Pensate alla Reggia di Venaria. Mettete nomi come la Fondazione Tirelli Trappetti di Roma per la realizzazione, Gabriella Pascucci – costumista premio Oscar – e Franca Sozzani – direttore Vogue Italia – per la direzione artistica con la consulenza di Dino Trappetti, Michele De Lucchi per l’allestimento e Laura Tonatto per le note olfattive che accompagnano lo spettatore in un viaggio multi sensoriale. Un viaggio straordinario nello stile e nell’eleganza made in Italy dal nome Moda in Italia. 150 anni di eleganza, in mostra alla Reggia di Venaria fino al 29 gennaio 2012. Ma ancora di più un viaggio nella storia dei 150 anni d’Italia, ripercorrendo le gioie e i drammi attraverso il racconto di 200 vestiti che hanno fatto la moda italiana. Un itinerario storico e di stile, in bilico tra realtà e immaginario, tra cinema, romanzo e attualità. Dal seduttivo abito della Contessa di Castiglione ai manti delle regine d’Italia, dagli sgargianti tailleurs della Belle Époque alle provocazioni dei Futuristi, dal candido costume da ballo di Claudia Cardinale nel Gattopardo di Visconti all’abito pretino di Anita Ekberg nella Dolce Vita di Fellini. Fino ad arrivare alle creazioni di tutti i grandi stilisti contemporanei - Valentino, Capucci, Versace, Armani in testa. Di informazioni relative alla mostra in sé ve ne sono un’infinità e i siti http://www.lavenaria.it/ e www.italia150.it soddisfano ogni genere di curiosità in merito. Quello che invece voglio raccontare è piuttosto la mia personale visita, iniziata con il benvenuto da parte di illustri personaggi della nostra epoca e con i loro pareri sulla moda e sulle relative implicazioni semantico-culturali: La moda è l’autoritratto di una società (Ennio Flaiano), Il moderno invecchia, il vecchio ritorna di moda (Leo Longanesi), Si pensa e si agisce come si veste (Giacomo Balla), Fuori moda è tutto ciò che indossano gli altri (Oscar Wilde), La moda è fatta per diventare fuori moda (Coco Chanel). Catapultati in un’atmosfera di magico incanto, la meraviglia si fa ancora più grande di fronte ai primi capi esposti: l’abito da sera della Contessa di Castiglione e quello da ballo indossato da Claudia Cardinale ne “Il Gattopardo”. In equilibrio tra realtà e immaginario la mostra prende il via proprio dagli anni preludio dell’unità. Un percorso a doppia marcia - quello tra storia e romanzo - che mi accompagna per mano, nell’esplorazione del Belpaese. Da lì è un’escalation di abiti meravigliosi, con tutto il loro carico di vissuto: abiti realmente indossati da personaggi storici e abiti romanzati da set cinematografico. Quel che conta non è tanto l’origine quanto la capacità di narrare tutto un periodo storico, le gioie e i dolori di un Paese come l’Italia che nell’arco di 150 anni è stata protagonista di un avvicendarsi irrefrenabile di fatti e accadimenti che ne hanno segnato il tragitto indelebilmente. Un volo pindarico dal Regno alla Belle Époque, passando per il Futurismo e le due Guerre Mondiali, per approdare alla Repubblica e alla rinascita della moda italiana prima con gli atelier romani e poi con il prêt-à-porter. In mezzo protagonisti come Boldini, che con la sua pittura ha reso onore alla storia e al costume del nostro Paese, Gabriele D’Annunzio, cultore del Bello, e la “divina” Eleonora Duse, figure emblematiche del secolo scorso per la cultura italiana intesa in senso lato e abbracciante cinema, letteratura e costume. Muovendoti nella mostra comprendi come la moda ha sempre rappresentato un elemento imprescindibile per l’Italia, una sorta di seconda anima: il gusto e lo stile di un’eleganza sovrana che si spinge oltre i semplici abiti e diviene una vera e propria attitudine di vita, un esempio a cui ambire e che ci contraddistingue tuttora in giro per il mondo. Ma soprattutto ti rendi conto di come sia sempre stata legata agli accadimenti storici e sociali, semplificando con linee, forme, tagli e tessuti quelle che erano le istanze dominanti nei vari momenti. Una