Dal 26 al 29 gennaio si è
tenuta l’edizione invernale della fashion week capitolina. Haute couture e neocuture, new talents e grandi firme, preziosità
sartoriali e contaminazioni d’avanguardia: questo il duplice binario sul quale
si è articolata la versione invernale di Altaroma appena conclusasi, quintessenza del meglio del meglio in ambito
moda e design, rigorosamente made in Italy. Giunta al numero 21, la quattro giorni di tendenze ha
sfiammato numerose proposte e iniziative, volte a promuovere e valorizzare la qualità, la creatività e l’incomparabilità
dell’inventiva e della produzione italiana. Un evento che intende sempre di
più porsi come speciale occasione
nell’ambito della quale testimoniare lo stile, la bellezza, la ricercatezza e
l’intelligenza creativa che tanto contraddistinguono il Belpaese a livello
mondiale. A fare da fil rouge per
quest’edizione l’iconicità del made in
Italy, celebrata con grandi classici e simboli della sartorialità. Una sartorialità che ha trovato la sua
ragion d’essere nell’innesco di genialità e alto artigianato, chiave di volta
per distinguersi dai modaioli appuntamenti di Milano, Londra e Parigi.
Largo spazio, in particolare, alla contaminazione tra le arti, attraverso momenti speciali
dedicati, come, per esempio, l’omaggio rivolto a una signora della moda – Elsa Schiaparelli – per mano di una
signora del teatro – Lella Costa: Elsa
Schocking è il monologo tratto dall’autobiografia della stilista,
interpretato egregiamente dall’artista. Couturiere rivoluzionaria, Schiaparelli
è stata l’anti-Chanel, sofisticata e visionaria al punto giusto per non passare
inosservata sulla scena del costume d’allora, desiderosa di avere punti di
riferimento in fatto di stile e tendenze. Nel monologo per Altaroma,
Elsa-Lella si racconta, evocando sul filo dei ricordi la rivoluzione di una
moda che scopre il corpo, compagna di un’analoga metamorfosi messa in atto nel
campo dell’arte dalle Avanguardie storiche.
Sintonizzate sulla medesima
lunghezza d’onda, le presentazioni che simpaticamente hanno strizzato l’occhio
all’universo artistico, primo su tutti, l’evento
dedicato al loden, storico capospalla, nato come soprabito sportivo per la
caccia: LodenTal ha avviato un’operazione di recupero e
rilancio, che passa attraverso nuovi colori, e porta a una collezione inedita
maschile e femminile, presentata con tanto d’installazione realizzata ad hoc.
Nello spazio austero del Complesso di Santo Spirito in Sassia, invece, il brand
di Andrea Provvidenza ha
proposto una videoinstallazione firmata da Emanuele Foti: un loden bianco diventa una tela attraversata da
immagini proiettate.
E sempre in tema di icone, i riflettori sono stati puntati
su un oggetto simbolo dell’haute couture: l’abito
per il red carpet, reinterpretato, per l’occasione, dai talenti di Limited
/ Unlimited. 36 brand italiani hanno scelto i loro capi più preziosi per
una sorta di passerella virtuale. Pezzi unici, come opere d’arte, con cui raccontare
l’aspetto più spettacolare della moda.
Non solo fashion, dunque. Da sempre, infatti, Altaroma ha
fatto della contaminazione tra i diversi linguaggi artistici uno dei suoi
focus, rinnovando, di anno in anno, la sua vocazione per l’arte contemporanea e
la sua sensibilità eclettica.
