giovedì 6 giugno 2013

LEISURE_Festival Filosofi lungo l'Oglio: al via oggi l'VIII edizione



Al via oggi l’VIII edizione del Festival Filosofi lungo l’Oglio, incentrato quest’anno sulla tematica Noi e gli altri. Un Simposio di Pensiero e di Parole; una manifestazione che, senza mai perdere la sua freschezza, torna ogni anno ad animare la valle resa feconda dal Sommo Vegliardo, il Fiume Oglio, mirando ad una fecondità di ordine superiore: offrire lezioni magistrali di alta divulgazione – tutte ad ingresso libero – su temi fortemente legati all’esistenza di ognuno, affidandone la disamina ai grandi maestri del pensiero contemporaneo e portando il filosofo in mezzo alla gente, nella consapevolezza che la diffusa richiesta di senso sia un bisogno sociale da soddisfare e da prendersi sul serio.
Un evento itinerante, in tour tra le province di Brescia e Cremona, nell’ambito del quale, fino al 25 luglio 2013, si susseguiranno relatori di elevata levatura, come vuole la tradizione, pronti a illuminare con le loro acute riflessioni quanti interverranno. Per il mondo francese torneranno, nella splendida cornice della Chiesa S. Maria del Carmine di Brescia, l’antropologo dei nonluoghi Marc Augé e la pensatrice Danielle Cohen-Levinas, nuora del grande filosofo Emmanuel Levinas. Per la scuola tedesca ha confermato la sua presenza uno dei massimi filosofi della religione, Bernhard Casper, vincitore con il suo volume: Das Dialogische Denken. Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner und Martin Buber (Alber 1967; 2002) tr. it. Il pensiero dialogico. Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner e Martin Buber (Morcelliana 2009) della Prima Edizione del Premio Internazionale di Filosofia/Filosofi lungo l’Oglio. Un libro per il presente. Interverrà poi il meglio del pensiero italiano: Salvatore Natoli, Maria Rita Parsi – rispettivamente padrino e madrina del Festival – Edoardo Boncinelli, Vanni Codeluppi, Duccio Demetrio, Massimo Donà, Umberto Curi, Massimo Cacciari, Francesca Rigotti, Remo Bodei, Adriano Fabris, Stefano Semplici, Piero Coda.
Domenica 16 giugno, inoltre, avrà luogo la cerimonia di proclamazione del vincitore della II edizione del Premio Internazionale di Filosofia/Filosofi lungo l’Oglio. Un libro per il presente. Il conferimento della prestigiosa benemerenza si terrà, a partire dalle ore 18, nell’Aula Magna del Centro Pastorale Paolo VI a Brescia, alla presenza dell’intera giuria composta dai Professori: Ilario Bertoletti – direttore editoriale Morcelliana e Scuola, Azzolino Chiappini – Magnifico Rettore della Facoltà di Teologia di Lugano, Adriano Fabris (Presidente) dell’Università di Pisa, Amos Luzzatto – Presidente emerito dell’UCEI, Aldo Magris dell’Università di Trieste, Salvatore Natoli dell’Università Milano-Bicocca, Maria Rita Parsi – Presidente Fondazione Movimento Bambino e psicoterapeuta e da Francesca Nodari, direttore scientifico del Festival e segretario del Premio.

