giovedì 26 aprile 2012

LEISURE_La Louis Vuitton Classic Run in Italia




Nella storia della Maison Vuitton, il tema del viaggio ha sempre avuto un ruolo fondamentale, diventando l’implicita ispirazione alla base dell’attività creativa e fulcro centrale nella costruzione della brand image.
Un tema che accompagna la storia di Louis Vuitton dagli esordi fino ai giorni nostri, passando per articoli dedicati a special event che celebrano in forma animata i valori del marchio con tutto il loro carico di prestigiosa esclusività.
Da ultima – ma solo per un semplice criterio di catalogazione temporale - la  Louis Vuitton Classic Run, la competizione di auto d’epoca di Louis Vuitton, che ha esplorato in questi anni le rotte su strada più suggestive del globo e ospitata in Italia dal 24 al 28 aprile, nell’evocazione più pura dell’eleganza di un viaggio sofisticato negli ameni contesti del nord del Belpaese.
Prestigiosa l’iniziativa così come la rotta: da Monte Carlo a Venezia, lungo un ideale itinerario congiungente queste due esclusive località, costellato di bellissime perle montane, lacustre e urbane. 43 straordinarie automobili – tra cui elegantissimi modelli d’epoca, sportive da collezionismo e un prototipo di Italdesign, la Giugiaro Brivido 2012 – provenienti dai 5 continenti, si sfidano per 1300 km percorrendo strade di montagna dai panorami mozzafiato sulle Alpi, eleganti vie cittadine e lungolago dai palazzi Belle Epoque, passando per le celebri Ville Palladiane della Riviera del Brenta per approdare in Laguna, la città magica per eccellenza, capace di riflettere l’immagine e il senso delle cose, emozionando con il suo gioco di superfici, equilibri e colori.
Alla tappa del 25 aprile a Stresa, seguono quella del 26 a Verona - dove le auto sono esposte nella Piazza dei Signori - e le due giornate del 28 e del 29 a Venezia, nel corso delle quali è possibile ammirarle sull'isola di San Giorgio.
L’arte di viaggiare con eleganza è un valore che la Maison condivide con il mondo dell’automobile fin dalle origini e per la precisione dal 1897, anno in cui Georges Vuitton – il figlio di Louis Vuitton – ha creato il primo baule per automobili della Maison, sviluppando a seguire intere collezioni di bauli, bagagli rigidi e cappelliere che ben si adattavano al nuovo modo di viaggiare. Senza dubbio, la più celebre è stata la Sacs Chauffeurs del 1905, un pratico baule con cui trasportare la camera d’aria della ruota di scorta nonché comoda cappelliera che poteva contenere fino a cinque cappelli da donna. Uno spazio femminile sul più maschile dei mezzi di trasporto dell’epoca!
E giusto per riallacciarsi a quanto detto in apertura, la passione della Maison per il tema del viaggio passa da sempre anche attraverso eventi speciali, per la precisione avventurose spedizioni. Louis Vuitton, infatti, è stato il partner delle incredibili esplorazioni dei fratelli Citroen, la Croisière Noire che nel 1924 ha attraversato l’Africa da Nord a Sud e la Croisière Jaune nel 1931, una delle prime spedizioni automobilistiche nell’Asia centrale, che la Maison ha equipaggiato di tutto punto con le proprie invenzioni da viaggio: bauli zincati, bauli letto, cassette per gli attrezzi, per il pranzo e per il pronto soccorso, solo per citarne alcuni.
Sulla scia di una simile tradizione e per rendere omaggio a queste memorabili avventure, l’ispirazione per l’organizzazione in tempi moderni delle Classic Run: un tributo al mondo delle automobili di lusso, ma anche allo spirito pioneristico della Maison. Nelle edizioni passate le Classic Run hanno percorso itinerari esotici e impegnativi: la lussureggiante giunga della Malesia e le piantagioni di gomma nella Vintage Equator Run del 1993, i vigneti e le storiche cittadine della Toscana nell’Italia Classica nel 1995 e nel 1997, le risaie e le montagne da Dalian a Pechino nella memorabile China Run nel 1998 e le antiche foreste di querce della Bohemia nella Boheme Run da Budapest a Praga via Vienna del 2006. Quest’anno la Louis Vuitton Classic Run ha scelto l’Italia per un rally unico, attraverso una regione del mondo che attira da sempre i viaggiatori grazie alla dolcezza del suo vivere e a quell’allure di bel mondo riscontrabile in ogni piccolo scorcio.

