È un mondo ironico e fiabesco quello di Andrea Pfister, costellato da forme stravaganti e
colori accesi, fino a diventare un omaggio alle donne, costruito con piume,
strass e paillettes. Le sue opere non sono calzature tout court, bensì
svelano l’attitudine al divertissement
più autentico, combinato sapientemente con un senso del gusto che lo
stilista ha costruito studiando dapprima storia dell’arte a Firenze e poi
completando la formazione a Milano all’istituto di design per scarpe Ars
Sutoria. A corollario, la costante
ispirazione a maestri come Salvatore Ferragamo, Roger Vivier e André Perugia.
Originario
di Pesaro, anche se di madre polacca e padre svizzero, la sua estrazione è
internazionale. Pfister, infatti, è stato apprezzato molto di più all’estero
che in Italia, dove nel 1968 aprirà una
fabbrica-atelier a Vigevano, culla dei migliori artigiani calzaturieri.
Il 1963 segna per lui la svolta, complice
il premio aggiudicatosi al Concorso Internazionale per Designer di Calzatura di
Amsterdam. Da qui iniziano le collaborazioni con grandi nomi della moda come
Jean Patou e Lanvin, per i quali, in occasione delle collezioni haute
couture, realizza alcuni modelli. Da lì alla fondazione di un marchio tutto
suo, il passo è breve: nel 1965 esce la
prima collezione firmata Pfister, caratterizzata dall’iconico colore rosso e
seguita, nel 1967, dall’apertura della prima boutique monomarca nella
celeberrima rue Cambon a Parigi. Nello
stesso anno incontra anche Jean-Pierre Dupré, che diventa suo socio in affari.
Nel 1987, invece, arriva la consacrazione milanese con l’apertura della seconda
boutique nel quadrilatero della moda.
Appassionato viaggiatore, lo stilista si
concede lunghi soggiorni negli Stati Uniti, utili, tra l’altro, per una
costante ricerca e sperimentazione creativa; mentre due volte l’anno fa tappa
nell’incantevole Positano, luogo ideale dove trovare la concentrazione e
l’ispirazione per preparare nuoce collezioni.
Autore
di uno stile concettuale, che non
sottende ad alcuna moda, Pfister si è contraddistinto per la realizzazione di alcuni modelli senza
tempo, che guardano con originalità a mondi diversi: all’arte (esplorata da
Mondrian a Dalì) così come alla musica, passando per l’essenza delle città e
della natura, declinata in animali, fiori e frutti. Cifra distintiva: il colore. Un colore vivace, chiamato a
caratterizzare le sue scarpe insolite e, a volte, visionarie. Basandosi su lavorazioni e materiali tradizionali,
fra lusso decorativo e ricerca
strutturale, le scarpe di Pfister non sacrificano mai né i materiali né,
tantomeno, il confort, raggiungendo un equilibrio formale e tecnico apprezzato
da una nutrita schiera di estimatrici, celebrities e non, che affollano la
platea delle fedelissime, icone di epoche e stili diversi: da Ursula Andress a
Joan Baez, da Elizabeth Taylor a Madonna, da Julia Roberts a Sharon Stone.
“Camminare Pfister è come fare quattro passi
nella felicità”, così affermava l’autore e scenografo Jean-Claude Carrière
in Andrea
Pfister, Trente ans de création, catalogo della mostra tenutasi al
Musée International de la chaussure di Romans nel 1993. E, in effetti, le sue scarpe esprimono quella stessa
positività di pensiero che è alla base dell’approccio creativo: calzature
eclettiche, difficilmente classificabili attraverso le categorie di stili
tradizionali, destinate a restare nel guardaroba femminile in eterno, quali
pezzi unici e intramontabili.
Nessun commento:
Posta un commento