lunedì 7 gennaio 2013

PEOPLE_Domenico Caraceni e il culto della sartoria maschile






Domenico Caraceni (1880-1939) è un sarto italiano e, di buon grado, è considerato, insieme a Ciro Giuliano, una delle figure chiave per quanto concerne l’abbigliamento maschile inteso nella sua storia ed evoluzione. Un’abilità la sua, ereditata dalla famiglia, vista l’appartenenza a una delle più celebri dinastie sartoriali del Belpaese. Il padre Tommaso non si era mai mosso da Ortona a Mare dove era nato e dove aveva ereditato la bottega nella quale aveva lavorato sin ai primi del ‘900, coadiuvato da molti dei suoi tredici figli - Domenico e Augusto (detto Agostino) in testa -, ai quali aveva tramandato l’arte e l’amore per la sartoria. Proprio in quella bottega arrivarono gli abiti inglesi del concittadino Francesco Paolo Tosti, confezionati per il compositore italiano dallo stesso sarto della londinese Savile Row che vestiva Edoardo VII, re d’Inghilterra e simbolo per antonomasia d’eleganza. Le romanze di Tosti avevano incantato la regina Vittoria tanto da nominarlo maestro di canto alla corte inglese, soffiandolo al Quirinale e ai Savoia. Una volta giunto nella terra d’Albione, il musicista sapeva quanto poteva essere un tesoro un abito usato nell’Italia dell’epoca: da qui la decisione di inviare a parenti e amici giacche e abiti smessi. Questo comportava l’esigenza di stringerli, rimetterli a modello, rendere più esili le maniche, allungare i pantaloni. E così, gli abiti del paesano Tosti, in seguito nominato baronetto, finivano nella sartoria dei Caraceni. Domenico con amorevole dedizione li scuciva e li smontava interamente, studiandone il taglio, i punti e la tecnica. L’Inghilterra, considerata a ragion veduta la patria della sartoria maschile, divenne così la scuola per Domenico Caraceni, che s’impossessò dei suoi segreti, combinando quella tecnica spiccatamente inglese – affinata dallo studio di numerosi trattati – a quella italiana, che tendeva a essere più complicata e ricca di punti. A questa ricetta miracolosa, aggiunse una sana morbidezza mediterranea, modificando in sostanza il tracciato sartoriale britannico che vuole vestiti rigidi, un po’ sullo stile uniforme militare. Da qui, è divenuta abitudine affermare che un Caraceni abbia la leggerezza di un fazzoletto. Domenico, consapevole del suo lavoro e convinto di aver inventato qualcosa di nuovo, decise di depositarne il brevetto cui fu affidato il numero 28642. Ecco l’inizio di una storia. Di quella storia che ha dato vita alla scuola abruzzese, distinta da quella napoletana decisamente più marcata ed esasperata.
Nel 1933 Domenico decide di trasportare tutto quello che ha imparato e messo in pratica in un libro: nasce così il trattato Orientamenti nuovi nella tecnica e nell’arte del sarto. Per realizzarlo, crea una sorta di parallelismo con gli architetti razionalisti o funzionalisti che dir si voglia: nulla di strano dal momento che questi vestono la terra, mentre i sarti gli uomini che camminano sulla terra. Senza ombra di dubbio, il grande plauso da riconoscere a Caraceni consiste nell’aver avuto un sorprendente intuito del senso del tempo: pioniere nel suo campo, per primo intravide la necessità di studiare e realizzare forme e tagli che mettessero a proprio agio chi le indossava, agevolandoli nei movimenti e rendendo tutto molto più fluido e dinamico. Basta vestiti armature! Largo spazio, invece, a creazioni in sintonia con la persona, che ne enfatizzino i tratti e la interpretino, garantendo, al contempo, il massimo confort e la più autentica disinvoltura, e divenendo un tutt’uno con essa.
Morbidezza, leggerezza e flessibilità erano le qualità della sua lavorazione. In altre parole, la quintessenza della semplicità. 


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