In linea di continuità con le edizioni precedenti, quest’anno il Festival propone riflessioni strettamente legate all’esistenza di ciascuno, rinvenendo nella problematizzazione della relazione – dimensione costitutiva del rapporto che intercorre tra noi e gli altri – la sfida che il nostro mondo globalizzato pone o, se così si può dire, ripropone all’uomo del XXI secolo. Un mondo ove ad entrare in crisi sono le agenzie educative: la famiglia, la scuola, l’università; le grandi narrazioni della politica, delle ideologie, delle religioni e, da ultimo, e non certo per minor importanza, la crisi della comunità. Una temperie culturale dove la cifra dominante sembra quella del disorientamento del soggetto in preda, per usare un’espressione kierkegaardiana, a una sempre più impellente “disperazione della possibilità”. Lasciato solo dalle scienze – perlopiù permeate da una visione della realtà nei termini di un mero more geometrico – dinnanzi alla domanda cruciale “che cosa devo fare, come mi devo comportare in questa situazione?”; iperstimolato dai nuovi mezzi di comunicazione ove all’abbattimento delle distanze e all’accelerazione dei trasferimenti corrisponde un ulteriore sfasamento - con internet e i social media si può interagire in tempo reale, anche a distanza di migliaia di km - l’esserci rischia di cadere preda del cosiddetto paradosso della planetarizzazione. E il pedaggio da pagare per percorrere le autostrade informatiche, apparentemente attraenti e comode – in fondo basta sedersi davanti al proprio pc o disporre di un iphone per coltivare l’illusione di comunicare davvero col mondo – si traduce spesso in una pericolosa frantumazione della propria identità tra nicknames e profili immaginari, con un progressivo sconfinamento del reale nel virtuale.
Non si intende certo demonizzare le nuove possibilità della comunicazione, ma appunto di possibilità si tratta. Di mezzi e non di fini, di strumenti e non di mondi alternativi a quello in cui ci è dato vivere. Di qui la tentazione sempre più frequente di fuga dalla realtà con il risultato di ottenere l’effetto contrario a quello voluto: la soggettività, pervenendo sartrianamente ad una sorta di autoimprigionamento della propria coscienza, si consegna ad un’icona, ad un’immagine muta che si pone, si espone o addirittura si dà in pasto all’anonimato delle comunità virtuali.
Già qui la relazione è messa prepotentemente in scacco e, quel che è peggio, rischia di sostituire quella reale: chi c’è dietro quell’avatar, da dove viene, qual è la sua storia? Domande che, in molti casi, restano senza risposta o che forse l’homo consumans, immerso com’è nella liquidità odierna, neppure ritiene di porsi teso ad indossare, di volta in volta, maschere che riproducano certi modelli, perpetuino la finzione, promettano l’euforia a quelle che, ormai, come nota Bauman sono vite di corsa. Vite isolate, deserte ove la minaccia de La morte del prossimo, come avverte Luigi Zoja, sembra palpabile. Di qui l’urgenza di riflettere su noi e gli altri, sulla messa in crisi dell’uomo come animale politico e come essere parlante, ossia come colui che, per dirla con Natoli, coglie nella trama delle relazioni “un appartenersi e un appartenere a” e, insieme, come colui che presta ascolto a ciò che l’altro dice e che ascolta l’altro mentre questi si rivolge a lui e lo invoca.
Riflettere sulla relazione, quindi, è una sfida che richiede una tematizzazione di che cosa si deve intendere oggi per soggetto e per Altro, e dunque per umanità dell’uomo, per libertà, per volontà, per tolleranza, per rispetto, per convivenza civile e pacifica e che necessita, altresì, di essere indagata a partire da prospettive diverse: da quella antropologica a quella etica, da quella fenomenologico-ermeneutica a quella teologica, da quella sociologica a quella politica.
Una sfida che si deve affrontare senza alcuna possibilità di procrastinazione e che si afferma anche quando la si nega degradando, ad esempio, il tu ad esso. Di qui il darsi di una fenomenologia della relazione: come nasce? Quali sono le sue condizioni? In quali forme si esplica? E se l’individualismo, l’egoismo, il solipsismo ne decretano lo scacco, la prossimità, l’apertura ad altri - in quanto ne siamo debitori sin dal nascere- non ne favoriscono, al contrario, il suo instaurarsi concreto? Un instaurarsi che rinvia ad un’altra sfida, altrettanto urgente, quella del dialogo, che si declina in maniera plurivoca, attraversando trasversalmente le sfere del nostre essere in società con gli altri: con i genitori, con i figli, con il partner, con le vecchie e nuove generazioni, con chi ha usi, costumi e abitudini diversi dai nostri, con chi appartiene a un altro credo o, affermando la propria laicità, si apre all’incontro e al confronto con l’altro. Non si sottrae, ma al contrario, si mette in gioco, entra in relazione. Ma quali sono i luoghi del dialogo e in che modo se ne può favorire la pratica nella cosiddetta età del rischio? In che termini, oggi, attraverso il rapporto dialogico si possono “gettare ponti” tra gli uomini nell’ambito personale e comunitario, ma anche in quello della mediazione tra popoli e culture? Interrogativi che stanno alla base di un esistere plurale e condiviso.
Parlare oggi di noi e gli altri significa avere il coraggio, come ha mostrato Adriano Fabris nel suo illuminante volume TeorEtica, di portare alla luce ciò che nei luoghi classici del pensare risulta come l’impensato: il concetto di relazione, appunto. E di declinarlo attraverso il coinvolgimento del soggetto nella teoria e nella decisione morale. Coinvolgimento che va oltre la dimensione meramente psicologica, afferendo a qualcosa di strutturale, come ciò senza cui non si da relazione.
La teoria, anche nelle sue elaborazioni più alte, non è in grado di coinvolgere. Può convincere, può persuadere. La teoria non riesce a motivare all’azione. Se infatti so cosa è bene, non è detto che non faccia il male: ciò accade non tanto perché sono libero di comportarmi in modi diversi da quelli indicati dal sapere, piuttosto perché la teoria risulta davvero impotente sul piano della messa in opera di azioni responsabili. La teoria, pertanto, può dare il via ad azioni efficaci ed efficienti, basate, più o meno specificamente, sul principio di causalità. La motivazione della teoria, invece, è il controllo dei processi che essa ha spiegato. E questo controllo è fornito oggi dagli strumenti tecnologici. Ma ciò che manca, qui, è la messa in gioco di una responsabilità più ampia: quella che si assume il compito di realizzare i principi, che magari la teoria ha contribuito a chiarire, all’interno dell’agire quotidiano. Questa responsabilità deriva dal riconoscimento della struttura relazionale da parte di ciascuno di noi e dall’assunzione, riflessiva e libera, di tale struttura in ogni occasione del nostro agire. Ma non è tutto...intendendo dare una risposta fattiva al diffuso senso di indifferenza dinnanzi a tutte le questioni che riguardano le scelte fondamentali della nostra vita, la TeorEtica presuppone un concetto impegnato di teoresi e diffusivo di etica. Di qui il ruolo fondamentale giocato da questa fondazione del principio etico della relazione come relazione capace di promuovere relazioni.
E se è vero che solo le relazioni feconde sono relazioni buone, intendendo levinasianamente per fecondità “avere possibilità oltre ogni possibile, al di là di tutto il possibile”, questo Simposio di Pensiero e di Parole costituirà sicuramente un laboratorio in cui la filosofia della relazione viene esperita e messa in pratica. Una sorta di risposta all’inesauribile richiesta di senso, che è il bisogno quanto mai attuale della filosofia.

Festival Filosofi lungo l’Oglio – Noi e gli altri
VIII edizione
Dal 6 giugno al 25 luglio 2013, ore 21.15

Per il programma completo degli appuntamenti www.filosofilungologlio.it

Iniziativa realizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con il Patrocinio del MIBAC, della Prefettura di Brescia, della Consigliera di Parità della Provincia di Brescia, dell’Assessorato Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, delle Province di Brescia e Cremona, dei Parchi Oglio Nord e Sud nonché degli enti ospitanti e in partnership con la Fondazione Movimento Bambino

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