venerdì 13 luglio 2012

ABOUT_Bespoke...fatto e indossato








C’era una volta la sartoria. In bilico tra psicologia ed estetica, virtuosa nel cambiamento ma attenta a preservare la tradizione più pura, ha vissuto il suo periodo d’oro a cavallo degli anni ’50, quando veniva celebrata quale sublime espressione di stile ed eleganza in un’Italia appena uscita dalla guerra e desiderosa di riscatto. Il successivo boom economico e la conseguente diffusione del benessere hanno però indotto un aumento tanto massiccio dei beni di lusso da determinare la nascita degli abiti industriali e, più in generale, della moda pronta. Una svolta epocale nella storia del Paese e soprattutto nelle abitudini dei consumatori che ha innestato un inesorabile appannamento della sartoria su misura. Un’inversione di tendenza per così dire rallentata negli anni ’90 con lo sviluppo massiccio della strategia di produrre in modo industriale beni personalizzabili secondo i gusti della clientela: un “giusto” compromesso tra massificazione e customizzazione, nell’ottica del rispetto di logiche di profitto che non tralascino però di considerare, anche se velatamente, le preferenze intrinseche del consumatore finale. È il caso di prodotti particolari, diversi dai concorrenti a livello tecnico, funzionale ed emotivo: fattori che inducono il cliente a pagare un plus valore, quintessenza di significati sublimi e sussurrati. Due esempi su tutti, la personalizzazione delle polo Ralph Lauren e della calzature per adulti Kikers.
Una strategia che ha affascinato anche il mondo della moda classica maschile al punto da sviluppare l’apposita etichetta “su misura”: un elemento che ha attratto nuove fasce di consumatori, sia per età che per potere d’acquisto, decise più che mai ad avere sì un completo firmato ma, al tempo stesso, caratterizzato da piccoli dettagli personalizzati. Una propensione tutta nuova che ha coinvolto soprattutto le griffe più importanti, lambendo di striscio le sartorie vere e proprie, protagoniste di un ulteriore offuscamento negli ultimi anni: nel 2007 erano 473 per arrivare nel 2011 a 302. Un dato che appare in netto contrasto con l’esito della semplice ricerca in internet della voce “abiti su misura”: sono 300mila i risultati che si possono ottenere. Peccato, però, che ben pochi siano sarti effettivi, trattandosi, nella maggior parte dei casi, di commercianti di abiti dalle strutture molto snelle, che offrono un servizio di sartoria rivolgendosi a maestranze esterne. Non è raro, inoltre, il caso addetto commerciale che, armato di metro e cartella tessuti fornita dai lanifici, si rechi a far visita al cliente, eliminando così fisicamente il punto vendita.
Se è vero quindi che un abito di sartoria sia necessariamente fatto su misura, non è altrettanto esatto il contrario, affermare cioè che un abito tailor made sia di sartoria tout court. Questi ultimi molto hanno in comune con i primi – soprattutto per quanto attiene gli aspetti emozionali (visibilità, riconoscimento sociale, ricerca d’identità, ecc.) – ma si differenziano per le caratteristiche più formali: non sono cuciti interamente a mano e non sono realizzati a partire da un cartamodello disegnati sul cliente. In compenso, garantiscono costi più contenuti e tempi d’attesa notevolmente ridotti. Ecco quindi che il su misura, detto anche bespoke (in perfetto stile anni ’60), si è arricchito nel corso della seconda metà del ‘900 di altre due sfumature: il semi-sartoriale e l’industriale termosaldato.

Bespoke
L’abito sartoriale per eccellenza: tra le 50 e le 80 ore di lavorazione, 4mila punti per il solo petto della giacca, interamente tagliato e cucito a mano, doppiato – affinché il capo mantenga la forma - e stirato. Personalizzabile in ogni elemento, richiede dalle due alle tre prove perché caschi a pennello, almeno per il primo. Realizzato il cartamodello, non è più necessaria la presenza del cliente per un ordine successivo, eccezion fatta per la scelta del tessuto. Un servizio offerto dall’artigiano sarto per un cliente che ricerca la qualità ed l’esclusività. Una sartoria che preserva la tradizione, strizzando l’occhio all’innovazione: non sono rari i casi, infatti, di laboratori che mirino alla destrutturazione degli abiti – soprattutto delle giacche – alla volta di capi senza peso che mantengano però la forma. Un compromesso reso possibile, per esempio, dalla stretta collaborazione con i lanifici, in modo da creare tessuti elastici e ineguagliabili, ottenuti da fibre extrafini, frutto di tecniche esclusive di lavorazione. Qualche nome blasonato nel settore: Gaetano Aloisio, Carlo Brandelli, Gianni Campagna e Domenico Caraceni.

Semi-sartoriale
Un combinato di antico e moderno. Un sarto o un commesso specializzato prova al cliente numerosi capi-modello fino a trovare quello che più gli si addice per forma e stile; vengono quindi prese le misure, si sceglie il tessuto, si decidono le personalizzazioni e, dopo una sola prova, il capo è pronto. L’abito è in parte cucito a macchina e in parte a mano (girospalla, asole, impunture, iniziali, ecc.). Le ore di lavorazione e i costi relativi diminuiscono sensibilmente; il tessuto e la struttura differenziano fortemente dall’offerta. Tra i nomi più celebri, degni di nota la Sartoria Rossi di Arezzo, Luca Minori di Torino, Veri Sarti di Crema.

Termosaldato
Di fattura industriale, si tratta in ogni caso di un abito su misura a tutti gli effetti: taglio e cuciture sono realizzate a macchina e la struttura per mantenere il capo in forma è termosaldata al tessuto esterno. Soluzioni produttive che implicano un abbattimento delle ore di lavorazione e quindi dei costi finali. Le possibilità di avere un capo unico sono molteplici: tessuto, mono o doppiopetto, tasche e taschino, revers, numero di bottoni delle maniche, spacchi, fitting, contrasti, fodera, piping, colletto, asole, orlo, ecc. Soluzioni agevoli fornite soprattutto dagli e-commerce iTailor e Tailor4less.

Intesi che il miglior consiglio sia quello offerto dal sarto (meglio se di fiducia), conoscere però i dettami dello stile e qualche regola pratica su cosa indossare quando, nonché sviluppare una personale affinità per gli abbinamenti, si rivelano fattori strategici per poter creare un look che più corrisponda alla nostra persona.
Nulla toglie che l’abito sia facile da indossare: giacca e pantalone dello stesso colore e tessuto non consentono di incappare in clamorosi errori cromatici e non. Oltre ai classici grigi e ai blu, questi ultimi indicati anche per le cerimonie, sono apprezzati le declinazioni dei blu e le fantasie. Lo spezzato è divenuto invece il segno distintivo di molti imprenditori e top manager attenti allo stile. Da ricordare che il su misura richiede revers a lancia nelle varie larghezze, da 8 cm in su. La giacca ready-to-wear, in altre parole quella alla moda, va portata abbastanza corta e piuttosto fasciante: caratteristiche alle quali non è invece vincolata quella made-to-measure.
Un su misura, quindi, che rispecchia appieno gusti ed esigenze, carattere e identità. Atemporale nella sua forma così come nei contenuti, accompagna nell’affermazione sociale della propria personalità. A ciascuno il suo: non vi sono regole ferree per tracciare le linee di stile della propria vocazione estetica. Pertanto, libera interpretazione ed espressione dell’eleganza, con un occhio attento alla personalizzazione della tradizione, al buon gusto e, ça va sans dire, al senso della misura.  

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