Emilio
Schuberth, le Sorelle Fontana, Germana Marucelli, Mila Schön, ma anche Valentino, Simonetta, Roberto Capucci, Fernanda Gattinoni, Fendi,
Renato Balestra, Biki, Irene Galitzine, Emilio Pucci, Fausto Sarli e molti
altri ancora. Il meglio della moda made in Italy, quella autentica, che ha dato
vita nell’immediato dopoguerra allo sviluppo di un concetto di stile unico nel
suo genere, inconfondibile e, al tempo stesso, intramontabile. Oggi come
allora, si tratta di nomi che riecheggiano nelle nostre menti, portando alla
luce inestimabili abilità e capacità, madrine di raffinatezza ed eleganza.
Ma se è vero che la moda ha sempre dialogato
con le molteplici forme d’arte, non vi è da meravigliarsi nel vederla dialogare con opere d’arte, con il cinema e
i suoi divi, di via Veneto e della Dolce Vita.
Tutto questo – e molto altro ancora – è
protagonista della mostra Bellissima.
L’Italia dell’alta moda 1945-1968 (visitabile fino al 3 maggio
2015), realizzata a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi e
che, attraverso la lente privilegiata della moda, ritrae la cultura italiana in un momento di creatività straordinaria
(nel cinema, nell’arte, nell’architettura, nel teatro, nella fotografia), facendo rivivere al MAXXI le atmosfere e
gli stili di un periodo che ha contribuito in modo unico a definire il
carattere e lo stile italiani a livello internazionale. Main partner del
progetto, Bulgari, da 130 anni emblema di creatività ed eccellenza.
Con un allestimento essenziale e
contemporaneo curato dall’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Bellissima
mette in scena una selezione di 80
abiti di autori che hanno costruito l’identità della moda italiana,
evidenziandone temi e tratti distintivi. Dalle creazioni spettacolari che
hanno illuminato i grandi balli e i foyer dei teatri del secolo scorso,
accompagnate dalle abbaglianti espressioni dell’alta gioielleria, all’eleganza
trattenuta degli abiti da mezza sera dal grafismo rigoroso del bianco e nero
all’esplosione cromatica - sospesa fra orientalismo allucinato e pop art
spaziale - tipica degli anni Sessanta; dalle invenzioni per le attrici della
Hollywood sul Tevere (con gli abiti disegnati per Ava Gardner, Anita Ekberg,
Ingrid Bergman, Lana Turner, Kim Novak, Anna Magnani) agli esiti della
sofisticata ricerca formale frutto di alcune intense collaborazioni fra sarti e
artisti. E poi i completi da giorno, i tailleur e i cappottini che raccontano
di un lusso ricercato anche nel quotidiano.
A
corollario, gli accessori –borse, scarpe, bijoux, cappelli – che completano
l’immagine della moda italiana e hanno contribuito a lanciare la nostra
artigianalità a livello internazionale. Tra questi, degni di nota quelli a firma Coppola, Toppo, Salvatore
Ferragamo, Fragiacomo, Gucci, Roberta da Camerino.
Non
da ultimo, i gioielli, da sempre ideale complemento degli abiti come espressione
di gusto e personalità nonché emblema dei fermenti culturali di un’epoca. Bulgari, il gioielliere italiano più
celebre nel mondo, espone una selezione di pezzi unici rappresentativi di un
periodo chiave nella storia del Marchio a livello di sperimentazione e
innovazione stilistica. Fra i pezzi in mostra, le iconiche creazioni Serpenti
in oro con diamanti o smalti e una straordinaria collana degli anni ’50 in
platino, rubini e diamanti per un totale di 70 carati.
In mostra, inoltre, le fotografie di Pasquale
De Antonis, Federico Garolla, Ugo Mulas, autori straordinari che attraverso le
loro immagini raccontato i fasti della moda italiana e i suoi paesaggi; riviste
dell’epoca e documenti originali; filmati che ne rivelano la grande
effervescenza.
A
suggellare gli infiniti connubi tra la moda e l’arte tout court intesa ed
espressa nei suoi molteplici linguaggi, infine, le opere di Carla Accardi,
Getulio Alviani Alberto Biasi, Alberto Burri, Massimo Campigli, Giuseppe
Capogrossi, Lucio Fontana, Paolo Scheggi, molte delle quali esposte grazie alla
collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, testimonianza della
sperimentazione e della grande vitalità creativa di un’epoca eccezionale.
Il
dialogo con l’arte contemporanea, in particolare, è messo ben in evidenza da
vb74, performance che Vanessa Beecroft ha progettato appositamente per l’inaugurazione della mostra sul
tema dell’identità femminile.