La Maison Louis Vuitton
Fondata a Parigi nel 1854, Louis Vuitton è sempre stata sinonimo dell’arte del viaggio. Gli iconici bauli e valigie della Maison hanno accompagnato incredibili viaggi attraverso i secoli. Fedele al suo spirito pionieristico, Louis Vuitton è costantemente all’avanguardia nell’arte, nell’architettura, nella moda e nel design. Con l’arrivo nel 1997 di Marc Jacobs, come Direttore Artistico, Louis Vuitton ha esteso il proprio savoir-faire al ready-to-wear, alle scarpe, agli accessori, agli orologi e gioielli, disponibili esclusivamente nel network di negozi in più di sessanta Paesi. Tradizione artigianale, stile, innovazione e sofisticazione si uniscono nell’universo Louis Vuitton per offrire un’inaspettata e completa esperienza di lifestyle.
Perché anche la vita quotidiana diventi un viaggio meraviglioso

martedì 24 aprile 2012

LEISURE_Balenciaga e Commes des Garçons in mostra a Parigi









Che cosa hanno in comune Cristóbal Balenciaga e Comme des Garçons, tripudio di eleganza sartoriale da un lato e innovazione concettuale dall’altro? Tutto e molto altro ancora se si parte dal presupposto che sono protagonisti di due mostre simultanee allestite presso la Cité de la Mode et du Design, building parigino di nuovissima accezione recentemente aperto al pubblico e che per l’occasione ha allestito per l’appunto queste due esposizioni. Due geni, cifre stilistiche di contesti ed epoche diversi, ma riuniti da un’ingegnosa e singolare creatività: il gran maestro della couture da una parte e l’estro lungimirante e avveniristico dall’altra, sintesi emblematica in entrambi i casi di un’immaginazione visionaria che, in modi differenti, ha codificato il savoir-faire e lo stile in forme, tagli e volumi.
La mostra dedicata a Cristóbal Balenciaga (1895-1972) conta 70 costumi e oggetti d’abbigliamento raccolti dallo stilista lungo il corso della vita e per lui fonte inestimabile d’ispirazione. Una collezione magnifica e unica che include corsetti, boleri in velluto e mantelli del XVIII, XIX e XX secolo è esposta a fianco di quaranta abiti e cappotti haute couture creati da Cristóbal Balenciaga tra il 1937 e il 1968. Abiti ma non solo…a rappresentare lo stile di vita e il profilo attitudinale dello stilista, accessori, fotografie, disegni, bozzetti e libri d'arte a lui appartenuti, per un insieme espositivo concepito come una sorta di conversazione tra creazione e patrimonio culturale, summa esplicativa della passione di Balenciaga per la storia in senso lato.
Al couturier il merito non indifferente di aver liberato le donne dai corsetti, vestendole con abiti trasformati e innovati nella loro essenza per merito di una sorta di ricetta magica che ha rivisitato le forme e i tagli, ridefinendo la silhouette, ampliando le spalle e eliminando il pinto vita. Mademoiselle Chanel l’ha descritto come uno dei rari designer nella storia della moda ad aver utilizzato le mani per disegnare, tagliare e cucire i suoi modelli. Complice senza ombra di dubbio questa innata abilità manuale - sapientemente dosata alla capacità di spingersi oltre la semplice funzionalità estetica di un modello - nel 1955 disegna l’abito tunica, trasformato nel 1957 nella famosa robe chemisier. Nel 1959 raggiunge la consacrazione nell’Olimpo dei divini grazie alla linea Impero che propone abiti a vita alta e cappotti tagliati come kimoni. Dalla purezza elegante delle linee all’haute couture il passo è breve: le sue creazioni degli anni ’60 sono veri e propri capolavori scultorei, frutto di una sartorialità maturata negli anni e di un’attenta dedizione riposta nello studio della perfezione formale. Un destino per così dire tracciato quello di Balenciaga, che comincia a respirare aria di moda in famiglia, in particolare per merito della madre sarta. Da bambino sogna di disegnare abiti per l’alta società. Un sogno che diventa ben presto realtà, quando durante l’adolescenza incontra la Marchesa de Casa Torres, sua prima cliente e mecenate, che lo manda a Madrid a formarsi in sartoria. Il successo è quanto mai rapido: nel 1919 apre una boutique a San Sebastiàn, a cui seguono i negozi di Madrid e Barcellona. I suoi modelli classici ed essenziali incontrano i gusti della monarchia spagnola e dell’aristocrazia, tanto che la Regina Fabiola del Belgio, la principessa Grace di Monaco e la duchessa di Windsor diventano ben presto sue clienti. Al suo lavoro – quintessenza di eleganza e purezza - s’ispirano stilisti del calibro di Oscar de la Renta, André Courrèges, Emanuel Ungaro e Hubert de Givenchy. Nel 1937 è la volta di Parigi: la Maison apre su avenue George V.
Dal nero essenziale di Balenciaga al bianco glaciale della giapponese Rei Kawakubo, stilista di Comme des Garçons, per incontrare lo stile minimalista avanguardistico del secondo protagonista in mostra. White Drama il titolo dell’esposizione, che vanta l’ultima collezione primavera-estate al completo: modelli monocromatici dominati dal bianco puro, colore-non colore declinato in tutte le sue sfumature a traduzione cromatica delle diverse fasi della vita. Ecco quindi sfilare fluide la nascita, il matrimonio, la morte e la trascendenza in un’installazione creata dalla designer stessa. 40 anni di attività alle spalle fanno di Rei Kawakubo uno fra i talenti contemporanei più originali. Numerosi i riconoscimenti ottenuti tra cui un dottorato honoris causa dal Royal College of Art di Londra.
Cristóbal Balenciaga e Rei Kawakubo: due universi, due cifre stilistiche, due visioni con cui approcciarsi allo stesso modo alla moda. Diversi nelle forme, sono però legati dal disinteresse per le ultime tendenze. Balenciaga in un modo e Rei Kawakubo in un altro, hanno sempre seguito le loro intuizioni, spingendosi oltre la temporanea e fulminea interpretazione di un semplice dictat; hanno scavato a fondo per trovare ed esprimere i veri contenuti della moda, nella ricerca di uno stile eterno, senza tempo, intramontabile e unico, inconfondibile anche a un semplice sguardo.

