“Senza rossetto con te non ci parlo” affermava
Isabella Blow, quasi a riconoscerne
la sovranità nel regno del make-up femminile, eleggendolo il cosmetico par
excellence. Un mix di pigmenti, oli, cera ed emollienti che rende glamour in
semplici mosse, già solo nell’istante in cui lo si estrae poco per volta dall’astuccio
e lo si applica sulle labbra.
5000 anni e non dimostrarli: questa la
sua età. Una storia nata in Mesopotamia e
proseguita tra le più nobili civiltà, passando per la Valle dell’Indo, l’antica
Grecia, l’Egitto con Cleopatra e la sua formula a base di pigmenti di
coleotteri e formiche, per arrivare a Poppea e al suo belletto derivato dal
fuco, un’alga color porpora potenzialmente velenosa, e da sedimenti di vino
rosso. Offuscato per ovvi motivi
durante le invasioni barbariche e nel Medioevo (pena l’accusa di devozione
satanica), il rossetto torna in auge col
Rinascimento nella Firenze di Cosimo I (1519-1574) con la teoria che la bocca
debba essere piccola, con labbra medie di color vermiglio. Spopola
nell’Inghilterra di Elisabetta I (1558-1603), la quale ne possiede una ricetta segreta: cocciniglia, gomma
arabica, albume e latte di fico. Una
popolarità che tramonta all’inizio del XVII secolo quando viene giudicato uno
strumento di contraffazione estetica, utilizzato per trovare marito: il
Parlamento inglese vara una legge con cui processare per stregoneria le donne
che, complici i cosmetici, hanno sedotto un uomo al punto da indurlo al
matrimonio. Ma il barocco, con i suoi
fasti pomposi, lo riporta in prima linea: a corte va di gran moda il trucco pesante,
esasperato dalle altissime parrucche (Mme de Pompadour docet). Stesso clima
nell’Inghilterra del tempo dove, secondo Sir Henry Beaumont, “..le labbra non devono essere dello stesso
spessore..con un rosso vivace a colorarle..come un bocciolo di rosa che sta
iniziando a schiudersi”. Un bocciolo
che appassisce con i proibizionismi ottocenteschi, diventando appannaggio di
prostitute e attori eccezion fatta per i benestanti che si permettono trasferte
parigine nella maison Guerlain a comprare pomate per labbra.
Il ‘900 è la svolta: si realizza il primo
astuccio metallico (1915); Max Factor inventa il trucco cinematografico (1914),
introduce il lip gloss (1928), il primo pennellino applicatore (1929), Tru-Cola
- rossetto a lunga durata (1940) - e tre nuances con cui soddisfare bionde,
brune e rosse; Revlon lancia la prima pubblicità (1952). Inizia il
sodalizio col cinema: Marlene Dietrich
in “Disonorata” (1931) affronta il
plotone di esecuzione rinfrescandosi il colore delle labbra; Lana Turner ne “Il postino suona sempre due volte” (1946) è la dark lady che,
progettando di uccidere il marito con la complicità di John Garfield, muore
tragicamente stringendo a sé l’alleato di bellezza; Elizabeth Taylor, prostituta d’alto bordo in “Venere in Visone” (1966), scrive “No sale” sullo specchio col
rossetto; Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany” (1961), prima di
recarsi nel carcere di Sing Sing, lo estrae dalla cassetta della posta insieme
a uno specchio per darsi una ritoccata lampo. Con buona pace della paternità maschile
di Jack Lemon e Tony Curtis in “A qualcuno piace caldo” (1959) e del
trionfo di Tim Curry in “The Rocky Horror Picture Show” (1975)
alle prese con guêpière e gloss. Sexy quanto Kim Basinger in “9 settimane
e 1/2” (1986); settecentesco per Glenn
Close ne “Le relazioni pericolose”
(1988); d’alto bordo per Julia Roberts
in “Pretty Woman” (1990); goloso con Juliette Binoche in “Chocolat” (2000); splendente come Nicole Kidman in “Moulin Rogue!” (2001). Iconico da conquistare il mondo della
musica, troneggiando in svariati titoli: Lipstick Killers/New York Dolls,
Lipstick Lies/Pat Benatar, Lipstick Vogue/Elvis Costello, Lipstick Sunset/ John
Hiatt, Traces of my Lipsitck/Xscape. Iconico da divenire tacco per le
décolletés di Alberto Guardiani. Un
magnete di significati dal grido evocativo, immortale nel tempo e impassibile
alle mode.
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