giovedì 22 novembre 2012

ABOUT_Il tailleur. E l'eleganza si fa donna




















E se ieri si è parlato di eleganza maschile, oggi si racconta di quella femminile, trattando di uno dei capi per antonomasia dello stile da gran signora, amante del buon gusto e della raffinatezza. Un capo su cui non si discute, che regna incontrastato per il proprio fascino e la capacità di evocare un senso del bello quasi d’antan, autentico nelle forme e nei contenuti, ma, ancora di più, nella sua essenza vestimentaria. Proprio lui: il tailleur. La celeberrima e inossidabile accoppiata giacca-gonna o pantalone, elegante e sofisticata, ma, al tempo stesso, pratica e informale, capace di sdrammatizzare ogni situazione e risolvere l’annosa questione  circa cosa indossare quando. A seconda di come lo si indossi, il tailleur si anima di uno spirito nuovo, passando da mera divisa d’ordinanza a seducente mise dall’alto tasso di femminilità. A noi donne interpretarlo e contestualizzarlo, lasciando indelebili segni della nostra personalità.
Un tempo, in virtù della sua spiccata connotazione sartoriale, non poteva che essere realizzato da un sarto da uomo, in francese, per l’appunto, tailleur. Nonostante la derivazione terminologica d’oltralpe, si deve al grande sarto inglese John Redfern il plauso di averne realizzato il primo esemplare nell’ormai lontano 1885 nientepopodimeno che per la principessa del Galles. Da qui l’inizio di un’ascesa, iniziata come capo semplicemente informale, riservato alle occasioni meno mondane, soprattutto quelle mattutine, privo di fronzoli e sottolineato da accessori mascolini – dal gilet alla cravatta - che rimandano all’originaria provenienza. In men che non si dica, subisce la sua prima evoluzione, divenendo l’espressione tipica di un desiderio di vita attiva, di un bisogno di libertà, preludio di un attivo femminismo che avrà caratterizzato le epoche a venire: si tratta del primo passo della moda nei confronti dell’emancipazione femminile, l’ennesimo tassello volto a mostrare l’indissolubile legame tra istanze sociali e fenomeni di costume, elementi speculari di una medesima dimensione, che vuole vedere l’essenza viaggiare in tandem con la sua identificazione iconografica. Tuttavia, il tailleur dell’epoca, nonostante sfugga ai classici impedimenti sartoriali dell’abbigliamento tradizionale, è tutt’altro che agevole per la donna: il sarto, infatti, trasferisce nel nuovo capo le stoffe pesanti, l’intelaiatura con le crine, le spalle imbottite dell’abito maschile e solo durante la prima guerra mondiale arriverà ad accorciare la gonna, raggiunta comunque da alti stivali volti a segnare un prolungamento ideale che nulla lascia all’immaginazione.
Bisognerà aspettare la rivoluzionaria intuizione di Giorgio Armani perché il tailleur femminile possa contare su una forma pratica e confortevole, ma al tempo stesso elegante e formale, caratterizzata da un’inconfondibile giacca destrutturata – cifra stilistica di Re Giorgio – e stoffa leggera ad armatura solida. Correvano gli anni ’70, segnati – ça va sans dire – da un intenso femminismo. Una tendenza, quella di decostruire il tailleur per renderlo vivibile e portabile, intrapresa anche dall’antesignana della moda per eccellenza, Mademoiselle Coco Chanel. A lei il plauso di aver liberato la donna da ogni costrizione vestimentaria e formale, per darle agio in abiti dalla giusta foggia e sensualità: avanguardie per l’epoca, vere e proprie icone dello stile contemporaneo. Complice la ristrettezza delle materie prime imposta dalla guerra, Chanel è costretta a lavorare solo con il jersey, tessuto a maglia, strutturata, sottile e duttile al ferro da stiro, con il quale crea uno dei suoi capi per antonomasia: il tailleur morbido, rigoroso, ma di assoluta e femminile scioltezza, poi declinato nei famosi completi in tweed.
