Il fascino discreto del made
in Italy. L’eleganza sofisticata dell’artigianalità che trova realizzazione in
capi unici, frutto di un estro visionario e di un’abilità manuale senza eguali.
L’inconfondibile cifra stilistica di una tradizione creativa che unisce
sapientemente classicità e innovazione, rigore manifatturiero e vocazione sperimentale,
cura per il dettaglio, ricercatezza formale e cultura iconografica. Nulla viene
lasciato al caso: ogni particolare è frutto di uno studio meticoloso, di
pensieri e suggestioni che racchiudono precisi significati e valori. Si tratta
della moda italiana che tutto il mondo guarda con ammirazione e reverenzialità,
quintessenza di spirito imprenditoriale, qualità artigianale ed emozione
artistica.
Emblematica, in tal senso,
l’ultima sfilata di Valentino nella Ville Lumière: una
collezione autunno/inverno 2013 che rappresenta un vero e proprio gioiello, sia
in termini di qualità che d’identità. Quella stessa identità della moda
italiana che sa imporsi con garbata determinazione su ogni palcoscenico
internazionale, facendo grande il nome del nostro Paese ed esportando, con
esso, tutti i valori unici ed inestimabili che nel tempo ne hanno tracciato in
maniera indelebile il profilo.
Ad ispirare la coppia creativa della Maison – Maria Grazia
Chiuri e Pier Paolo Piccioli – l’arte e, in particolare, la pittura fiamminga
secentesca. Un
omaggio a Jan Vermeer e alle scene d’interni a cui la collezione
restituisce un’anima, complice la sapiente posologia di geometrie,
atmosfere, preziosità decorative. Un
equilibrio sospeso tra luce e penombra, tra severità ed eleganza, che rilegge
in modo fedele gli slanci creativi del pittore e li reinterpreta secondo i
canoni contemporanei.
Esili creature virginali scivolano leggere – quasi eteree –
lungo la passerella, con i volti incorniciati da morbide trecce: calate in una dimensione
atemporale, sembrano appena uscite dalla tela o pronte ad entrarci,
immaginifica commistione di una seduzione metropolitana e di una ricercatezza
d’epoca. A completare una simile magia,
tagli eccellenti, linee essenziali, ma sinouse, e una femminilità d’antan,
tripudio di grazia regale.
Lo stile Valentino sfila inconfondibile, fiero della perfezione
delle sue architetture sartoriali e, al tempo stesso, dell’equilibrio dei
dettagli e della classicità dei filati pregiatissimi. I tessuti evocano le
stanze incantate di Vermeer, complici i bouquet
floreali disegnati nelle tonalità dei blu oltremare e dei porpora sfarzosi.
Un’estasi enfatica, resa tale anche
dalle stole d’ermellino, dalle cappe e dai mantelli. I bustier, invece, sono cesellati come gli intarsi delle vecchie
argenterie o come i damaschi borghesi; gli abiti-vestaglia coprono la
silhouette per intero: quelli neri e austeri, riportano alla mente
atmosfere di conventi o collegi, anche e soprattutto per l’utilizzo bon ton di
colletti inamidati e di polsini severi, mentre quelli blu, bianchi, rossi e
celesti, impalpabili e vaporosi come nuvole, si contraddistinguono per la
minuzia dei ricami e l’essenzialità dei modelli.
Tutto appare retrò e contemporaneo al tempo stesso. Unico grande
assente della collezione, nonostante protagonista indiscusso della tavolozza
cromatica di Vermeer, il giallo. Non un errore e nemmeno una svista, bensì una libera interpretazione che ha voluto
prediligere l’anima autentica del pittore, dando ampio spazio al decoro e al
cesello anziché alle giustapposizioni cromatiche. Le oscurità e i mezzi
toni prendono così il sopravvento sulle concentrazioni radiose, così come la
sapienza costruttiva su quella luministica, in un gioco romanzato di
suggestioni, che dosano arte e moda nella migliore resa possibile.
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