Al via oggi l’VIII edizione
del Festival
Filosofi lungo l’Oglio, incentrato quest’anno sulla tematica Noi e
gli altri. Un Simposio di
Pensiero e di Parole; una
manifestazione che, senza mai perdere la sua freschezza, torna ogni anno ad
animare la valle resa feconda dal Sommo Vegliardo, il Fiume Oglio, mirando ad
una fecondità di ordine superiore: offrire
lezioni magistrali di alta divulgazione – tutte ad ingresso libero – su temi
fortemente legati all’esistenza di ognuno, affidandone la disamina ai grandi
maestri del pensiero contemporaneo e portando il filosofo in mezzo alla gente,
nella consapevolezza che la diffusa richiesta di senso sia un bisogno
sociale da soddisfare e da prendersi sul serio.
Un evento itinerante, in tour tra le
province di Brescia e Cremona, nell’ambito del quale, fino al 25 luglio 2013, si
susseguiranno relatori di elevata
levatura, come vuole la tradizione, pronti a illuminare con le loro acute
riflessioni quanti interverranno. Per il mondo francese torneranno, nella
splendida cornice della Chiesa S. Maria del Carmine di Brescia, l’antropologo
dei nonluoghi Marc Augé e la
pensatrice Danielle Cohen-Levinas,
nuora del grande filosofo Emmanuel Levinas. Per la scuola tedesca ha confermato
la sua presenza uno dei massimi filosofi della religione, Bernhard Casper, vincitore con il suo volume: Das Dialogische
Denken. Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner und Martin Buber (Alber 1967;
2002) tr. it. Il pensiero dialogico. Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner e
Martin Buber (Morcelliana 2009) della Prima Edizione del Premio
Internazionale di Filosofia/Filosofi lungo l’Oglio. Un libro per il presente. Interverrà
poi il meglio del pensiero italiano: Salvatore
Natoli, Maria Rita Parsi – rispettivamente padrino e madrina del Festival –
Edoardo Boncinelli, Vanni Codeluppi,
Duccio Demetrio, Massimo Donà, Umberto Curi, Massimo Cacciari, Francesca
Rigotti, Remo Bodei, Adriano Fabris, Stefano Semplici, Piero Coda.
Domenica 16 giugno, inoltre, avrà luogo la cerimonia di proclamazione del
vincitore della II edizione del Premio Internazionale di Filosofia/Filosofi
lungo l’Oglio. Un libro per il presente. Il conferimento della prestigiosa
benemerenza si terrà, a partire dalle ore 18, nell’Aula Magna del Centro
Pastorale Paolo VI a Brescia, alla presenza dell’intera giuria composta dai
Professori: Ilario Bertoletti –
direttore editoriale Morcelliana e Scuola, Azzolino
Chiappini – Magnifico Rettore della Facoltà di Teologia di Lugano, Adriano Fabris (Presidente)
dell’Università di Pisa, Amos Luzzatto
– Presidente emerito dell’UCEI, Aldo
Magris dell’Università di Trieste, Salvatore
Natoli dell’Università Milano-Bicocca, Maria
Rita Parsi – Presidente Fondazione Movimento Bambino e psicoterapeuta e da Francesca Nodari, direttore scientifico
del Festival e segretario del Premio.
