Inutile ogni presentazione per Vogue,
il mensile di moda, fondato nel 1892 a New York da Arthur Baldwin Turnure e,
nel 1909, divenuto di proprietà della Condé Nast, imponendosi nei decenni del
XX secolo come una delle più prestigiose e autorevoli testate al mondo.
La copertina
è sempre stata uno dei temi cruciali intorno al quale la rivista ha concentrato
sforzi e professionalità, avvalendosi della collaborazione dei più grandi nomi
della fotografia internazionale e aprendo così le porte a un fenomeno del tutto
nuovo. Essa diviene il canale attraverso il quale
attrarre l’attenzione dei potenziali lettori: da qui, l’importanza di
realizzarla a dovere, senza lasciare nulla al caso, ma, al contrario,
meravigliando ogni volta il pubblico con spirito critico e una comunicazione
d’impatto, in grado di suscitare interesse e curiosità, di rimanere impressa
nella memoria e divenire un oggetto da collezione.
Tra il 1892 e
il 1909, quando Vogue era una gazzetta per l’aristocrazia newyorchese, le copertine
utilizzavano in modo del tutto casuale fotografie, illustrazioni e stampe. Non vi era uno studio accurato dietro la sua realizzazione: bisognerà,
infatti, aspettare l’avvento della Condé Nast perché le copertine subiscano un
importante cambiamento. D’un tratto, esse diventano il canale principale e
privilegiato per entrare in contatto con i lettori. Il nuovo editore
comprende la loro importanza per la vendita, decidendo così di creare uno stile
immediatamente riconoscibile. Condé Nast da subito impone copertine a colori e
disegni, non fotografie, limitando il numero di artisti impiegati per le
illustrazioni al fine di rendere più semplice per i lettori identificare la
rivista. Decide, inoltre, di incorporare la parola “Vogue” nel design,
eleggendo la rivista a vetrina d’eccellenza per l’espressione artistica
d’avanguardia. A questo proposito, si avvale della collaborazione di
talenti emergenti dell’Ecole Nationale des Beaux-Arts di Parigi, che fanno
parte dei nuovi movimenti artistici, primi su tutti il Cubismo e l’Art Déco. Tra
i principali nomi ingaggiati da Nast, figurano George Lepape e Eduardo Garcia
Benito. Attraverso le copertine, Vogue esprime e promuove ogni tendenza
artistica intrinsecamente valida, caratterizzata da quell’intangibile qualità
che distingue tutti i contenuti della rivista.
Nei primi
anni ’30, il dominio degli artisti francesi sulle copertine subisce un
appannamento, complice uno stile che non permetteva il riconoscimento degli
abiti indossati dalle donne raffigurate. Comincia così ad essere adottata una
tendenza più fotografica, con illustrazioni ricche di dettagli. Fra gli artisti
più adatti a questo tipo di cifra stilistica figurano Harriet Messerole,
Douglas Pollard, William Bolin, Jean Pagès, Christian Bèrard e Carl Erikson. Quest’ultimo, che amava firmarsi Eric, da molti è ritenuto il
principale rappresentante del periodo di transizione tra l’Era
dell’Illustrazione e l’Era della Fotografia nelle copertine della
rivista.
Il 1° luglio
1932 rappresenta una data emblematica per Vogue, che mostra in copertina una fotografia
a colori di Steichen, raffigurante una ragazza in costume. Un avvenimento che segna in maniera decisiva il futuro della rivista,
imprimendo la svolta verso un cambiamento graduale: le copertine da quel
momento in poi, vengono guidate nella loro realizzazione dall’intuito
dell’editor, che cerca il modo più efficace per attrarre l’attenzione del
pubblico contemporaneo. La fotografia diviene sempre più un valido alleato
su cui poter contare, complice l’incremento delle vendite dovute al suo
utilizzo: nel 1938 sono pubblicate otto copertine con fotografie a colori; nel
1939 il numero sale a dodici, la metà delle copertine annuali. Le donne
ritratte sono particolari e identificabili nel loro stile, caratterizzato da
abiti di famosi stilisti: rendono così il legame tra Vogue e il commercio
sempre più inscindibile. Fino agli anni ’60, le modelle ritratte
trasmettono fascino ed eleganza, sono immortalate in un comportamento
aristocratico da perfetta padrona di casa, con un’ottima posizione sociale. In
seguito, complice l’emancipazione femminile, le modelle rappresentano donne
libere, sensuali, meno orientate verso il romanticismo e l’atmosfera di casa di
lusso, ma più rivolte all’espressione della propria identità. Il volto
della modella è ritratto con particolare attenzione agli occhi e alla bocca. Lo
sguardo è sempre rivolto a favore dell’obiettivo e le labbra danno un tocco
sensuale all’immagine. Il trucco e la pettinatura assumono un’importanza
fondamentale e l’art-director, gradualmente, si ritaglia un ruolo sempre più di
spicco nella messa a punto di copertine emblematiche, dall’effetto immediato. L’immagine
in primo piano si afferma definitivamente quale primaria cifra stilistica delle
copertine di Vogue. Secondo la formula “guardami negli occhi”, così
definita da fotografi ed editor, il volto della modella riempie quasi tutta la
copertina, gli occhi sono grandi e le labbra sempre sorridenti, la bellezza
femminile diviene protagonista assoluta. A completamento, le titolazioni degli
articoli contenuti nel numero.
Con l’epoca
Anna Wintour, i primi piani dei volti vengono sostituiti da immagini a figura
intera, che mettono in risalto abiti e accessori indossati dalle modelle,
caratterizzate da un’aria moderna e naturale, tale da far immedesimare le
lettrici.
L’attenzione
si è quindi spostata dalla bellezza tout court allo stile più propriamente
detto, complice un’evoluzione lenta ma inevitabile
della società che, dapprima, chiedeva l’identificazione precisa di una semantica
estetica e, poi, la codificazione dell’eleganza, declinata nelle sue note più
autentiche. Qualunque sia l’impostazione, però, nulla cambia per il valore
intrinseco della rivista: seguire le tendenze sociali, culturali e di
costume per condividerle con i suoi lettori e suggerire, nei limiti del
possibile, significati, interpretazioni e visioni.
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