“Jean
Patou: a fashionable life” è il titolo del libro scritto da Emanuelle
Polle, edito Flammarion e dedicato allo stilista Jean Patou. Perché, in effetti, fashionable è stata la vita di Patou sotto
qualsiasi punto di vista: dalla creazione della Maison alle amicizie,
passando per il rapporto con Mademoiselle Chanel e il concetto di modernità
proprio dello stilista parigino.
Jean Patou, nel 1929, fu il primo ad
allungare nuovamente gli orli, portando la moda a una femminilità più
completa, nonostante con Chanel fosse stato un fervido sostenitore del look à la garçonne. Si prodigò, inoltre,
perché la silhouette restasse naturale,
complice la sua conoscenza dei materiali e l’impeccabile contributo delle
premières. Una competenza radicata, acquisita lavorando nella conceria di
famiglia specializzata in pelle di zigrino. Il debutto di Jean Patou avviene nel 1914 ma subito è smorzato dal suo
arruolamento nell’esercito. Tuttavia, la maison non chiude grazie anche e
soprattutto alla volontà dello stesso Patou che riusciva sempre a ritagliarsi
delle aprentesi di evasione creativa. Terminata la guerra, non reciderà mai i
rapporti con l’esercito e con i compagni di battaglia, come Maurice Le Bolzer,
che trascorrerà una vita nella Maison.
Dal punto di vista stilistico i suoi tratti
caratterizzanti sono linearità e semplicità, con una conseguente ridefinizione
verso l’essenziale del guardaroba femminile e l’evidenziazione delle mises da
giorno, chic e funzionali, e quelle da sera, sontuose e sofisticate, perlopiù
tempestate di pietre preziose. Anche se tuttavia, la caratteristica più importante
risiede nell’inclinazione al marketing.
Con un approccio avveniristico e lungimirante, infatti, quando deposita nel 1925 la firma Jean Patou, estende il marchio dalle
creazioni e tessuti a tutti i prodotti che esulano dalla sua specifica attività,
segnando un antesignano esempio di quella che oggigiorno viene definita brand
extension.
Semplicità e linearità delle forme sì, ma
accompagnate dal culto per il colore di cui Patou era maestro, al punto di
personalizzare alcune nuance, come, per esempio, “Vert Nile Patou”, “Absinthe Patou”, “Rouge Capucine”.
Il
suo spazio sportswear “Coin des sports”, a poco tempo
dall’apertura diviene un corner tipicamente anglosassone, adorato dalla
clientela americana. Il suo “Coin des riens”, invece, si pone
quale precursore della sussidiaria Jean Patou Parfumeur. Profumi e bellezza, infatti, sono insieme alla moda una costante della
sua carriera, tanto che “Joy” è la seconda fragranza più venduta di tutti i
tempi dopo Chanel “N° 5”. Una miscela di rosa e gelsomino, realizzata dal
profumiere Henri Alméras e racchiusa
in un flacone di cristallo di Baccarat,
“Joy” veniva dato in omaggio inizialmente alle storiche clienti americane ormai
soggiogate al crollo del 1929. Una
fragranza che si assomma alle tre precedenti: “Amour Amour” per le pallide,
“Que Sais-Je?” per le donne con la pelle scura e “Adieu Sagesse” per le rosse.
Tra le altre creazioni beauty meritano
di essere citati “Lift”, il rossetto ricaricabile del 1929, e “Huile de
Chaldée” del 1927, l’olio abbronzante dalle suggestive evocazioni.
Con Mademoiselle Chanel visse un rapporto
conflittuale dovuto alla reciproca concorrenza. Si rivolgevano infatti alla
medesima clientela e la loro moda si somigliava. Tuttavia, Patou è difforme per
quanto attiene aspetti caratteriali. Stringe solide relazioni con le donne
professionalmente parlando, mentre non si legherà mai nella vita privata,
dedicandosi completamente alla Maison, agli amici e alle proprie passioni.
Alla sua morte l’attività viene ereditata
dalla madre che ne ridà lustro, affidando il côté
creativo a stilisti del calibro di Marc Bohan, Karl Lagerfeld, Jean Paul
Gaultier, Christian Lacroix. Nel 1987,
però, si dissolve e resiste solo la divisione profumi di cui a breve avremo una
speciale testimonianza: è infatti previsto
il lancio del nuovo “Joy Forever” insieme alle riedizioni di “Chaldée”, “Patou
pour Homme” e “Eau de Patou”.
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