Si è
soliti pensare alla moda come al mondo dell’effimero. Tuttavia, vi sono oggetti che hanno lasciato un segno
indelebile nella storia del costume; creazioni che hanno rivoluzionato il senso
dello stile e nei quali si riflettono i cambiamenti della società. Capi ai
quali ogni stilista ha dovuto inevitabilmente guardare, citandoli,
rielaborandoli o riproponendoli.
Tra
questi, a ragion veduta si può annoverare la marinière, la maglia bianca a righe blu, con le maniche a tre quarti e lo scollo a
barchetta: un must nel guardaroba dei cugini e delle cugine d’Oltralpe,
complice la lungimiranza di Mademoiselle Coco Chanel alla quale va il plauso di
aver sottratto dall’universo dell’abbigliamento maschile – e in particolare,
dagli abiti da lavoro – stimoli e intuizioni che, con qualche aggiustamento, si
sono rivelati nel tempo (e ancora oggi) insostituibili alleati nella
definizione di un nuovo ideale di femminilità ed eleganza.
Correvano
i primi del ‘900: si tratta dell’epoca in cui le località di mare sono travolte da un boom turistico senza
precedenti. Da quelle del Nord e dell’Ovest, affacciate sull’Oceano
Atlantico, a quelle della Costa Azzurra, che si specchiano nel mar
Mediterraneo, si tratta delle mete più ambite dalla borghesia cittadina che
aveva imparato a conoscerle scappando dalle città bombardate. Saint Tropez e Biarritz sono le località balneari più chic: ben presto diventano
la via di fuga preferita dalle parigine snob. Chanel è tra queste, ma, a
differenza loro, non si limita a godere il relax di un dolce far niente. A Deauville nella bassa Normandia, nel
1913, apre la sua prima boutique fuori dalla capitale. A Parigi
Mademoiselle si era già fatta un nome grazie ai suoi originalissimi cappellini
e a un certo giro di clienti che la seguono anche quando nella boutique di Rue
Gontaut-Biron, tra il Gran Casinò e il lussuoso Hotel Normandie, inizia a
proporre una moda comoda, sportiva,
adatta a donne dinamiche e anticonvenzionali. Una moda che strizza l’occhio alle mise dei marinai che lavorano al
porto, ritenute da Coco estremamente chic. È così che la maglia a righe, nel 1917, entra di diritto fra i capi più
riconoscibili dello stile Chanel: un capo attorno al quale si declina uno
sfaccettato look navy. Negli anni la stessa Chanel indosserà la marinière,
abbinandola a pantaloni morbidi e scarpe basse.
Tuttavia,
quando la stilista la fa diventare il lessico di una nuova eleganza, la maglia bretone vanta di diritto una
storia pluridecennale. È datato 27 marzo 1858 il decreto che introduce e
codifica l’uso della singolare uniforme da parte dei marinai francesi in
Bretagna. Realizzata in maglia di lana o di cotone, la particolare divisa
deve essere bianca e decorata esattamente con 21 righe orizzontali blu, dello spessore inferiore ai due centimetri:
un numero non casuale, bensì corrispondente alle vittorie di Napoleone. Da
capo con finalità meramente pratica e con una connotazione di classe ben
precisa, a icona di stile per intere generazioni. Da Jean Seberg a Pablo Picasso,
la marinière diviene il capo simbolo del mondo della cultura. Indossata da Patti Smith e dalle giovani e
spregiudicate attrici della Nouvelle
Vague, così come da Jeanne Moreau
e Andy Warhol, che la impone ai
frequentatori della sua factory, a cominciare dalla glamourissima Edie Sedgwick. Anche l’ex enfant
prodige della couture francese – Jean-Paul
Gaultier – non sa resistere al suo fascino e se ne appropria,
trasformandola in un marchio di fabbrica del suo inconfondibile stile al punto
da utilizzarla per firmare il pack del popolarissimo profumo Le Male, lanciato nel 1994: un ponderoso
torso maschile sul quale è stilizzata una maglia bretone.
Ma
la marinère incanta anche la settima arte. È indossata, infatti, da Tadzio in “Morte a Venezia” di Luchino Visconti e
Brad Davis in “Querelle de Brest” di
Rainer Werner Fassbinder. Un cerchio che si chiude, comprendendo nei suoi
meandri ogni forma di espressione artistica. A dimostrazione – e validazione – che
la moda ha sempre afferito con successo e inequivocabile significato il mondo
che ci circonda.
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