David LaChapelle
nasce l’11 marzo 1963 a Fairfield, nel Connecticut. Dopo aver visto ed
esplorato il mondo attraverso gli occhi del suo sguardo e del suo obiettivo, ha
scelto Los Angeles e le Hawaii quali luoghi in cui abitare e lavorare, ma
soprattutto da cui trarre una continua ispirazione, la stessa che si può
piacevolmente ritrovare in ogni sua immagine.
La sua carriera inizia nei mitici anni ’80,
proprio quelli dell’ostentazione e della magnificenza, della materialità e
dell’apparenza, dove prolificava il benessere e chiunque si permetteva
un’agiatezza alle volte, magari, al di sopra delle proprie possibilità. Sin dalle prime esposizioni, LaChapelle si
distingue agli occhi del pubblico per il suo lavoro magnificamente attento alla
cura del dettaglio: una lungimiranza estetica ai limiti del manierismo,
spesso esasperata, utilizzata per porre in evidenza un determinato aspetto e
che, senza troppe difficoltà, incrocia
il favore di Andy Warhol. Il Maestro, rimasto incantato dalla ricerca
formale e tecnica, gli offre i primi
lavori come fotografo per Interview Magazine. Un importante banco di prova
ma soprattutto un’eccellente vetrina attraverso la quale LaChapelle presenta
ufficialmente al grande pubblico la sua chiave di lettura artistica: i suoi ritratti di celebrità riscuotono
approvazione e successo, tanto che in breve tempo inizia varie collaborazioni
con le pubblicazioni editoriali più in voga dell’epoca, gettando le basi di un
nuovo e memorabile concetto di campagna pubblicitaria.
Le sue immagini diventano così le cover,
piuttosto che i servizi fotografici a corollario di redazionali di moda, d’importanti
riviste del calibro di Vogue Italia, Vogue Francia Vanity Fair, GQ, Rolling
Stone e i-D, ritraendo i personaggi più prestigiosi dello star system:
Madonna, Tupac Shakur, Amanda Lepore, Eminem, Philip Johnson, Lil’ Kim, Uma
Thurman, Elizabeth Taylor, David Beckham, Jeff Koons, Leonardo DiCaprio,
Hillary Clinton e Muhammad Ali sono solo alcuni dei nomi di coloro che non
hanno saputo resistere al fascino eccentrico ma sofisticato della sua resa
fotografica.
Uno stile unico e inconfondibile, che
strizza l’occhio alla contaminazione artistica quale forma espressiva per
antonomasia con cui dare voce al proprio estro, quintessenza di ricerca
tecnica, cura del dettaglio, senso del bello e ricchezza dei contenuti. Caratteristiche
che lo proiettano di diritto nel firmamento dei divini, facendolo diventare un
punto di riferimento per la fotografia internazionale. Una creatività, la sua, in cerca di una continua modalità d’espressione
e alimentata da una forte curiosità verso tutto quello che risuona come nuovo:
una spinta all’esplorazione che lo induce, nel tempo, a dedicarsi al mondo
musicale, realizzando video, eventi teatrali e docu-film. Da qui le
collaborazioni con Christina Aguilera, Moby, Jennifer Lopez, Britney Spears,
The Vines e No Doubt, senza dimenticare gli spettacoli The Red Piano e Ceasar’s
Palace realizzati ad hoc per Sir Elton John.
Nel 2006 la svolta: LaChapelle decide di
ridurre al minimo la sua attività nell’ambito delle immagini a fini
commerciali, decidendo di tornare sulle proprie orme e focalizzarsi sull’arte
fotografica tout court. Un percorso per così dire introspettivo,
alla ricerca di un tempo perduto in cui gli scatti rappresentavano per lui
l’intensità di un momento, pronta a durare in eterno. Un’eternità temporale che trova validazione in una serie di esposizioni
in giro per il mondo, volte a celebrare il suo genio creativo: il Barbican
Museum, Londra (2002), Palazzo Reale, Milano (2007), il Museo del Antiguo
Colegio de San Ildefonso, Mexico City (2009), il Musée de La Monnaie, Parigi
(2009), il Museo di Arte Contemporanea di Taipei, Taiwan e il Museo d’Arte di
Tel Aviv, Israele. Nel 2011 viene allestita una delle più grandi mostre a lui
dedicate al The Lever House di New York, a cui seguono numerose retrospettive
che fanno il giro del mondo.
Per ogni suo scatto, oggi come allora, LaChapelle continua a essere ispirato dalla
storia così come dalla cultura o dall’atmosfera hawaiana che si trova a vivere
quotidianamente, trovando tracce e suggerimenti in qualsivoglia elemento legato
direttamente alla nostra vita. Visioni
che, nelle sue immagini, perdono la loro reale conformazione alla volta di un
aspetto fortemente estetico e per così dire amorevole, ma al tempo stesso potentemente
critico. L’esasperazione formale di
LaChapelle, infatti, diviene un tecnicismo con il quale contestare la
materialità e l’apparenza sulle quali la società, negli ultimi 25 anni, ha
fondato il suo credo e la sua filosofia di vita. Le sue fotografie,
spaziando nei generi e nei temi – dalla moda alle celebrità, dalla pubblicità ai
soggetti reali – celano nella loro teatralità estetica una carica di denuncia
estremamente pronunciata, connubio ideale di contemporaneità e intelligenza. Estremi
che si attraggono e si respingono in una continua fuga dalla realtà, segnata da
un inevitabile ritorno a essa.
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