“Quant’è bella giovinezza che si fugge
tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non v’è certezza”. Così
declamava Lorenzo de’ Medici nei Canti Carnascialeschi, invocando a godere del presente
vista l’incertezza del domani. Un domani inteso come mondi, terre, culture
diversi. Dalla Firenze rinascimentale ai tempi moderni, questi versi suonano
tuttora come un’eco di pura avanguardia. ‘L’inconnu’
ha sempre generato un certo timore, avvalorato dall’alone di mistero che porta
con sé e non consente di definire i contorni di quanto ci aspetta. Da sempre,
le forme esoteriche per captare anche minimi segnali di quanto ci attende si
sono moltiplicate – portandosi appresso leggende passate alla storia - così
come i riti propiziatori per ingraziarsi il fato o ancora i più casalinghi
gesti scaramantici ripetuti prima di grandi eventi. E questo perché dal momento
che del doman non v’è certezza, per giovarsi del presente è fondamentale
prefigurarsi anche solo un barlume del nostro futuro: un sogno, un desiderio,
un’ambizione…qualunque cosa possa dare un senso prospettico e avvalorare quello
che stiamo vivendo oggi - chiave di volta per il nostro domani - identificando
il tempo come una sequenza concatenata di eventi cadenzati al ritmo di futuro,
presente, passato. Pensiamoci bene: quello
che accadrà, succede oggi per far parte di ieri. Guardare al futuro e riporvi
aspettative, quindi, è fondamentale per dare un senso alla nostra intera
esistenza, un punto infinitesimale immerso in un macrocosmico caleidoscopio
di relazioni, fatti, accadimenti.
La moda – ma più in generale il costume – ricorrendo
a spazi e mondi diversi può solo che agevolare la prefigurazione del domani:
immaginare come saremo e in che modo vestiremo; secondo quali evoluzioni
cambieranno i canoni estetici; in quale direzione volgerà lo stile. Domande
dal retrogusto apparentemente retorico, ma dalla sostanza indagatoria, capace
di tradurre in immagini - alle volte
anche ai limiti della realtà - i
cambiamenti sociali, denotando le tendenze e stabilendo un comune codice di
comunicazione. Per una moda che – come vuole la tradizione – diviene linguaggio:
linguaggio delle persone, che molto
dicono di sé per come vestono, e della società, che in abbigliamento e
accessori traduce specifiche istanze socio-culturali. Prefigurarsi la moda e,
al contempo, la figura femminile che verrà, significa in altri termini pensare in modo suggestivo al futuro. Un futuro fatto di altrove, di spazi lontani
e diversi dai nostri: per un carattere di novità sinonimo di fascinazione.
Come visionarie veggenti eccoci pronte a consultare il mazzo dei tarocchi
beneaugurali firmati dai grandi maestri dello stile: carte rivelatrici di come
evolverà il senso del vestire. Donne che a ben guardarle ci sembrano
futuristiche e spaziali ma che contestualizzate nell’epoca che sarà diverranno
l’equivalente di noi ora, in un gioco di scambi temporali. Donne che
decontestualizzate dal loro tempo e dal loro mondo appaiono perfette ma probabilmente
poco femminili. È solo questione di tempo: una volta calate nella loro
dimensione, alle prese con la quotidianità e animate da una vita propria, splenderanno
della femminilità più pura. Quello che
era futuro diventerà presente, quello che era perfetto si trasformerà in umano
e reale, quello che era semplicemente immaginato assumerà fattezze proprie.
E senza mai volgere al termine, si rimetterà in moto il circolo virtuoso di
passato, presente, futuro, inducendo nuovamente a prefigurarsi cosa accadrà. Codice di decodifica, la moda, che ancora
una volta, con precisione visionaria, trasformerà in immagini prospettiche il
senso del domani, mostrandone il lato perfetto, preludio di una femminilità
rinnovata ma fedele a se stessa, folgorazione interpretativa delle tendenze
sociali.
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