Il Kitsch quale eterna costante
dell’arte. Fenomeno spontaneo e bizzarro, festaiolo e colorato quel tanto che
basta per trasudare una costante allegria di facciata, parente alla lontana del
“cattivo gusto”, da sempre accompagna in maniera più o meno spudorata l’arte
intesa, nelle sue note più subliminali. Tuttavia ora, alla luce delle recenti
dilatazioni dell’idea stessa di arte, la faccenda si complica. Ecco, quindi,
chiamato in causa lui, il sommo maestro Gillo
Dorfles che – forte del suo secolo di vissuto - accompagna il
pubblico di esperti, estimatori o semplici appassionati, in un volo
pindarico attraverso quel particolare universo dell’arte applicata che si serve
del kitsch come strumento per meravigliare a tutti i costi. Sua, infatti, la
cura della rassegna milanese Kitsch – oggi il kitsch,
recentemente inaugurata alla Triennale di Milano e visitabile sino al 27
agosto 2012. Punto di partenza o d’arrivo – a seconda dell’interpretazione
che si vuole dare al percorso espositivo - sfatare lo stereotipo radicato
che vuole il kitsch meramente associato a un ideale di cattivo gusto. In realtà
non è così: il kitsch, infatti, è una costante del nostro tempo. Un tempo
che, a differenza di quanto
accadeva nella Roma antica, nella Grecia o nelle civiltà precolombiane, ha accanto all'arte una non-arte,
rappresentata dalla realizzazione di oggetti in serie. L’artista si trova
quindi ora a convivere con l'artigiano, il semplice manovale, il costruttore…ovvero
con tutti coloro che producono oggetti utilizzabili e solo in apparenza opere
d'arte.
Tra i primi a delineare a livello
internazionale il concetto di kitsch in tutte le sue articolazioni, Gillo
Dorfles ha tracciato le basi per la comprensione e l’evoluzione del “cattivo
gusto” dell’arte moderna: come dimenticare le sue pubbliche esternazioni in
cui fervidamente afferma che capolavori come il Mosè di Michelangelo o la
Gioconda di Leonardo sono divenuti emblemi kitsch per antonomasia perché
vittime delle riproduzioni più triviali, conosciuti non tanto per i loro autentici
valori quanto per un surrogato tecnico o sentimentale dei loro significati?
Secondo lo stesso Dorfles, l’industrializzazione culturale, estesa al mondo
delle immagini artistiche, ha inevitabilmente portato a un’esasperazione delle
tradizionali distinzioni tra i diversi strati socio-culturali, con una
conseguente differenza apparente tra la cultura di massa e quella d’élite,
rendendo trionfante il kitsch dell’arte stessa, quale elemento
dissacratore volto a creare interpretazioni ironiche, provocatorie o
scandalose di veri e propri capolavori.
La
prima parte della mostra presenta “autori,
i quali volutamente usano citazioni kitsch” (Gillo Dorfles). Tra gli artisti Adriana Bisi Fabbri con
Salomè di fronte (passo di danza), 1911, e Salomè a tergo (Mossa di danza),
1911, che rappresenta il personaggio biblico con rotondità paradossalmente
eccessive; Alberto Savinio con Penelope, 1933, rivive invece con ironia il mito
classico; Gianfilippo Usellini con Donna con la coda, 1970, riporta con ironico
paradosso a una primitiva condizione animale; e ancora Enrico Baj che con
Madame Garonne, 2003, assembla materiali diversi per denunciare la corruzione
del gusto, causata dalla cultura del prodotto industriale. A corollario di questa prima sezione – mise en place degli ironici ispiratori del fenomeno - tre opere di
Salvador Dalì.
