Collier
di rubini e diamanti da legare a sciarpetta attorno al collo, maglie d’oro
finemente lavorate con chiusura a zip, preziosissime libellule a simboleggiare
la libertà, sequenze di quadrifogli realizzati nei materiali più pregiati a
costituire inconfondibili parures. Queste e molte altre sono le creazioni della
gioielleria parigina Van Cleef & Arpels, fondata nel 1906 da Alfred Van Cleef (1873-1938) e dai cugini Charles,
Julien e Louis Arpels.
La
sede principale era – ed è tuttora – in Place Vendôme,
ma nel giro di pochi anni è stata affiancata dai negozi di Nizza, Deauville,
Vichy, Cannes e, più tardi, New York e Montecarlo: città simbolo di un
autentico bien vivre.
Negli anni ’20,
la Maison si apprestò a interpretare lo stile orientale e neo egizio che tanto
ammaliava i salotti bene dell’alta società francese. Fu di quest’epoca (1923), inoltre, il primo orologio su braccialetto di pelle, in oro bianco e o giallo.
Tuttavia, furono gli anni ’30 a delineare il carattere
fondato sulla creazione di gioielli
innovativi, realizzati con un tipo di montatura mai utilizzato prima d’allora:
il serti invisibile. Questo escamotage tecnico, che consentiva di presentare le gemme senza lasciar intravedere il metallo
sottostante, diede inizio a una produzione giocata soprattutto sui modelli d’ispirazione floreale – rose,
camelie, crisantemi, foglie d’edera – e animalier. Risale alla stessa epoca
l’invenzione del bracciale Ludo Hexagone, costruito su maglie
geometriche a forma di casella d’alveare. Apprezzatissime
anche le clips, tra cui le celeberrime Passe-partout
(1938), da indossare separatamente sul rever della giacca o, insieme,
montate su collier chaïne-serpent.
L’aspetto patinato e le frequentazioni glamour della Maison furono
merito di Louis Arpels, introdotto negli ambienti altolocati e nel jet set
dell’epoca. Il marchio condivise la
scena con principi e sovrani, come il principe Don Antonio d’Orléans e il Gran Duca Dimitri negli
anni ‘20, la principessa di Faucigny Lucinge, il barone Thyssen, la duchessa di
Windsor e il duca di Westminster negli anni ‘30, le regina Nazli e il re Farouk
d’Egitto, il barone James di Rothschild, le contesse di Rohan Chabot e
d’Harcourt negli anni ‘40, la principessa di Réthy, il re Baudoin del Belgio,
la principessa von Turn und Taxis, la marchesa di Cuevas, la regina Sikirit di
Thailandia negli anni ’50 e, nei decenni successivi, il barone Guy di
Rothschild, la principessa del Galles, il principe Rainieri e la principessa
Grace di Monaco, la famiglia dell’Aga Khan. Numerose, inoltre, le apparizioni “da grande schermo”, al collo di
attrici icone del calibro di Madeleine Carroll, Michèle Morgan, Marlène
Dietrich, Ava Gardner, Audrey Hepburn, Sophia Loren, Liz Taylor, Claudia
Cardinale, Romy Schneider, Brigitte Bardot, Catherine Deneuve, Charlotte
Rampling, Chiara Mastroianni, Sharon Stone, Kristin Scott Thomas, Julia
Roberts, Uma Thurman, Zhang Ziyi, Carole Bouquet, Diane Kruger, Scarlett
Johansson, Sofia Coppola, Evangeline Lilly.
Si aggiunsero, poi, numerosi cantanti quali Zizi Jeanmaire, Maria Callas,
Lili Pons e, più recentemente, Annie Lennox, Mariah Carey, Madonna, Sheryl
Crow, ma anche donne eccezionali
quali Florence Jay Gould, Barbara Hutton o Jacqueline Kennedy.
Van
Cleef & Arpels ha sempre coniugato il culto estetico con la ricerca di
soluzioni innovative, che lasciassero il segno nella storia del gioiello,
facendo del marchio stesso una garanzia in termini di eccellenza produttiva e
creativa. Sensibile nel captare le suggestioni offerte dalle tendenze del gusto
e dai fatti dell’attualità, la Maison
lanciò gioielli unici nel loro genere, ancora oggi inconfondibili, come la
collana zip (o “fermeture éclaire”),
ispirata alla cerniera lampo, e il collier “coriphée”, composto da una serrata
fila di ballerine in oro con tutù di brillanti.
Negli anni ’50 fu la volta della
lavorazione a merletto del filo metallico intrecciato, ritorto, godronato. Nacquero
così le clips a cristaux de neige.
La Maison lasciò la sua cifra stilistica
anche con riferimento agli accessori preziosi: le sue minaudières degli anni
’20, borsette da sera in veste di astuccio in oro e gemme (nobili antesignane
delle contemporanee clutches), sono ancora oggi famose oltre che essere dei
veri e propri cimeli.
Negli
anni, fedele allo spirito fondatore, ha
cercato per i suoi gioielli e le sue mirabili creazioni pietre preziose
dall’eccellente qualità in termini di lucentezza e purezza, sublimandole con un’incastonatura
unica e artistica. Van Cleef &
Arpels si è spesso aggiudicata pietre eccezionali, come il diadema di Maria
di Serbia o la Walska Briolette (un diamante giallo di 95 carati), la Thibauw
(un rubino birmano di 26,13 carati) o un insieme di tre smeraldi barocchi
(rispettivamente di 127,45, 53,22, e 48, 48 carati). Grazie all’infinito senso
estetico e alla minuziosa lavorazione, ha
saputo valorizzare pietre meno rare ma altrettanto stupende come le acque
marine, i granati mandarini e la rubellite. Sue e soltanto sue, inoltre, le rivisitazioni inattese di materiali
insoliti come la Madre Perla (collezione New Alhambra, 1968 e 2001) e la lacca
(clip Papillon, 2004).
Passata negli anni anche al settore orologiero e
profumiero, la Maison attualmente è guidata dalla terza generazione Arpels che
detiene il 20 per cento delle azioni, mentre nel 1999 il 60 per cento è stato
acquistato da Cartier.
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