Cristóbal Balenciaga - Collectioneur de Modes
Comme des Garçons - White Drama
Cité de la Mode et du Design - Paris
Dal 13 aprile al 7 ottobre 2012

lunedì 23 aprile 2012

PEOPLE_Emilio Pucci: il marchese del colore








Avvicinatosi occasionalmente alla moda, apprezzato prima negli Stati Uniti che in Italia, Emilio Pucci appartiene a tutti gli effetti alla generazione di creatori di moda che traggono dal passato la propria fonte d’ispirazione. Eppure, come confermano i brevetti conservati dall’Archivio centrale dello Stato, le sue creazioni sono un condensato d’innovazioni, e non solo, per la sua capacità di reinterpretare il passato in chiave moderna, ma soprattutto perché aprono una breccia nel rapporto fra moda e industria, lasciandosi alle spalle il tradizionale approccio alla realizzazione degli abiti. Mentre negli atelier è prassi diffusa partire dai modelli per poi selezionare i tessuti con cui realizzarli, il punto di partenza di Pucci nella creazione delle sue collezioni è l’effetto grafico della stampa e la sua resa nei modelli.
Una delle caratteristiche più evidenti delle creazioni di Pucci è l’utilizzo del colore e l’accostamento di tinte contrastanti, che distolgono l’attenzione dalla semplicità dei capi di abbigliamento – pantaloni e camicie di foggia maschile, imitando i contrasti cromatici degli edifici simbolo di Firenze. Tra le più celebri, la collezione Palio: i disegni, realizzati da Pucci o da pittori fiorentini sulla base dell’elaborazione delle sue idee e dei suoi spunti, vengono ingranditi per essere riprodotti sui foulard di seta e colorati in diverse varianti di colore per ciascun disegno. Gli stessi disegni vengono poi scomposti e ricomposti per essere adattati alle dimensioni del tessuto, che cambia in funzione del suo utilizzo. Attraverso questo processo, da un solo disegno originario si possono ottenere effetti grafici e cromatici molto diversi a seconda che dal tessuto si ricavino costumi, pantaloni, camicie o shorts.
Emilio Pucci, marchese di Barsento, nasce a Napoli il 20 novembre 1914, primogenito di una delle più antiche famiglie fiorentine. Dopo gli studi classici, si trasferisce per due anni negli Stati Uniti per studiare prima ad Athens, in Georgia, e in seguito al Reed College a Portland, in Oregon, dove ottiene la laurea in Scienze sociali. Nel 1938 si arruola come ufficiale nell’aviazione italiana e nel 1941 consegue la laurea in Scienze politiche a Firenze. Il suo approccio alla moda avviene in modo del tutto casuale nel 1947 sulle nevi di Zermatt, dove è solito allenarsi con la squadra olimpica. Toni Frissel, nota fotografa di Harper’s Bazaar, lo immortala insieme ad un’amica per la quale ha creato un corredo da sci.
