venerdì 15 giugno 2012

ART & CULTURE_Il Kitsch nella visionaria interpretazione di Gillo Dorfles













Il Kitsch quale eterna costante dell’arte. Fenomeno spontaneo e bizzarro, festaiolo e colorato quel tanto che basta per trasudare una costante allegria di facciata, parente alla lontana del “cattivo gusto”, da sempre accompagna in maniera più o meno spudorata l’arte intesa, nelle sue note più subliminali. Tuttavia ora, alla luce delle recenti dilatazioni dell’idea stessa di arte, la faccenda si complica. Ecco, quindi, chiamato in causa lui, il sommo maestro Gillo Dorfles che – forte del suo secolo di vissuto - accompagna il pubblico di esperti, estimatori o semplici appassionati, in un volo pindarico attraverso quel particolare universo dell’arte applicata che si serve del kitsch come strumento per meravigliare a tutti i costi. Sua, infatti, la cura della rassegna milanese Kitsch – oggi il kitsch, recentemente inaugurata alla Triennale di Milano e visitabile sino al 27 agosto 2012. Punto di partenza o d’arrivo – a seconda dell’interpretazione che si vuole dare al percorso espositivo - sfatare lo stereotipo radicato che vuole il kitsch meramente associato a un ideale di cattivo gusto. In realtà non è così: il kitsch, infatti, è una costante del nostro tempo. Un tempo che, a differenza di quanto accadeva nella Roma antica, nella Grecia o nelle civiltà precolombiane, ha accanto all'arte una non-arte, rappresentata dalla realizzazione di oggetti in serie. L’artista si trova quindi ora a convivere con l'artigiano, il semplice manovale, il costruttore…ovvero con tutti coloro che producono oggetti utilizzabili e solo in apparenza opere d'arte.
Tra i primi a delineare a livello internazionale il concetto di kitsch in tutte le sue articolazioni, Gillo Dorfles ha tracciato le basi per la comprensione e l’evoluzione del “cattivo gusto” dell’arte moderna: come dimenticare le sue pubbliche esternazioni in cui fervidamente afferma che capolavori come il Mosè di Michelangelo o la Gioconda di Leonardo sono divenuti emblemi kitsch per antonomasia perché vittime delle riproduzioni più triviali, conosciuti non tanto per i loro autentici valori quanto per un surrogato tecnico o sentimentale dei loro significati? Secondo lo stesso Dorfles, l’industrializzazione culturale, estesa al mondo delle immagini artistiche, ha inevitabilmente portato a un’esasperazione delle tradizionali distinzioni tra i diversi strati socio-culturali, con una conseguente differenza apparente tra la cultura di massa e quella d’élite, rendendo trionfante il kitsch dell’arte stessa, quale elemento dissacratore volto a creare interpretazioni ironiche, provocatorie o scandalose di veri e propri capolavori.
La prima parte della mostra presenta “autori, i quali volutamente usano citazioni kitsch” (Gillo Dorfles). Tra gli artisti Adriana Bisi Fabbri con Salomè di fronte (passo di danza), 1911, e Salomè a tergo (Mossa di danza), 1911, che rappresenta il personaggio biblico con rotondità paradossalmente eccessive; Alberto Savinio con Penelope, 1933, rivive invece con ironia il mito classico; Gianfilippo Usellini con Donna con la coda, 1970, riporta con ironico paradosso a una primitiva condizione animale; e ancora Enrico Baj che con Madame Garonne, 2003, assembla materiali diversi per denunciare la corruzione del gusto, causata dalla cultura del prodotto industriale. A corollario di questa prima sezione – mise en place degli ironici ispiratori del fenomeno - tre opere di Salvador Dalì.
