Francesco (Franco) Moschino nasce ad Abbiategrasso, alle porte di Milano, da Battista, imprenditore
metallurgico, e Giuseppina Boeri. Dopo gli studi compiuti all’Accademia di
Belle Arti di Brera, l’incontro con
Gianni Versace - per il quale realizza alcuni disegni di tessuti - lo introduce
nel mondo della moda, portandolo ad affermarsi come illustratore di prestigiose
testate – Gap, Linea Italiana e Harper’s Bazaar – e come disegnatore per
diverse aziende produttrici di abbigliamento. Conclusa nel 1977 la collaborazione
con Versace, l’anno successivo fonda insieme
all’amico Mauro Foroni, anch’egli disegnatore, la società Franco Moschino
focalizzata sulla creazione e la vendita di modelli per l’industria tessile e
dell’abbigliamento. Numerose le
collaborazioni avviate nel corso degli anni: disegna il prêt-à-porter prodotto dalla parigina Dejac, la linea Hamilton
per Nordic Furs, la Albinea – divenuta poi Pianoforte – per Max Mara, le
collezioni della pellicceria Matti e della camiceria per la Ascom e Lory of Florence,
la maglieria Blumarine e i costumi da bagno Armonia. Cadette – impresa fra le prime a intuire l’importanza dell’unione
tra stilismo e industria, avendola sperimentata con il precursore Walter Albini
– nel 1978 lo ingaggia come fashion
designer. Nel 1983 Moschino comincia a “firmare” i propri capi, prima quelli
femminili e poi le collezioni uomo.
Nel
1984 la società Franco Moschino si unisce con Moonshadow, una società specializzata
nell’organizzazione di attività promozionali dei marchi emergenti nel campo
dell’abbigliamento, degli accessori e dell’arredamento. Dal 1984 al 2000, anno dell’acquisizione da parte della AEFFE –
l’impresa riminese dei fratelli Alberta e Massimo Ferretti, licenziataria
“storica” del marchio Moschino – la
società Moonshadow concentra le attività di creazione stilistica, promozione e
gestione delle licenze di produzione distribuite fra diverse aziende fra cui, oltre alla citata AEFFE, Sportswear
International (jeans), IPAC e ALMA (maglieria), Maska e Miroglio (abbigliamento
femminile), Portolano (guanti), Malipiero (cartoleria), Lario Seta (foulard),
Ottica Ratti (occhiali), Falc (calzature) Marvel (costumi), Redwall
(pelletteria), Sharra Pagano (bigiotteria). Moltiplicatisi nel corso degli anni
fino a diventare una ventina, i
contratti di licenza segnano il rapido diversificarsi dall’Alta Moda femminile
in cui lo stilista aveva esordito con il marchio Moschino Couture, al prêt-à-porter,
all’abbigliamento maschile e a quello casual, alla maglieria esterna e
all’intimo, agli accessori.
I risultati economici sono di assoluto
rilievo: nel 1988 gli utili realizzati da Moonshadow oltrepassano il miliardo
di lire. Un traguardo che riflette la felice intuizione concretizzatasi nel
lancio sul mercato della collezione Cheap&Chic,
prodotta dalla rete di laboratori esclusivisti, organizzata tra Romagna e
Marche, e pensata per i giovani, che
gli consente di interpretare al meglio
il ruolo di maestro della dissacrazione che la stampa di moda gli ha attribuito
sin dalle prime sfilate. Dal punto di vista stilistico la collezione è ispirata
dall’irrisione del culto dell’immagine che pervade la società dei consumi degli
anni Ottanta, bersaglio delle provocazioni e dei paradossi di Moschino. L’irriverenza
verso la moda prende la forma di oche applicate ai vestiti femminili, uova
fritte disegnate sulle tasche, abiti stampati «no stress no dress», a
cui si aggiungono il tubino nero con prezzo ricamato, l’autoironica T-shirt
con la scritta «Moschifo», i vestiti fatti con i sacchi della spazzatura, con
posate al posto dei bottoni e tazze invece del reggiseno. Nella campagna
pubblicitaria del 1990, considerata il culmine della sua battaglia, di cui è al
tempo stesso paladino e vittima, la moda è rappresentata da un vampiro abbinato
alla scritta «Stop the fashion system».
Nel
1993, per celebrare il decennale della griffe Moschino, la Permanente di
Milano gli dedica la mostra retrospettiva 10 anni di caos, in cui Moschino espone per la prima volta
al pubblico i propri quadri. Nel 2000 il brand passa sotto la direzione
artistica di Rossella Jardini Conti, la quale riprende – per rielaborarla in
chiave contemporanea – l’heritage lasciata dallo stilista - prematuramente
scomparso nel 1994 - mix di originalità irriverente e genialità creativa.
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