Il successo è immediato e, un anno dopo, nel dicembre del 1948, viene pubblicata sulla stessa rivista la sua prima collezione sportiva. I suoi modelli sono subito acquistati dal department store Lord and Taylor e commercializzati negli Stati Uniti con l’etichetta Emilio of Capri. La stampa e il mercato americani riservano una grande accoglienza ai vestiti pratici e comodi di Pucci. Nel 1949, a Capri, il marchese disegna una collezione mare, impostata sui toni del bianco e del nero, realizzata con seta stampata dal setificio Guido Ravasi di Como. Un trionfo che lo induce nel 1950 ad aprire una boutique alla Canzone del Mare di Marina Piccola, e un atelier nel palazzo di famiglia a Firenze. Nel 1951, prende parte alla sfilata organizzata da Giovanni Battista Giorgini a Firenze, alla presenza dei più importanti buyer americani. Da quel debutto è sempre presente alla manifestazione fiorentina fino al 1967, anno in cui preferisce continuare a sfilare nella propria sede di via dei Pucci. Dai primi anni Cinquanta, la sua tavolozza di colori si fa più audace: camicie, pantaloni, foulard, abiti stampati diventano i leitmotiv della produzione boutique, novità assoluta nel panorama internazionale, tanto da procurargli nel ’55 il premio Oscar della Moda dalla Neiman Marcus come migliore creatore dell’anno. Celebri diventano la sua collezione Siciliana del ’56 e quella ispirata al Palio di Siena del ’57.
Fin dall’inizio della sua attività mostra interesse per la sperimentazione sui materiali: nel ’53, con la Legler, produce velluti artificiali e sintetici per pantaloni sportivi e, nello stesso anno, in alleanza con il cotonificio Valle Susa, presenta il wally pliss stampato. Nel ’54 diviene celebre un nuovo jersey in organzino di seta finissimo, realizzato dalla Mabu di Solbiate e dalla Boselli di Como per la confezione di capi ingualcibili e dal minimo ingombro, ideali per la donna moderna. Nel ’60 brevetta un particolare tessuto elastico chiamato “Emilioform”, comodo e leggero, composto da helanca e shantung di seta. Sono di questo tessuto i suoi pantaloni Viva, con passanti sotto il piede e le sue note Capsule di eco spaziale. Sotto un’influenza sempre più spiccata per l’Oriente, nel ’62, propone la prima collezione di Alta Moda, contraddistinta dalla preziosità dei materiali e dalle lavorazioni di ricamo in cristalli Swarovski applicati a mano per modelli che ricordano i pigiama palazzo tanto in voga.
Gli anni ’60 sono gli anni della “Puccimania”, i suoi stampati psichedelici diventano uno status symbol, le sue collezioni s’ispirano alla Pop Art, all’Op Art ma anche alle suggestioni esotiche dei suoi viaggi. È del ’66 il suo primo profumo Vivara, seguito da Miss Zadig (’74) e da Pucci (’77), mentre è del ’68 la decisione di lanciarsi anche nella moda maschile, firmando un accordo con Ermenegildo Zegna. Inventore del total look ante litteram, Pucci ha firmato licenze per accessori e oggetti di ogni genere: dalla lingerie per la Formit alla porcellana con Rosenthal, dai tappeti per la Dandolo Argentina alle penne per la Parker, dalle spugne Springmaid per Spring Mills, alla linea di uniformi per le hostess delle compagnie aeree Brantiff e Qantas, fino alla realizzazione della Ford Lincoln Continental Mark IV e della Vespa Pucci. Nel ’71 gli viene chiesto di disegnare il logo per la missione spaziale Apollo 15 per la Nasa.
Dagli anni ’80 lo affianca nell’attività creativa la figlia Laudomia. Gli anni ’90 segnano vedono protagonisti suoi stampati di un vero e proprio revival, che porta la sua moda a una nuova consacrazione.