Otto
le sezioni espositive
attraverso le quali cogliere la complessa e cangiante immagine della moda italiana
in una sorta di racconto ideale fatto da tante storie esemplari che hanno dato
forma e consistenza all’affermazione dell’etichetta “made in Italy”. In Arty l’atelier è presentato come luogo
di produzione culturale e, quindi, come testimone - soprattutto nel corso
degli anni ‘60 - di atmosfere scandite dalla complicità fra creatori di
moda e artisti. Emblematici in questo senso i casi di Roberto Capucci,
Germana Marucelli, Mila Schön: creatori che utilizzano il progetto dell’abito
come spazio di riflessione sui linguaggi della contemporaneità e che coltivano
il dialogo con gli artisti per trasformarsi in interpreti visionari delle forme
del loro tempo. Si procede poi con Giorno,
sezione in cui i completi da giorno, i tailleur, i cappottini sono l’altra faccia
dell’alta moda, quella meno appariscente che ci racconta di un lusso ricercato
che non ha bisogno delle occasioni uniche per manifestarsi. Sono gli oggetti
che definiscono gli immaginari urbani della modernità. I dettagli costruttivi
combinati alla qualità italiana dei tessuti, le lavorazioni artigianali che si
innestano su quelle industriali, impreziosendole, sono alla base delle
soluzioni formali che caratterizzano questi abiti. Il viaggio dell’alta moda è
anche l’esplorazione di questo territorio, che permette ai grandi sarti
italiani, fra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, di mettersi in gioco e
sperimentare. È il percorso vero l’alta moda pronta, verso il prêt-à-porter.
La mostra prosegue con Bianco e Nero, principio progettuale alla base di alcuni fra gli abiti in mostra che
rappresentano le più riuscite manifestazioni dell’alta moda italiana fra gli
anni ‘50 e ‘60, intesa non come luogo che celebra atmosfere elitarie, ma come
eccezionale laboratorio creativo, spazio per la messa a fuoco delle poetiche
dei creatori italiani. Essenziale e grafico, il bianco e nero diventa la
radiografia attraverso la quale leggere le qualità degli abiti che maggiormente
sperimentano nuove soluzioni formali, lunghezze inaspettate, accostamenti
inediti fra i materiali. La storia racconta che la moda ben presto ha stretto
profondi legami con la settimana arte e proprio nella sezione Cinema rivivono queste atmosfere.
L’atelier delle Sorelle Fontana è lo scenario del film di Luciano Emmer Le ragazze di Piazza di Spagna (1952), e
sempre delle Sorelle Fontana sono gli abiti che sfilano nella sartoria torinese
del film di Michelangelo Antonioni Le
amiche (1955). Ma anche Fernanda Gattinoni, Emilio Schuberth, e poi
Valentino, Fabiani, Tiziani: sono alcuni dei nomi che si legano al glamour
delle attrici della dolce vita. Le attrici italiane e quelle internazionali
diventano clienti affezionate delle grandi sartorie romane e questi creatori
diventano il referente privilegiato per i guardaroba personali di icone come
Ingrid Bergman, Ava Gardner, Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Audrey Hepburn,
Anna Magnani, Silvana Mangano, Kim Novak, Elizabeth Taylor. La mostra prosegue
con Gran Sera, dove regina è
l’interpretazione sartoriale dell’unicità propria delle grandi occasioni: l’abito
di alta moda è lo strumento che scandisce l’incedere sul tappeto rosso, che
anima i foyer dei grandi teatri la sera della prima e i saloni dei palazzi
nobiliari durante i grandi balli. Ardite sperimentazioni che trovano la loro
validazione con gli abiti da cocktail.
In questa sezione la mostra ripercorre le linee tipiche di queste occasioni: “a
vetro soffiato”, “alternata”, “solare”, “a boule”, “a scatola”, “a stelo” fino
all’arrivo nel corso degli anni ’60 di pantaloni, scarpe dalla punta allargata
e dal tacco basso e ispessito. Ma la moda italiana guarda anche oltre, non
fermandosi al Belpaese. È così che rimane affascinata
dall’oriente e dagli esotismi, al punto di tradurre questa attrazione
in applicazioni e ricami elaborati e
preziosi: motivi floreali, arabeschi e astrazioni geometriche diventano
scintillanti campiture della silhouette, posizionate su collo, polsi e orli, e
arrivano a invadere l’intera superficie dell’abito. Ma non è tutto.
Quest’attrazione, infatti, non si esaurisce nella decorazione: nel 1960 il
Pijama Palazzo, ideato da Irene Galitzine insieme al suo giovane collaboratore
Federico Forquet, riscuote un grande successo alle manifestazioni di moda
fiorentine. Dulcis in fundo, la sezione Space,
dove paillettes, frange, placche in alluminio, disegni geometrici a rilievo che
modulano e animano le sintetiche forme degli abiti la fanno da padrone. Il
luccichio metallico diventa l’emblema delle visioni del futuro e di
quell’estetica anni ‘60 proiettata verso un domani alla moda. È l’alta moda che
si accorge dei giovanissimi, che accompagna i balli sincopati e le pose iper-grafiche
delle modelle di “Vogue” e che dai palazzi barocchi della nobiltà
romana si sposta sulla pista del Piper Club e fra le scenografie in bianco
e nero dei varietà in televisione.
Bellissima. L’Italia dell’alta moda
1945-1968
Fino al 3 maggio 2015
a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo,
Stefano Tonchi
progetto allestitivo di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo e
Guido Schlinkert
Galleria 5
Maxxi,
Museo nazionale delle arti del XXI secolo ∙ Via Guido Reni 4A - 00196 Roma
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