Parigi si mette sulle orme di Roger Vivier con una mostra che ne ripercorre l’estro creativo e la cifra stilistica grazie ai quali ha realizzato modelli senza tempo. E lo fa con una mostra – 140 modelli esposti fino al 18 novembre al Palais de Tokyo, curata da Olivier Saillard, scenografia di Jean-Julien Simonot – che ne ripercorre l’eredità lasciata alla moda, evidenziando come la capacità di trasformare la ricerca e l’originalità in eleganza, alle volte anche spettacolare e stravagante, sia stata la sua carta vincente.
Tutto iniziò quasi per caso, anche se Roger Vivier sembrava predestinato al brillante futuro che lo avrebbe atteso e reso protagonista della storia del costume. Geniale e al tempo stesso raffinato, Roger Vivier studiava all'Ecole des Beaux Arts di Parigi quando un amico, fabbricante di scarpe, gli chiese di disegnargli una collezione. Piacque, lui interruppe gli studi e, passo dopo passo, anzi scarpa dopo scarpa, divenne quel genio della calzatura che il mondo della moda conosce.
Le creazioni di Roger Vivier sono state considerate di diritto veri e propri oggetti d’arte: ecco, quindi, che negli spazi di un museo trovano il contesto ideale che ne valorizza l’essenza. Ad appassionarlo erano innanzitutto le forme: "mi capita - confessò - di rifare lo stesso disegno 500 volte, per essere sicuro di trovare l'idea giusta e di rispettare l'architettura del piede". E fu un'accurata ricerca anatomica a condurlo fino allo "stiletto", il tacco a spillo creato nel 1954 e che da allora le donne portano tra gioia e dolori.
I tacchi erano la sua ossessione: tra questi, Entrave (1958), Choc (1959) e il sinuoso, nonché celeberrimo, Virgule che divenne il manifesto della griffe nel 1963 e che l'attuale designer della maison, Bruno Frisoni (mentre Ines de la Fressange è musa e ambasciatrice della griffe), ha riproposto con grande successo. Non meno importanti per Roger Vivier erano gli equilibri complessivi della scarpa: fondamentale divenne la ricerca sulla tomaia al punto che arrivò a disegnare una struttura più diritta, una forma inedita e più moderna che, nel 1958, trasformò nella punta 'Turc' e 'Guitare'.
Un’inventiva pura e autentica, la sua, che trovava ispirazione e validazione nella storia e nella cultura: era affascinato dalle scarpe del Settecento, studiava le "moules" e la loro eleganza aperta. Nella sua idea, le scarpe erano oggetti preziosi e non semplicemente mezzi per camminare: ecco, pertanto, i decori e ricami, eseguiti anche dall'atelier Lesage, ma soprattutto la famosa fibbia d'argento diventata l'icona del marchio.
Visitando la mostra è possibile anche cogliere il rapporto di Roger Vivier con il gran mondo: sue, infatti, erano le scarpe con i rubini che condussero all'incoronazione Elisabetta II nel 1953, come anche le calzature preferite da Soraya di Persia e dalla duchessa di Windsor, ma anche da tante dive. Marlene Dietrich, Elizabeth Taylor, Jeanne Moreau, Brigitte Bardeau, erano tutte sue clienti, ma una, in particolare, è rimasta impressa nell'immaginario del grande pubblico: Catherine Deneuve, con le borghesissime pumps in Belle de Jour, il film di Bunuel del 1967.
A validare la stima e la considerazione di cui godeva Roger Vivier, il fatto che negli anni ’50 fu il solo e unico collaboratore di Christian Dior a poter apporre il proprio marchio sulle scarpe accanto a quello del couturier. Molti altri utilizzarono le sue creazioni per le loro sfilate, Elsa Schiaparelli e Yves Saint Laurent in testa.
Un cammino in ascesa quello di Roger Vivier, consacrato nel 1963 dalla fondazione della propria maison.
Il patrimonio stilistico da lui lasciato e giunto fino ai giorni nostri è immenso, complice il contributo che dal 2002 il gruppo Tod’s, proprietario del marchio, fornisce, favorendo l’ideale connubio di tradizione e innovazione, passato e futuro. Un impegno avvalorato dall’intento di recuperare ovunque gli esemplari da conservare in archivio tanto da riuscire ad aggiudicarsi la collezione personale di Monsieur Vivier battuta all'asta due anni fa.
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