giovedì 19 aprile 2012

ABOUT_La rivoluzione della moda













Oggigiorno siamo abituati a due appuntamenti annuali con le presentazioni delle collezioni primavera/estate e autunno/inverno. A questi si assommano i lanci delle pre-collezioni, delle linee cruise, o ancora di speciali capsule collection nate spesso dalla collaborazione di guest star designer che one shot hanno collaborato con una o l’altra maison. Non mancano poi le linee dedicate o tributo a un particolare anniversario o a una memorabile icona glamour che per il passato della griffe significano ed evocano molto più di un semplice must have, assurgendo alla rappresentazione simbolica di un vero e proprio pezzo di storia.
Questo è oggi…ma come è nata la moda nel mondo - e soprattutto in Italia - concepita nel senso che in un certo qual modo intendiamo ancora noi?
Internazionalmente parlando, nel corso degli anni ’50 due giovani talenti creativi s’impongono sulla scena dell’haute couture parigina: Pierre Cardin e Yves Saint Laurent. Il primo – italiano di nascita ça va sans dire - ha rivoluzionato l’Alta Moda con l’introduzione di linee geometriche e l’utilizzo di nuovi materiali – come il vinile del suo space lookfino ad allora considerati sacrileghi: segnali di svolta che hanno portato l’intero sistema a rivisitare l’interpretazione del concetto - e quindi del ruolo - dello stilista. Spirito dissacrante e ribelle, poco incline al rispetto delle classiche regole comportamentali, è il primo a lavorare per i grandi magazzini, a produrre una propria linea di prêt-à-porter, a estendere la politica del licensing all’abbigliamento pronto, suscitando la reazione della Chambre Syndicale de la Couture Parisienne che addirittura provvede con l’espulsione. Il secondo – Monsieur Saint Laurent – nel 1958 inizia la sua carriera chez Dior con un esordio del tutto particolare: la linea trapezio. Vestiti al ginocchio, a forma di sacco, stretti in alto e svasati verso il basso.
In Italia una data ha segnato la svolta nel campo della moda: 12 febbraio 1951. Giovanni Battista Giorgini organizza nella propria residenza fiorentina – Villa Torriggiani – una sfilata-evento alla quale partecipano buyers americani e giornaliste delle principali testate nazionali. Sulla passerella sfilano creazioni sartoriali esclusivamente italiane di alcune tra le più importanti casa di moda fiorentine, milanesi e romane. A corollario la presentazione d’accessori, apripista per quella che col tempo diventerà l’idea di un total look in perfetto mood italian style, in grado di abbracciare ogni angolo della moda. Un successo in termini di creatività, qualità e presenze, complice lo svolgimento della manifestazione in una data immediatamente successiva gli appuntamenti di moda parigini: un espediente pensato per incuriosire i compratori americani al punto da indurli a prolungare il loro viaggio europeo sino a Firenze. Ai rappresentanti dei più importanti department store d’oltreoceano – I. Magnin di San Francisco, Henry Morgan di Montreal, B. Altman, Bergdorf Goodman e Leto Cohn Lo Balbo di New York – è ben chiaro che nel capoluogo fiorentino li attendono collezioni del tutto nuove, dal momento che alle case di moda italiane è mancato materialmente il tempo necessario per recepire ed elaborare le nuove tendenze lanciate dalle passerelle parigine.
Plauso quindi all’intraprendenza, alla lungimiranza e al coraggio di Giovanni Battista Giorgini, per così dire il padre della moda italiana e della presentazione scenica nell’accezione attuale del termine. Da un articolo pubblicato dal magazine americano Time a commento della sfilata fiorentina, i lettori apprendono che i modelli italiani costano circa la metà di quelli francesi, ai quali non hanno nulla da invidiare. «Cause for worry», conclude il giornalista: gli italiani cominciano a impensierire seriamente i couturier francesi, dando vita al testa a testa che ancora oggi anima la fashion story internazionale. A Firenze sfilano Simonetta, Carosa, Alberto Fabiani, le sorelle Fontana e, dulcis in fundo, Emilio Schuberth con le sue creazioni dal gusto mediterraneo, quintessenza delle tradizioni sartoriali napoletane. A rappresentare Milano Vanna, Noberasco, Jole Veneziani e Germana Marucelli. Quest’ultima, considerata dagli storici della moda l’anticipatrice del New Look di Christian Dior, è subentrata alla storica casa Ventura aprendo un proprio atelier, luogo d’incontro di architetti, pittori, scultori e poeti. Per la moda boutique è invece la volta di Giorgio Avolio con le sue collezioni dai colori sgargianti e dal taglio classico, Franco Bertoli, concentrato di originalità visionaria, Emilio Pucci, già noto all’epoca al mercato e alla stampa USA con il suo marchio Emilio.
È il decennio della conquista dei mercati mondiali da parte della moda italiana: i trionfi si susseguono senza tregua, tanto che nel 1958 a Roma viene fondata la Camera sindacale della Moda italiana e, sempre a Roma, nel 1959 un giovanissimo Valentino apre la propria maison, sancendo definitivamente la propria entrata nel firmamento dei divini.