Biki nasce a
Milano nel 1906. Nipotina acquisita di Giacomo Puccini (nonno Tato, per lei),
che ne aveva sposato la nonna, da Puccini stesso viene ribattezzata
scherzosamente Bicchi, che sta per birichina. Sin dall’infanzia,
all’inizio del ‘900, Elvira Leonardi “Bicchi” vive in un ambiente raffinato, aristocratico, ricco e colto, avvolta
dalla musica, dal teatro e dall’arte: un contesto fertile, nel quale
sviluppa e affina una naturale inclinazione all’eleganza tout court.
Puccini,
Toscanini, i Visconti di Modrone, Isadora Duncan: l’eccellenza della
cultura che si raccoglie a Milano rappresenta la linfa di un’anima energica e
sensibile, che dimostrerà
però, una volta cominciata la carriera di sarta d’alta moda, un acuto occhio per le tendenze e le
dinamiche del mercato nonché oculate capacità imprenditoriali e
organizzative. Da suggestioni ricevute nell’ambiente che respira
quotidianamente e dai continui viaggi che la vedono recarsi a Parigi per rinnovare
il guardaroba, nasce l’idea di trasformare
il naturale senso estetico per l’abbigliamento in un’attività creativa. È così
che nel 1934, nell’atelier milanese di via Senato 8, sfilano i modelli
d’ispirazione parigina disegnati e lavorati da Gina Cicogna e da colei che, su
suggerimento di Gabriele D’Annunzio, diventerà per sempre Biki (D’Annunzio
“regala” alle due socie anche il nome-marchio per la loro lingerie: Domina).
Il
successo ottenuto induce Biki a mettersi in proprio e a puntare immediatamente
su un ampliamento della gamma di prodotti destinati a vestire la donna (lingerie,
tailleur, abiti da sera,
costumi da bagno), sempre improntati al pregio del taglio e alla preziosità dei
tessuti.
Lo
stile di Biki è caratterizzato dalla fantasia e dalla ricchezza di ispirazioni; decisi e inconfondibili, inoltre, sono gli
accostamenti di colori, inusuali ed eccentrici per il tempo (come, per esempio,
blu e verde).
L’autarchia dell’epoca nei confronti dei
creatori di moda (almeno il 50% di ogni collezione deve essere prodotto con
materiale non importato) non incide sui favori che la sartoria di Biki incontra
tra le sue clienti fisse e altolocate (tra le quali anche Edda Ciano Mussolini).
Nel 1936 sposa il collezionista d’arte e
antiquario Robert Bouyeure (avranno una figlia, Roberta).
Nel dopoguerra si
associa al Centro italiano della moda di Marinotti della Snia Viscosa, ponendosi
sulla stessa linea di pensiero dell’uomo che sosteneva presso le case di moda
l’utilizzo delle nuove fibre sintetiche e artificiali.
In una Milano fiorente di personalità di
spicco in concorrenza (Germana Marucelli, Mila Schön, Jole Veneziani), si mette
in scena una sorta di gara per conquistare nuove clienti di prestigio. Il fiore all’occhiello di Biki è Maria
Callas, incontrata nel 1951 nel salotto di Wally Toscanini. Biki trasforma
la grande cantante, che le si affida fiduciosa, trasformandosi da figura malvestita,
goffa e pesante in una splendida interprete di una classe innata. Un successo
riconosciuto a livello universale, che consolida la fama di Biki all’estero, anche
nella rivale Francia, nonché negli Stati Uniti.
Pioniera
e fervida sperimentatrice, è tra le prime sarte di alta moda a stringere accordi
con la grande industria: la
linea Cori-Biki, infatti, viene da lei firmata per il Gruppo finanziario
tessile.
A corollario di uno spirito così eclettico,
curioso e desideroso di sapere, le numerose e importanti cariche ricoperte nel
mondo dell’editoria e dell’impresa.
Un’anima in continuo movimento, che si è
mossa con destrezza nei decenni di un secolo che ha apportato evoluzioni tra le
più significative, per oltre novant’anni, fino al 1999 quando muore a Milano.
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