In linea di continuità con le edizioni
precedenti, quest’anno il Festival
propone riflessioni strettamente legate all’esistenza di ciascuno, rinvenendo
nella problematizzazione della relazione – dimensione costitutiva del
rapporto che intercorre tra noi e gli altri – la sfida che il nostro
mondo globalizzato pone o, se così si può dire, ripropone all’uomo del XXI
secolo. Un mondo ove ad entrare in crisi
sono le agenzie educative: la famiglia, la scuola, l’università; le grandi
narrazioni della politica, delle ideologie, delle religioni e, da ultimo, e non
certo per minor importanza, la crisi della comunità. Una temperie culturale dove la cifra dominante sembra quella del disorientamento
del soggetto in preda, per usare un’espressione kierkegaardiana, a una sempre
più impellente “disperazione della
possibilità”. Lasciato solo dalle scienze – perlopiù permeate da una
visione della realtà nei termini di un mero more geometrico – dinnanzi
alla domanda cruciale “che cosa devo fare, come mi devo comportare in questa
situazione?”; iperstimolato dai nuovi mezzi di comunicazione ove
all’abbattimento delle distanze e all’accelerazione dei trasferimenti
corrisponde un ulteriore sfasamento - con internet e i social media si può
interagire in tempo reale, anche a distanza di migliaia di km - l’esserci rischia di cadere preda del
cosiddetto paradosso della planetarizzazione. E il pedaggio da pagare per
percorrere le autostrade informatiche, apparentemente attraenti e comode – in
fondo basta sedersi davanti al proprio pc o disporre di un iphone per coltivare
l’illusione di comunicare davvero col mondo – si traduce spesso in una pericolosa frantumazione della propria
identità tra nicknames e profili immaginari, con un progressivo
sconfinamento del reale nel virtuale.
Non si intende certo demonizzare le nuove
possibilità della comunicazione, ma appunto di possibilità si tratta. Di mezzi
e non di fini, di strumenti e non di mondi alternativi a quello in cui ci è
dato vivere. Di qui la tentazione sempre più frequente di fuga dalla realtà con
il risultato di ottenere l’effetto contrario a quello voluto: la soggettività, pervenendo sartrianamente
ad una sorta di autoimprigionamento della propria coscienza, si consegna ad
un’icona, ad un’immagine muta che si pone, si espone o addirittura si dà in
pasto all’anonimato delle comunità virtuali.
Già
qui la relazione è messa prepotentemente in scacco e, quel che è peggio,
rischia di sostituire quella reale: chi c’è dietro quell’avatar, da dove viene, qual è la sua storia?
Domande che, in molti casi, restano senza risposta o che forse l’homo consumans,
immerso com’è nella liquidità odierna, neppure ritiene di porsi teso ad indossare, di volta in volta,
maschere che riproducano certi modelli, perpetuino la finzione, promettano
l’euforia a quelle che, ormai, come nota Bauman sono vite di corsa. Vite
isolate, deserte ove la minaccia de La morte del prossimo, come avverte
Luigi Zoja, sembra palpabile. Di qui l’urgenza
di riflettere su noi e gli altri, sulla messa in crisi dell’uomo come
animale politico e come essere parlante, ossia come colui che, per dirla con
Natoli, coglie nella trama delle relazioni “un
appartenersi e un appartenere a” e, insieme, come colui che presta ascolto
a ciò che l’altro dice e che ascolta l’altro mentre questi si rivolge a lui e
lo invoca.
Riflettere sulla relazione, quindi, è una
sfida che richiede una tematizzazione di che
cosa si deve intendere oggi per soggetto e per Altro, e dunque per umanità dell’uomo, per libertà, per
volontà, per tolleranza, per rispetto, per convivenza civile e pacifica e che
necessita, altresì, di essere indagata a partire da prospettive diverse: da
quella antropologica a quella etica, da quella fenomenologico-ermeneutica a
quella teologica, da quella sociologica a quella politica.
