giovedì 4 aprile 2013

ABOUT_Futurismo e moda







Arte e moda non sono due concetti antitetici, bensì la storia offre numerose testimonianze di floride e importanti contaminazioni, come nel caso del Futurismo. Filippo Tommaso Marinetti, padre del movimento artistico in questione, infatti, non solo evitò per tutta la vita di deplorare le insostenibili leggerezze della moda (abituale atteggiamento d’intellettuali e poeti), ma, addirittura, la assunse come il codice di comportamento ideale per gli artisti destinati davvero alla grandezza, invitati a rinnovare i loro modelli a ogni stagione proprio come i couturier francesi rinnovavano i loro. Se queste sono le premesse, non vi è da stupirvi se proprio nelle loro proposte di abbigliamento – complici personaggi del calibro di Balla, Depero, Prampolini, Thayaht - vi siano stati preziosi suggerimenti per il costume quotidiano del XX secolo.
Due su tutti i documenti – o meglio manifesti - che racchiudono un simile tesoro: il primo di Balla, Le vêtement masculin futuriste, 1914, del quale esiste la versione italiana Il vestito antineutrale; il secondo, Ricostruzione futurista dell’universo, 1915, firmato a quattro mani dallo stesso Balla e da Depero. In entrambi i casi si tratta di prove concrete, dimostranti come le abituali parole d’ordine futuriste – tra cui velocità e dinamismo – non possano che riflettersi direttamente nella moda di una stagione sempre più segnata da eventi drammatici e incontrollabili. In tal modo, il tanto celebrato vestito antineutrale, all’incombere della prima guerra mondiale, non poteva che essere interventista, colorato, fosforescente, igienico, gioioso, teutonico e via dicendo. Quello che si propugna, pertanto, è un abbigliamento comodo e funzionale (adatto anche in tempi di pace), che abbandoni il nero, il grigio e le mezze tinte, per portare lo slancio futurista nelle strade, nei salotti, a teatro. Non è un caso, infatti, se gli esempi più convincenti di un tale abbigliamento si troveranno proprio sul palcoscenico. D’altra parte, è anche vero che i più fedeli seguaci di Marinetti – assertori irriducibili di uno stretto rapporto tra l’arte e la vita - non potevano assolutamente limitarsi alla mera proposta ideologica. Le loro argomentazioni richiedevano di prove pratiche: pertanto, i bozzetti o anche i semplici discorsi nei caffè, diventavano le occasioni nelle quali enfatizzare il loro stile, fatto di squilibri e asimmetrie, come il solo antidoto ancora efficace contro il mediocre e conformista “buon gusto” della classe media borghese. E via allora di gilet sgargiantissimi tagliati in tessuti dal disegno inusuale; cravatte di metallo e lampadine trasformate in cravatte; giacche da sera con una manica tonda e l’altra quadrata; cappelli e copricapi di ogni foggia e dimensione; tute arcobaleniche a coni e losanghe ritagliate e messe insieme in stoffe diversissime l’una dall’altra, tecnica antesignana del moderno patchwork; scarpe spaiate anche nel colore e una quantità di accessori – i famosi “modificanti” – che bastava applicare qua e là con speciali “bottoni pneumatici”, a proprio piacimento, per cambiare in un attimo la stessa struttura dell’abito.
Una nozione di abbigliamento rivoluzionaria e anticonformista, che elogiava l’eccesso come unico codice vestimentario accettabile e mirava, al contempo, alla liberazione degli uomini, essendo stata la moda femminile “sempre più o meno futurista”, come si leggeva in un accattivante manifesto del 1920: una sorta di omaggio – tanto precauzionale quanto italiano – del figlio maschio del Futurismo alla mamma.
Dell’esperienza futurista nulla è andato perduto: la storia della moda narra come gli abiti siano stati ripresi negli anni dagli stilisti quale fonte d’ispirazione, rappresentando un vero e proprio stile nonché un codice di valori e significati da leggere e interpretare secondo i canoni contemporanei. Uno slancio sempre e comunque al futuro, al tempo che verrà, con quella stessa voglia di liberazione dai dettami imposti dalla società di ogni tempo.  

1 commento:

  1. Interessantissimo questo post, l'ho girato anche ad una mia amica che studia il futurismo e le sue implicazioni in vari ambiti (sapevi anche della cucina futurista?) In effetti è vero che dall'800 la moda degli uomini era diventata monotona e seriosa, capisco lo slancio nel volerla stravolgere più che quella femminile.

    Ho il piacere di annunciarti che hai ricevuto il mio premio "Liebster Award" per il tuo blog: vieni a ritirarlo e scoprire di cosa si tratta :)

    http://lemusedikika.blogspot.it/2013/04/liebster-award-un-premio-inaspettato.html

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