martedì 20 dicembre 2011

ABOUT_Che cosa è la Bellezza?



Per Oscar Wilde “La Bellezza è una forma del Genio, anzi, è più alta del Genio! Essa è uno dei grandi fatti del mondo. Non può essere interrogata: regna per diritto divino”. Seneca affermava già all’epoca che “Una donna bella non è colei di cui si lodano le gambe, ma quella il cui aspetto complessivo è di tale bellezza da togliere la possibilità di ammirare le singole parti.” Si può parlare quindi di bellezza come di un fatto divinamente eccelso, che non va indagato perché così è: non vi sono spiegazioni, né possibili tentativi di emulazione. Esiste e basta. Come valida alleata: la volontà divina. Un divino che ritorna anche in Jean Anouilh, secondo il quale “La bellezza è una di quelle rare cose che non portano a dubitare di Dio”, e in Robert Browning “Se hai bellezza e nient’altro, hai più o meno la miglior cosa inventata da Dio”. Prova pertanto tangibile del creato e del bene destinato all’umanità. Almeno in certi casi. E d’altronde anche nelle fiabe il bello è un concetto associato a un’idea di benevolenza, tipica di fate, principesse e dame dell’amor cortese; al contrario la bruttezza evoca malignità e odio, caratterizzando lo spirito e l’immagine di streghe, matrigne e meduse infernali. In questo senso Immanuel Kant docet “Il bello è simbolo del bene morale”. Un bello associato al bene tanto che secondo Dostoevskij “Non la forza, ma la bellezza, quella vera, salverà il mondo”.
Un concetto che, nonostante caricato spesso di valenze meramente estetiche, trasuda un’intrinseca connotazione etica e filosofica e accompagna la civiltà da secoli, tanto da disturbare il sommo Seneca che, lungimirante, poneva l’attenzione sull’importanza della proporzione delle parti. Bellezza come parte del tutto quindi. Pervade la persona che la possiede, evolve da essa, fino a involvere colui che la ammira. Strettamente legata a questa definizione si pone l’interpretazione secondo la quale la bellezza va oltre la semplice immagine e comprende ben altro - stile, portamento e movenze in primis. Christian Dior affermava “Il segreto della bellezza consiste nell’essere interessante. Nessun tipo di bellezza può essere attraente se non è interessante”. Un interessante che può scaturire da diversi fattori e che denota la nobiltà del concetto di bellezza, vittima solo negli ultimi tempi di una mercificazione ad aspetti tanto banali quanto volgari. Sulla stessa lunghezza d’onda Omero che associava la bellezza alla grazia - “La bellezza senza la grazia è un amo senza l’esca” - ponendo forse l’accento ancora su un aspetto per così dire divinatorio. Ma anche bellezza come Estetica intesa nel senso più puro del termine, come fattore capace di suscitare felicità, o addirittura come la manifestazione tangibile di quest’ultima. Ecco quindi Charles Baudelaire, le poète maudit, affermare che “Ci sono tanti tipi di bellezza quanti sono i modi abituali di cercare la felicità”, o ancora Stendhal “La bellezza non è che una promessa di felicità” e sulla scia di questa affermazione Marcel Proust “E’ stato detto che la bellezza è una promessa di felicità. Inversamente, la possibilità del piacere può essere un principio di bellezza” . Felicità e bellezza quindi legate in maniera indissolubile; addirittura l’una la causa dell’altra e viceversa. Ma nonostante induca la felicità, essa ha un volto velato di malinconia e mestizia, sublimi e raffinate espressioni di una qualità così divina ed irrinunciabile. “Non pretendo che la gioia non possa accompagnarsi alla bellezza; ma dico che la gioia è uno degli ornamenti più volgari, mentre la malinconia è della bellezza, per così dire, la nobile compagna, al punto che non so concepire un tipo di bellezza che non abbia in sé il dolore” affermava Baudelaire, e più ancora Benedetto Croce, che ne tracciava i reali connotati: “Un velo di mestizia par che avvolga la Bellezza, e non è velo, ma il volto stesso della Bellezza”. Un dolore forse legato alle difficoltà implicate al suo raggiungimento dapprima e al suo mantenimento poi, se si vuole evitare di ricorrere a metodi ispirati a Dorian Gray. Hermann Hesse forse più di tutti esprimeva il senso di una tale malinconia “La bellezza non rende felice colui che la possiede, ma colui che la può amare e desiderare”. Un’infelicità propria quindi che determina una felicità altrui: una sorta di felicità riflessa. E così si scopre l’inclinazione altruista della bellezza, con buona pace di quanti invece la tacciano di egocentrismo e cinismo.
Imperfezione per Marilyn Monroe, splendore del vero per Platone, ornamento della virtù per Leonardo, la bellezza ha sempre regnato sovrana nelle menti della civiltà, suscitando dibattiti e riflessioni. Nelle menti così come nell’anima e nella soggettività di ciascuno di noi: per Kahlil Gibran  “La bellezza delle cose varia secondo le emozioni; e così noi vediamo magia e bellezza in loro, ma in realtà, magia e bellezza sono in noi”, mentre per David Hume “La bellezza delle cose esiste nella mente che le contempla”. Per un’interiorità chiamata ad interpretare l’esteriorità, coniugando l’individuale con l’universale, in una resa armonica degli estremi che perdono il loro carattere di opposti a favore di una melodia di fondo. E se il genio stilistico Alexander McQueen la trovava nel grottesco, per Franz Kafka diveniva addirittura elisir di lunga vita “La giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio”. Dello stesso avviso Oscar Wilde per il quale la tirannia del tempo si fermava di fronte la bellezza, per cui “Ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, ed è un possesso per tutta l’eternità”.
Bellezza quindi come divinità, bene morale, felicità per sé e per gli altri; tanto interessante quanto soggetta alle personali inclinazioni, quanto immortale nel tempo. Tanto immortale da aver attraversato nella sua longevità la storia della civiltà ed aver indotto un celebre dandy a scendere a patti col diavolo. Adesso tocca a noi! Cercando di capire nel frattempo se belli si nasce o si diventa. Senza dimenticare che, in ogni caso, se di bellezza si tratta, si intende una qualità talmente eterea da non poter conoscere la contaminazione di aspetti volgari tipicamente legati alla più banale umanità.

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