Il tailleur ha visto l’alternarsi di stagioni, occupando dapprima la scena del costume e passando poi in penombra, senza però mai abbandonare del tutto le luci della ribalta. Nel tempo, ha saputo proporsi e reinventarsi, mantenendo inalterato il suo fascino sublime, magico esaltatore di un’intrigante sensualità. Amato da dive e divine, più volte è stato il provocante travestimento di leggende cinematografiche del passato. Marlene Dietrich ama indossare giacca e calzoni, anche in pubblico, tenendo a battesimo quello che diventerà il tailleur pantalone. Joan Crawford, invece, predilige la sottana, concentrando l’attenzione sulla giacca (creata appositamente per lei dal costumista hollywoodiano Adrian): dalla ampie spalle in modo da assottigliare i fianchi, il modello diviene uno di più copiati, mantenendo fede alla severità formale impreziosita da ricami di passamaneria.
Il tailleur non ha tempo. Diviene immortale nella sua resa formale, passando oltre lo scorrere delle mode. Intatto nel suo stile, viene eletto quale capo elegante per antonomasia, in grado di celebrare con maniacale osservanza le occasioni più mondane e, al tempo stesso, essere la mise più azzeccata per informali appuntamenti pomeridiani.
Complice il suo gioco di linee e geometrie, esalta la silhouette, appoggiandosi sul corpo quasi fosse un cardigan. Nel frattempo, assume un’allure preziosa illuminandosi di strass e brillanti accorgimenti. Sexy o rigoroso, ama viaggiare nel tempo, percorrendo la sua storia e riprendendo, qua e là, piccoli dettagli che ne denotano la tradizione: ecco, quindi, che si riappropria della silhouette anni ’30 e ’40; rilegge con occhio contemporaneo i dettami di Patou, Schiaparelli e Chanel; a volte assottiglia il busto e allunga l’orlo, diventa austero, ma anche misterioso e seducente. Androgino e riservato. Svela ma cela. Addirittura intrigante quando la gonna diventa micro, abbinata a giacchette in formato mini. Le regole s’infrangono, le interpretazioni si sprecano: ciascuno con il tailleur può dire la sua, evocare ricordi e suscitare emozioni. Si tentano accordi, alle volte spiritosi, che mirano a mostrare le mille vite del tailleur: un accenno di bolero, un pantalone dalle reminiscenze sciistiche, una comoda giacca con la coulisse in vita, accompagnata a calzoni sigaretta. E ancora, pantaloni a tubo con risvolto, uniti a un’attillata giacca-marsina. E sotto, via libera a bluse lucide, pull e micro-pull colorati e, per le più audaci, nulla, per tailleur indossati a pelle. Le sue strade sono infinite: rispetta la severità di giacca, camicia e gonna, oppure rompe gli schemi, abbandonandosi a licenze stilistiche dal piglio garbato ma innovativo, che danno vita a loro volta a mille combinazioni possibili. E se le vie del tailleur sono infinite, la destinazione pare però essere la medesima: un’eleganza raffinata combinata alla giusta dose di femminilità. Per intrigare senza svelare, per apparire senza ostentare.
Negli anni ’80 il tailleur conosce una seconda giovinezza e consolida il suo primato nel guardaroba femminile, complici le cifre stilistiche di alcune tra le più prestigiose firme della moda: l’allure straordinaria di Yves Saint-Laurent, la magnifica spalla di Valentino, il nitore di Mila Schön, la grazia avveniristica di Krizia, la sensuale audacia di Versace, le equilibrate geometrie di Ferré.
Sinonimi di uno stile tanto inconfondibile quanto intramontabile, hanno segnato una svolta epocale nel look della giacca, operando novità di taglio alla gonna e offrendo una nuova configurazione al tailleur nero o di prezioso colore: l’eleganza dello smoking da sera.

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