Il
percorso della mostra prosegue con una serie di autori contemporanei deliberatamente
kitsch. Tra questi
svettano Luigi Ontani, che con l’opera Er ciclopercurione, 1990, si avvicina a
una figurazione fantastica che attinge e manipola con ironia suggestioni da
differenti culture, linguaggi e tecniche espressive; Antonio Fomez con
Michelino, 1966, ispirato alla Pop Art; Felipe Cardeña che con i suoi collage
policromi presenta composizioni kitsch, sovrapposizioni di fiori e frutti
ritagliati da riviste; Leonard Streckfus con i collage composti da personaggi
storici ritratti con ironia nella vita quotidiana; Corrado Bonomi e le composizioni
realizzate con vari oggetti che
ironicamente trattano dei problemi dell’uomo; Limbania Fieschi con il suo gusto
kitsch americaneggiante; Carla Tolomeo con le sue sedie sculture; Mario
Molinari che nelle sue sculture accentua e deforma grottescamente parti
anatomiche di esseri umani e, per finire, Vannetta Cavallotti con le sue teatrali
composizioni di legno, stucco, resina e oggetti vari. Dulcis in fundo, ancora lui - Salvador Dalì – con il delizioso
omaggio del Cracking Art Group, ottenuto dalla fusione di materie plastiche e
foto e The Bounty Killart, che crea sculture di gesso fortemente satiriche.
Moltissime
le opere in mostra che forniscono una vasta rappresentazione delle personali
interpretazioni di ciascun artista, come, per esempio, la sala dedicata
all’artista olandese, naturalizzato italiano Rutger (Rudy) Van der Velde, giornalista, grafico pubblicitario,
illustratore e artista che ha creato assemblaggi sorprendenti, ironici e ludici
con materiali eterogenei, oggetti superflui provenienti dalla società
consumistica. Un’opera in particolare I
am free – I feel free, che presenta una gabbia contenente un uomo-automa e
una libellula, mentre un’altra libellula all’esterno posata su un ramo gode la
libertà, esprime chiaramente la sperimentazione nelle sue opere di una continua
ricerca di sensazioni nuove e liberatorie da ogni vincolo di asservimento alla
comune realtà.
Fiore all’occhiello di tutta
l’esposizione, il tappeto interattivo
posto lungo il corridoio che introduce alla mostra: propedeutico al percorso
espositivo, conta 5000 immagini kitsch tout
court che si animano al passaggio del pubblico.
La
mostra si chiude con un’ultima grande sala nella quale si trova una vera e
propria giostra di oggetti kitsch di artisti anonimi, citazioni e riproduzioni
del cattivo gusto attuale.
Come afferma Gillo Dorfles “…sono
l’intenzione e la consapevolezza, sia rispetto all’utilizzo delle tecniche sia
nei riguardi dei contenuti, che trasformano un oggetto, una forma, ma anche un
comportamento, in un’opera, in un linguaggio che sentiamo veri e autentici.
Se non esiste la dimensione culturale,
ogni forma d’arte è destinata a cadere nella trappola di un kitsch più o meno
consapevole. La vera arte non è mai “maliziosa”; il kitsch lo è, e questa è
la sua essenza. È necessario conoscerlo, anche frequentarlo e, perché no, qualche
volta utilizzarlo, senza farsi mai prendere la mano. Perché il cattivo gusto è
sempre in agguato”.
Accompagna la mostra il libro-catalogo “Gillo
Dorfles. Kitsch: oggi il kitsch”, per i tipi di Editrice Compositori, a
cura di Aldo Colonetti, Franco Origoni, Luigi Sansone, Anna Steiner, che ospita
una conversazione tra Aldo Colonetti e Gillo Dorfles, riflessioni di Vittorio
Gregotti, Ugo Volli, Fulvio Carmagnola, Denis Curti, Francesco Leprino, Bruno
Pedretti; una particolare documentazione a cura di Luigi Sansone su opere di
artisti “ispiratori” e che interpretano oggi questo stile. In chiusura una
rassegna fotografica sul kitsch quotidiano, interpretato da oggetti, prodotti,
immagini.
Kitsch – oggi il kitsch
A
cura di Gillo Dorfles
Triennale,
via Alemagna 6, Milano
Fino
al 27 agosto 2012
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