Una sfida che si deve affrontare senza
alcuna possibilità di procrastinazione e che si afferma anche quando la si nega
degradando, ad esempio, il tu ad esso. Di qui il darsi di una fenomenologia della relazione: come
nasce? Quali sono le sue condizioni? In quali forme si esplica? E se
l’individualismo, l’egoismo, il solipsismo ne decretano lo scacco, la
prossimità, l’apertura ad altri - in quanto ne siamo debitori sin dal nascere-
non ne favoriscono, al contrario, il suo instaurarsi concreto? Un instaurarsi che rinvia ad un’altra
sfida, altrettanto urgente, quella del dialogo, che si
declina in maniera plurivoca, attraversando
trasversalmente le sfere del nostre essere in società con gli altri: con i
genitori, con i figli, con il partner, con le vecchie e nuove
generazioni, con chi ha usi, costumi e abitudini diversi dai nostri, con chi
appartiene a un altro credo o, affermando la propria laicità, si apre
all’incontro e al confronto con l’altro. Non si sottrae, ma al contrario, si
mette in gioco, entra in relazione. Ma quali sono i luoghi del dialogo e in che
modo se ne può favorire la pratica nella cosiddetta età del rischio? In che
termini, oggi, attraverso il rapporto dialogico si possono “gettare ponti” tra
gli uomini nell’ambito personale e comunitario, ma anche in quello della
mediazione tra popoli e culture? Interrogativi che stanno alla base di un
esistere plurale e condiviso.
Parlare
oggi di noi e gli altri significa avere il coraggio, come ha mostrato Adriano Fabris nel suo
illuminante volume TeorEtica, di portare
alla luce ciò che nei luoghi classici del pensare risulta come l’impensato: il
concetto di relazione, appunto. E di declinarlo attraverso il coinvolgimento del soggetto nella
teoria e nella decisione morale. Coinvolgimento
che va oltre la dimensione meramente psicologica, afferendo a qualcosa di strutturale,
come ciò senza cui non si da relazione.
La
teoria, anche nelle sue elaborazioni più alte, non è in grado di coinvolgere. Può convincere, può persuadere. La teoria non riesce a motivare all’azione.
Se infatti so cosa è bene, non è detto che non faccia il male: ciò accade non
tanto perché sono libero di comportarmi in modi diversi da quelli indicati dal
sapere, piuttosto perché la teoria
risulta davvero impotente sul piano della messa in opera di azioni responsabili.
La teoria, pertanto, può dare il via ad
azioni efficaci ed efficienti, basate, più o meno specificamente, sul principio
di causalità. La motivazione della teoria,
invece, è il controllo dei processi che essa ha spiegato. E questo
controllo è fornito oggi dagli strumenti tecnologici. Ma ciò che manca, qui, è la messa in gioco di una responsabilità più
ampia: quella che si assume il compito di realizzare i principi, che magari la
teoria ha contribuito a chiarire, all’interno dell’agire quotidiano. Questa responsabilità deriva dal
riconoscimento della struttura relazionale da parte di ciascuno di noi e
dall’assunzione, riflessiva e libera, di tale struttura in ogni occasione del
nostro agire. Ma non è tutto...intendendo dare una risposta fattiva al
diffuso senso di indifferenza dinnanzi a tutte le questioni che riguardano le
scelte fondamentali della nostra vita, la TeorEtica presuppone un concetto impegnato di teoresi e diffusivo
di etica. Di qui il ruolo fondamentale giocato da questa fondazione del
principio etico della relazione come
relazione capace di promuovere relazioni.
E se è vero che solo le relazioni feconde
sono relazioni buone, intendendo levinasianamente per fecondità “avere possibilità oltre ogni possibile, al
di là di tutto il possibile”, questo Simposio di Pensiero e di Parole costituirà
sicuramente un laboratorio in cui la
filosofia della relazione viene esperita e messa in pratica. Una sorta di
risposta all’inesauribile richiesta di senso, che è il bisogno quanto mai
attuale della filosofia.
Festival Filosofi lungo l’Oglio – Noi e gli
altri
VIII edizione
Dal
6 giugno al 25 luglio 2013, ore 21.15
Per
il programma completo degli appuntamenti www.filosofilungologlio.it
Iniziativa
realizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, con il Patrocinio del MIBAC, della Prefettura di Brescia, della
Consigliera di Parità della Provincia di Brescia, dell’Assessorato Culture,
Identità e Autonomie della Lombardia, delle Province di Brescia e Cremona, dei
Parchi Oglio Nord e Sud nonché degli enti ospitanti e in partnership con la
Fondazione Movimento Bambino.
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