Il percorso della mostra prosegue con una serie di autori contemporanei deliberatamente kitsch. Tra questi svettano Luigi Ontani, che con l’opera Er ciclopercurione, 1990, si avvicina a una figurazione fantastica che attinge e manipola con ironia suggestioni da differenti culture, linguaggi e tecniche espressive; Antonio Fomez con Michelino, 1966, ispirato alla Pop Art; Felipe Cardeña che con i suoi collage policromi presenta composizioni kitsch, sovrapposizioni di fiori e frutti ritagliati da riviste; Leonard Streckfus con i collage composti da personaggi storici ritratti con ironia nella vita quotidiana; Corrado Bonomi e le composizioni realizzate  con vari oggetti che ironicamente trattano dei problemi dell’uomo; Limbania Fieschi con il suo gusto kitsch americaneggiante; Carla Tolomeo con le sue sedie sculture; Mario Molinari che nelle sue sculture accentua e deforma grottescamente parti anatomiche di esseri umani e, per finire, Vannetta Cavallotti con le sue teatrali composizioni di legno, stucco, resina e oggetti vari. Dulcis in fundo, ancora lui - Salvador Dalì – con il delizioso omaggio del Cracking Art Group, ottenuto dalla fusione di materie plastiche e foto e The Bounty Killart, che crea sculture di gesso fortemente satiriche.
Moltissime le opere in mostra che forniscono una vasta rappresentazione delle personali interpretazioni di ciascun artista, come, per esempio, la sala dedicata all’artista olandese, naturalizzato italiano Rutger (Rudy) Van der Velde, giornalista, grafico pubblicitario, illustratore e artista che ha creato assemblaggi sorprendenti, ironici e ludici con materiali eterogenei, oggetti superflui provenienti dalla società consumistica. Un’opera in particolare I am free – I feel free, che presenta una gabbia contenente un uomo-automa e una libellula, mentre un’altra libellula all’esterno posata su un ramo gode la libertà, esprime chiaramente la sperimentazione nelle sue opere di una continua ricerca di sensazioni nuove e liberatorie da ogni vincolo di asservimento alla comune realtà. 
Fiore all’occhiello di tutta l’esposizione, il tappeto interattivo posto lungo il corridoio che introduce alla mostra: propedeutico al percorso espositivo, conta 5000 immagini kitsch tout court che si animano al passaggio del pubblico.
La mostra si chiude con un’ultima grande sala nella quale si trova una vera e propria giostra di oggetti kitsch di artisti anonimi, citazioni e riproduzioni del cattivo gusto attuale.
Come afferma Gillo Dorfles “…sono l’intenzione e la consapevolezza, sia rispetto all’utilizzo delle tecniche sia nei riguardi dei contenuti, che trasformano un oggetto, una forma, ma anche un comportamento, in un’opera, in un linguaggio che sentiamo veri e autentici. Se non esiste la dimensione culturale, ogni forma d’arte è destinata a cadere nella trappola di un kitsch più o meno consapevole. La vera arte non è mai “maliziosa”; il kitsch lo è, e questa è la sua essenza. È necessario conoscerlo, anche frequentarlo e, perché no, qualche volta utilizzarlo, senza farsi mai prendere la mano. Perché il cattivo gusto è sempre in agguato”.

Accompagna la mostra il libro-catalogo “Gillo Dorfles. Kitsch: oggi il kitsch”, per i tipi di Editrice Compositori, a cura di Aldo Colonetti, Franco Origoni, Luigi Sansone, Anna Steiner, che ospita una conversazione tra Aldo Colonetti e Gillo Dorfles, riflessioni di Vittorio Gregotti, Ugo Volli, Fulvio Carmagnola, Denis Curti, Francesco Leprino, Bruno Pedretti; una particolare documentazione a cura di Luigi Sansone su opere di artisti “ispiratori” e che interpretano oggi questo stile. In chiusura una rassegna fotografica sul kitsch quotidiano, interpretato da oggetti, prodotti, immagini.

Kitsch – oggi il kitsch
A cura di Gillo Dorfles
Triennale, via Alemagna 6, Milano
Fino al 27 agosto 2012

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