Quante volte ci siamo trovati di fronte al dilemma “meglio essere o apparire?”. Aristotele suggerirebbe di propendere per un giusto mezzo, prediligendo una mediazione ideale tra i due estremi. Ma quando mai l’uomo è in grado di trovare un equilibrio ponderato? Solitamente non ha mezze misure – perché nemmeno le ama – e privilegia o una o l’altra dimensione.
Si può quindi concludere affermando che una esclude l’altra o siamo di fronte a due facce della stessa medaglia che, in ciascuno di noi, secondo proporzioni diverse, trovano convivenza? I fattori coinvolti, che spingono verso una o l’altra realtà, sono molti: da quelli più soggettivi ad altri decisamente contestuali. E quindi: carattere, personalità, circostanze specifiche, frangenti particolari. Probabilmente se ci troviamo calati in situazioni in cui prevale una componente emozionale e personale, l’essere prenderà il sopravvento e quasi sicuramente saremo noi stessi, o almeno la parte che più vi si avvicina. Al contrario, quando siamo nei classici contesti da ansia da prestazione, tenderemo probabilmente ad indossare quello che secondo noi è il nostro habitus migliore, nell’aspettativa di raggiungere il nostro risultato, nella speranza di non deludere quanto gli altri si aspettano da noi (o che noi ci siamo prefigurati si aspettino), nel desiderio di soddisfare la nostra inclinazione più narcisistica.
E quindi essere come persona e in quanto tale, con pregi e difetti - ma pur sempre apprezzabile per schiettezza e lealtà - o apparire in qualità di personaggio, con un caleidoscopico modo di atteggiarsi, con parvenze a noi estranee ma prese in prestito per sembrare migliori (di chi e al cospetto di chi?), soggiogati dalla ricerca esasperata di un ideale del tutto immaginario e facili prede delle insidie tese da un’attitudine che non ci appartiene?
E proprio a questo punto, una grande domanda canonica, che pare sempre suonare un po’ come retorica, si impone anche in questo caso: ma l’abito fa il monaco? Premia quindi di più mostrarsi per quello che si è o indugiare in un’immagine scarsamente veritiera quanto poco credibile? La ricetta miracolosa sicuramente non esiste e molto dipende dalle implicazioni vuoi personali vuoi contestuali (di milieu per così dire).
Una disputa che racchiude tutta la gran complessità della natura umana, dove spesso i confini sono molto labili, quasi indecifrabili, e le contaminazioni tra le diverse sfumature inevitabili.
Quel che è certo è che bisogna diffidare dalle imitazioni – prima o poi il trucco cola - e preferire una reale essenzialità, anche se semplice, ma sicuramente più premiante e duratura. Se poi si vuole edulcorare il tutto con un po’ di frivolezza ben venga: in giusta dose senz’altro non può far male. D’altra parte, lo stesso Giorgio Armani docet, affermando che “l’apparire ha breve durata, ma l’essere è per la vita”.
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