Una devozione che ha avuto il
suo cuore con A.I., ovvero Artisanal Intelligence, progetto pensato per coltivare un sapiente
mix tra arte, artigianato e moda. Rigorosamente nel segno dell’eccellenza
italiana, A.I. si è caratterizzato quale laboratorio per la creatività emergente: un blog ma anche un
programma di eventi, studiati per insolite location. Ecco come si è sviluppato A.I. Gallery
2013, un percorso tra alcune
gallerie d’arte romane, che hanno ospitato le creazioni di talentuosi artigiani
della moda. Un parallelismo che dà manforte a quell’idea di unicità e di
esclusività, che passa attraverso la cultura dell’hand made ed è in grado di orientare
le scelte e le suggestioni, stimolando l’individuazione di nuovi marchi e di giovani
designer. Nel quartiere Parione si sono concentrate svariate attività, con
l’intento di convogliare entro uno specifico perimetro urbano una fascia di
pubblico ampia, trasversale e attenta. Esperimenti alchemici, invece, negli
spazi del Ponte, con gli abiti di Conny
Groenewegen, designer olandese che spicca per i suoi giochi con la
maglieria e l’intreccio dei materiali: l’abito si fa così scultura duttile,
impalpabile ma resistente, meravigliando con l’incontro inatteso tra leggerezza
e rigidità, solidità e fluidità. In contemporanea, nell’ambito della mostra “Questo
soltanto e nulla più”, la galleria ha ospitato una performance di Myriam Laplante. Pietra filosofale a
parte, dall’alchimia alla matematica il passo è breve, tanto che da Emmeotto è
andato in scena il Teorema di Simone
Rainer: borse come accessori geometrici, che nella forma perfetta del
triangolo racchiudono il senso eterno e universale di un’icona di moda che si
rispetti.
A esplorare il mondo dei
cappelli, accessorio antico reinventato in mille declinazioni, ci ha pensato invece Altalen, nuovo spazio milanese di
sperimentazione, con un’attenzione particolare rivolta all’artigianato di qualità,
al gusto per il retrò e agli innesti fantastici tra classico e contemporaneo,
arcaico e futurista. Ci sono poi stati i gioielli tridimensionali di Stefania Lucchetta, esposti da
Marie-Laure Fleisch: micro-strutture architettoniche che si adattano al corpo,
tramutando rigorosi calcoli matematici in assemblaggi poetici, tutti da
indossare.
Borse e ancora borse da The
Gallery Apart, con le creazioni-bijoux di Badura, pensate per una donna-icona immaginaria: Sophie.
Colei che in sé racchiude quell’ineffabile, contraddittorio senso di necessità,
associato a un’intrigante idea di “lusso” sempre più inteso come modus vivendi se rapportato alla moderna
accezione di appagamento del desiderio, tensione verso la perfezione e resistenza
alla caducità del banale.
Haans
Nicholas Mott,
con il suo fashion show “These are eyes in the darkness”, invece, è stato
ospite di Monitor. Un appuntamento con la genialità incontenibile di un
artista/artigiano, che dipinge storie per immagini dedicate al dandy
contemporaneo, chic, alternativo, estroso, infaticabile flâneur del proprio
tempo. Infine, da Z2O di Sara Zanin Paolo
di Landro ha allestito un laboratorio in progress insieme a Miltos Manetas. Spazi di condivisione
eccentrica, nei quali si sono inventati speciali tragitti per esploratori del
presente, in cerca di identità e di direzioni, come di abiti, forme, segni,
stili, outfit.
A chiudere il percorso, lo special event allo Spazio Innocenzo
X, dove l’artista Sissi ha
tracciato una bozza autobiografica utilizzando un catalogo di abiti indossati,
manipolati, trasformati: due proiezioni, “Archivio Addosso” e “Archivio
Onme“, hanno attinto a un repertorio personale che va dal 1998 al 2010.
E per i più esigenti, sempre
nell’ambito di Artisanal Intelligence, è stata pensata A.I. Fairfuture, un’incursione nel mondo della tecnologia.
Grazie all’applicazione della piattaforma Arduino, dieci prodotti di alto artigianato sono stati presentati in modo
contemporaneo, in un geniale incontro di tradizione e innovazione. La
ricetta vincente? Essere on-line, ma
restituire qualità tattile e dettagli dei prodotti, stabilendo confronti utili
tra marchi diversi e promuovendone la vendita. Fotografia rotante, angolazioni molteplici, altissima definizione,
interattività, gestione di luci e ombre: un sistema hi-tech efficace, che ha sfruttato
il potere della rete e la potenza comunicativa delle immagini digitali. L’ideale,
in un momento in cui l’e-commerce – con i suoi costi modici e la sua diffusione
capillare 2.0 – rappresenta una concreta possibilità di sviluppo per chi vive
di creatività e mercato.
Un percorso innovativo con cui
valorizzare l’eccellenza e il saper fare italiano, senza perdere di vista il
radicamento con la tradizione e puntare con sempre maggiore consapevolezza al
futuro.
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