giovedì 18 aprile 2013

PEOPLE_Norman Parkinson e il realismo in movimento














Norman Parkinson: il fotografo e gentleman inglese che ha cambiato il modo di vedere e raccontare la moda e le donne. Questo, in sintesi, lo spirito emblematico dell’opera stilistica di Parkinson. A lui va il plauso d’aver liberato la figura femminile, permettendole di muoversi all’interno dello spazio fotografico. Fino ad allora – si parla degli anni ’40 – era buona norma che le modelle stessero ferme su uno sfondo statico. È lui il primo a svincolarsi da questo dictat, preoccupandosi, in prima istanza, di chi fossero realmente le donne immortalate e cosa andassero a rappresentare e mettendo in secondo piano  come avrebbero dovuto apparire secondo i canoni dell’epoca. Pertanto, le sue fotografie e le protagoniste di esse, divengono un segno dei tempi. Le sue non sono immagini alla moda, bensì narrano di persone reali che si muovono al loro interno: l’abito diventa così elemento di contorno e la fotografia assume un nuovo ruolo sociale e narrativo, raccontando di un luogo, di un’epoca, di un’emozione. Un cambiamento stilistico – le modelle che si muovono – parallelo a quello sociale e culturale – l’emancipazione e la liberazione della donna nel XX secolo.
Parkinson inizia la carriera nel 1931, diventando apprendista presso i fotografi di corte Speaight and Sons Ltd. Tre anni dopo si mette in proprio, aprendo un piccolo studio a Mayfair, nel cuore di Londra, specializzandosi come fotografo di debuttanti. Nel 1935 inizia a scattare per Harper’s Bazaar e Queen, mentre nel 1940 per la versione inglese di Vogue, usando uno stile tutto suo: scatti realizzati con la luce naturale, che colgono nel vivo fuggevoli istanti della vita delle donne.
Fotografia dopo fotografia, entra a far parte della viva e attraente scena creativa londinese, familiarizzando con il movimento surrealista e con i trucchi visivi, spesso umoristici, che lo caratterizzavano. È così che in molti suoi scatti riecheggiano contraddizioni tipiche del surrealismo e degli esponenti più celebri: da Spring hats in Bath, che ricorda De Chirico all’immagine della modella in un bosco, con un abito rosa Lancetti e il famoso divano ispirato alle labbra di Mae West disegnato da Edward James con il benestare di Salvador Dalì.
Parkinson amava lanciarsi a capofitto nelle sue imprese, concretizzando le sue idee senza lasciare nulla per intentato. Nei suoi lavori trapela la concezione della fugacità del tempo, del fatto che in pochi istanti potesse svanire tutto e, quindi, della relativa capacità di coglierlo nella sua autentica essenza, riproponendolo in chiave illustrata, quasi ad immortalarlo nella sua fulminea eternità.
Nel 1964 decide di trasferirsi a Tobago, dedicandosi all’allevamento e alla produzione di una varietà di salsicce chiamate “Parkinson’s bangers” che spedisce a Londra. Si tratta, però, di un soggiorno breve, dal momento che Diana Vreeland in persona, divenuta l’anno prima fashion editor per l’edizione statunitense di Vogue, lo chiama a collaborare per la rivista. Parkinson riprende a pieno regime, divenendo negli anni ’80 una vera e propria icona dell’arte fotografica: i suoi scatti, ancora una volta, definiscono un’epoca. Animato dal suo stile inconfondibile, continua a fare il contrario di quello che vuole la moda, ossia controllare l’identità della persona. Parkinson la libera: di muoversi, di esprimersi, di lasciarsi contagiare e, a sua volta, di contagiare con irrefrenabile entusiasmo e, al tempo stesso, irrinunciabile concretezza. Come per l’arte di Martin Munkacsi, suo punto di riferimento sul finire degli anni ’30, anche per la sua vale la definizione di realismo in movimento: nulla è statico e tutto avviene in scenari vicinissimi alla realtà quotidiana di ogni essere umano. Nel corso della sua carriera stilistica, passa da ambientazioni pastorali, decisamente britanniche, a contesti urbani (complice il trasferimento a New York), fatti di grattacieli e macchine sfreccianti.
Nel 1981 diventa fotografo ufficiale della corte inglese e lo stesso anno la National Portrait Gallery di Londra espone mezzo secolo del suo lavoro nella moda.
Gentile ed eccentrico quel tanto che basta per creare un personaggio in linea con la sua vocazione interiore, Parkinson era un perfetto gentiluomo inglese: garbato ma determinato, ironico e divertente, ma, al tempo stesso, convinto della sua arte al punto da desiderare di sperimentare ogni dettaglio per una resa formale d’avanguardia.

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