giovedì 26 aprile 2012

BOOK_Quanti sono i domani passati per Valentina Cortese?







Lo scorso mercoledì 11 aprile, avvolta in un abito in seta color glicine, raffinata, elegante e divina come nessuna, Valentina Cortese ha presentato negli spazi del suo tanto caro e adorato Piccolo Teatro di Milano l’autobiografia “Quanti sono i domani passati”, edita Mondadori.
Un appuntamento emozionante per molti aspetti: per la presenza scenica dell’attrice, mito del teatro e del cinema in tutto il mondo; per lo scenario scelto per la presentazione, luogo in cui l’artista ha vissuto intensi momenti della sua vita personale e professionale; per l’eccezionalità degli aneddoti raccontati, che hanno visto protagonisti grandissimi personaggi della storia del cinema e del bien vivre d’alta società di un tempo, presentati però nella loro essenziale normalità, complice la semplicità e la spontaneità narrative di Valentina.
Un’artista che ha perseguito gli ideali di grazia e bellezza e ai quali - a detta della medesima - intende rimanere fedele, soprattutto in un’epoca come quella attuale, troppo affezionata alla volgarità e alla bruttezza.
“Sono un’attrice vecchio stile, con la voce flautata. Nella vita, lo so, cerco di fare il clown, cerco di tenermi questa etichetta che mi hanno messo addosso della diva un po’ evanescente e che, in fondo, mi protegge e mi fa comodo”. Ma tolti gli abiti di scena, Valentina è soprattutto una donna, con una grande umanità che la rende vicina più di qualsiasi altra persona. Gli aspetti divini rimangono nelle meravigliose creazioni sartoriali firmate Capucci piuttosto che Galante – tripudi di shantung di seta volti a riprodurre gigli primaverili o eleganti drappi e sovrapposizioni, quintessenza di uno stile che è andato sparendo nel tempo; nel turbante sapientemente portato; nei modi di presentarsi; ma parlando della vita, dalle sue parole trapela un’inaspettata e gradita semplicità. “Io amo la vita anche se la vita spietatamente ci scaraventa là, così, subito, brutalmente nel caos”. E proprio la sua vita, raccontata nel libro, sembra una favola hollywoodiana, che inizia allo scoccare del nuovo anno in una Milano d’altri tempi, per passare alle rive dell’Adda imbiancato, fino a Torino, Roma, Cinecittà, Hollywood e poi al palcoscenico del Piccolo Teatro. Una vita costellata di successi e di grandi amori con uomini altrettanto grandi: Victor De Sabata, Giorgio Strehler; d’incontri e amicizie straordinarie: da Fellini a Marilyn Monroe, da Truffaut a Alda Merini.
Infiniti gli aneddoti – sensibili o pepati che siano - che Valentina racconta ogni volta con emozione: dal teatrino costruito da papà Giuseppe al sorriso di Paolo Grassi quando era già in clinica a Londra malato di cuore, dal sorriso di Marcello Mastroianni quando gli aveva avvolto una sciarpa in cachemire gialla al collo mentre andava verso il Teatro Manzoni (una delle sue ultime rappresentazioni) alla mano di Victor (de Sabata) che conduce il Tristano e Isotta, passando per l’abbraccio di Giorgio (Strehler), i passi traballanti del figlio Jackie quando a nove mesi cammina da solo sulla Queen Elizabeth di ritorno da Hollywood, il whisky gettato con violenza in faccia a Darryl Zanuck, fino ad arrivare a ogni primo passo compiuto per entrare in scena.
Una donna, un’attrice, un mito che nella grandiosità della sua vita ha saputo preservare nell’anima un approccio fanciullesco con il quale ancora oggi vive, vede e interpreta il mondo: “Il mio passato vive nel mio presente. Porto dentro di me tutta la pienezza della mia vita affettiva, dei ruoli che ho interpretato, dei luoghi che ho conosciuto, delle case che ho abitato con la stessa vivida memoria con la quale conservo in me la mia infanzia”.

Quanti sono i domani passati, di Valentina Cortese, Mondadori, 18 €

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