di moda
di quegli anni che mostrano le sue prime prove come illustratore di moda.
Warhol, inoltre, ha diretto una rivista «Interview», qui riproposta in diciotto numeri,
che ha fatto da trait d’union tra il mondo dell’arte e quello della moda. Infine,
con il suo presenzialismo sulla scena culturale di New York, a feste,
vernissage, restrospettive e sfilate, ha dato forma alla relazione fra arte,
moda e celebrità che conosciamo oggi. Questo concetto è rappresentato da una
serie di scatti fotografici che ritraggono Warhol in diversi momenti della vita
sociale newyorkese e dalla celebre installazione Altered Image di
Christopher Makos.
Ma non si può parlare di moda senza citare Germana Marucelli e il suo atelier, luogo di incontro tra operatori
della moda, artisti e intellettuali uniti nella ricerca di nuove forme
espressive in grado di interpretare il proprio tempo. Questa sezione riproduce
l’atelier-salon della Marucelli, ospitando le opere d’arte originali di Pietro
Zuffi, Getulio Alviani, Paolo Scheggi che erano esposte alle pareti e gli
abiti, che furono frutto del sodalizio con questi artisti.
Dall’atelier si passa al mood board e al mondo dei fashion designer come
vengono intesi oggi. Un universo che sempre più diviene una sorta di
storytelling per immagini che emerge dal flusso di informazioni, cercando di stimolare nel pubblico due
qualità come l’attenzione e la memoria. Realizzato con la rivista «A MAGAZINE CURATED BY», uno spazio immersivo accoglie il pubblico e lo
proietta nell’universo visivo e immaginifico di eccezionali menti creative. Il
mondo di Haider Ackermann, Martin Margiela, Yohji Yamamoto, Iris van Herpen,
Dries van Noten, Giambattista Valli, Stephen Jones, Rodarte, Jun Takahashi,
Kris van Assche, Martine Sitbon, Proenza Schouler, Riccardo Tisci compone un
caleidoscopio di immagini di arte, musica, poesia e fotografia.
Una particolare contaminazione tra arte e moda è quella in cui la prima
“utilizza” la seconda per plasmare il suo linguaggio critico. A dimostrazione
di ciò, l’opera dell’artista britannico di origine nigeriana, Yinka Shonibare. Con le sue
installazioni, trasposizioni filmiche, propone una profonda riflessione sulla
multiculturalità, analizzando principalmente la questione coloniale.
Dulcis in fundo, i giochi di ruolo tra arte e moda. Oggigiorno il
dualismo che li vuole due universi separati appare superato. La moda come l’arte si interroga sulle sue pratiche. La sezione
attraverso il lavoro di una serie di autori come Hussein Chalayan, Martin
Margiela, Viktor & Rolf, Helmut Lang, Nick Cave racconta come oggi sia
sempre più difficile definire e chiudere le diverse pratiche creative.
E questa è solo una prima tappa. La mostra, infatti, prosegue presso la
Biblioteca Nazionale Centrale Firenze con la sezione “Periodici italiani nel
Novecento”, le Gallerie degli Uffizi, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti
– Sala del Fiorino con “Ottocento alla moda”, il Museo del Tessuto di Prato con
“Nostalgia del futuro nei tessuti d’artista del Dopoguerra” e, infine, il Museo
Marino Marini con “Collaborazioni”.
E come se non bastasse, in occasione dell’inaugurazione dell’esposizione
le vetrine del flagship store Salvatore Ferragamo di Firenze si “vestono” con l’installazione
di Riccardo Benassi “Every quote is a note, please reply”.
Un viaggio nella storia, Tra Arte
e Moda, per l’appunto, alla scoperta di un fascinoso mondo di
contaminazioni e suggestioni, rappresentazioni della società e del tempo.
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