moda quindi che non si ferma ai meri dettagli frivoli ma arricchisce le sue note più glamour con un riscontro pratico e attestabile dal contesto socio-culturale a cui si riferisce. E questo a scapito di tutti coloro che pensano si tratti solo e semplicemente di un’attività effimera, volta all’ostentazione e all’apparenza fine a se stessa. In realtà, il suo modo d’essere affonda radici ben profonde, fermamente ancorate alle ispirazioni da cui prende vita. Ti rendi inoltre conto di come sia ciclica e quindi si riproponga nel tempo, andando a ripescare di volta in volta nella storia del costume, reinterpretandone lo spirito in chiave contemporanea. La moda, quindi, come nient’altro è in grado di registrare l’oggi, annunciando il domani mentre guarda al passato. Per esempio, ti soffermi di fronte alla sezione anni ’20 e noti come questi abiti, dal taglio semplice ma arricchiti da dettagli quali piogge di jais, stampe ricamate, frange e cristalli, rimandino d’un tratto all’ultima collezione primavera/estate 2012 di Gucci; o ancora l’opulenza delle uniformi di fine ottocento abbia trovato vita in molte collezioni invernali di Dolce & Gabbana dal carattere militaresco; oppure come la preziosità di velluti, broccati, applicazioni varie fosse un uso diffuso allora come oggi, sempre e comunque nell’intento di esprimere un’eccellenza creativa e sartoriale che nessuno è ancora riuscito ad eguagliare. Ti rendi infine conto di come abbia saputo imporsi nel secolo scorso a livello mondiale, “dettando” regole di buon gusto e affascinando un pubblico internazionale. Ecco quindi che la moda italiana veste il cinema americano: è l’epoca dei grandi nomi del calibro di Emilio Pucci, Simonetta Colonna di Cesarò, Biki, Fernanda Gattinoni, Salvatore Ferragamo, le Sorelle Fontana. L’alta moda romana, quella degli atelier e della società che molto sa di Dolce Vita. Di lì a poco il passo verso la modernità è breve: ecco il fenomeno del prêt-à-porter, con tutta la sua energia e la sua voglia spregiudicata di accompagnare con l’abbigliamento il nuovo stile di vita delle donne. E’ il momento delle griffes, che di diritto entrano nel firmamento del Made in Italy, inteso come fenomeno internazionale, dietro cui si celano vitalità imprenditoriale, flessibilità e l’attitudine a sentire l’air du temps. Per viaggiare sopra gli altri ma soprattutto prima degli altri. Mentre penso questo, vedo tutti i grandi nomi prendere posto nell’atmosfera di una sfilata ricostruita ad hoc. Passerella centrale e ai lati sedute a gradoni per la platea. Gianni Versace con il suo celeberrimo abito in crêpe di seta a stampa pop art col volto di Marilyn Monroe apre le danze. Sembra di stare a una vera e propria fashion week e invece siamo ancora a Venaria: tra defilé e platea è un tripudio di creatività e maestria. Ogni nome ha messo in scena i suoi capi cult che meglio di altri evocano il proprio spirito. Un trionfo dell’italianità. Del buon gusto e del fare bene. Abiti ma anche accessori: un panorama infinito del patrimonio di stile Made in Italy. E ti accorgi che questa è solo che una piccola selezione di oggetti seppur emblematici. D’un tratto ti viene in mente tutto quanto può a giusto titolo rientrare a farne parte. A ciascuno di noi, con le nostre emozioni e suggestioni, con i nostri pensieri, ripescare nel passato e riportare alla memoria tutto quello che può arricchire questa piccola selezione: personaggi, storie e oggetti. Sempre e comunque qualcosa che evochi la bellezza intatta di una punta di diamante tutta italiana come è appunto la moda.
Come affermava la stessa Coco Chanel La moda passa, lo stile resta. Ebbene sì, nel nostro caso si tratta dell’eccezione che conferma la regola: lo stile è rimasto inalterato nel tempo, attraversando oltre un secolo, superando guerre e radicali trasformazioni sociali. La moda è invece cambiata nei decenni, dando ogni volta il massimo di sé in termini di eleganza.
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