venerdì 8 giugno 2012

ABOUT_Appunti di stile e di vita firmati Gianfranco Ferré






La donna, la contaminazione femminile/maschile, il lessico quale manifestazione di stile, il lusso, i materiali e poi l'amatissima Milano: capisaldi dell'universo targato Ferré, in cui vita e moda viaggiano a braccetto. 

La “mia” donna
E’ alta, sottile, slanciata, agile, sinuosa e dinamica. Può non essere perfetta nei lineamenti né bellissima secondo i canoni classici, ma sa sempre essere interessante, seducente e femminile.Il suo fascino è nello sguardo, nel sorriso, nei gesti e nei movimenti.

Lessico
La storia del mio stile si fonda su una sorta di alfabeto, di lessico stilistico che può manifestarsi in infinite varianti, evolversi nel tempo, arricchirsi, assimilare nuovi segni, restando però coerente. La mia esperienza creativa di tutti questi anni - in termini tanto di atteggiamento operativo quanto di impostazione di metodo - altro non è se non l’applicazione in concreto di questo lessico ed il suo costante aggiornamento che si compie nella perizia con cui si attuano tutti gli interventi di realizzazione di ogni singolo oggetto (sia esso un abito da gran sera, un impeccabile completo maschile, un jeans, un accessorio…), e che si concretizza nel rigore delle forme e delle costruzioni, nella perfezione delle proporzioni, nella sintonia totale con il corpo. Il lessico Gianfranco Ferré si individua, per esempio, nel ricorso sistematico a materiali importanti e spesso esclusivi arricchiti sempre da lavorazioni all’avanguardia, nella cura sacrale riservata ai particolari ed alle finiture, nel gioco appassionato tra formale ed informale che si compie come semplificazione del primo e nobilitazione del secondo, nell’intenzionale commistione di generi, funzioni e tipologie che produce grande originalità. Applicare il mio lessico porta al piacere ed alla certezza di ritrovare in ogni collezione presenze che non hanno tempo (la camicia iperfemminile, il tailleur perfetto, la sera sontuosa, lo sportswear raffinato) e danno un senso preciso di continuità, di linearità, di fedeltà ad un’idea di bellezza”.

Lusso
In tempi di edonismo mi sono sempre sforzato di proporre il lusso della sostanza, un lusso di contenuti e di qualità. In tempi di minimalismo ho continuato a sostenere le ragioni del lusso. Ragioni in cui credo fortemente. Perché il lusso è un grande, innegabile piacere senza tempo.

Maschile/Femminile
“Si deve giocare con il guardaroba, maschile o femminile che sia. Interpretarlo, adattarlo a sé, “percorrerlo” in libertà, per mettere il trench da Humprey Bogart sopra il tubino da Audrey Hepburn, il piumino “tecnico” (che magari è in taffettà lucente) sull’abito da sera, il body-guepiere mozzafiato sotto il tailleur gessato, eventualmente evitando questo accostamento per l’appuntamento di lavoro alle dieci del mattino. Giocare con il guardaroba è espressione di personalità e identità. E per lo stile di oggi è quasi un must. La realtà del nostro tempo è fluida, articolata, multiculturale, in continuo movimento. Deve esserlo anche la moda. E, soprattutto, deve esserlo il nostro modo di vivere la moda. Anche per questo, il tailleur “a uomo” non è più il power suit degli anni Ottanta. Può essere in tessuto maschile, secco e funzionale, può essere definito da dettagli tecnici, ma segue nella costruzione la logica naturale del corpo, rispetta il bisogno di comfort e le forme della femminilità: ha le spalle ammorbidite ed appena imbottite, ha la vita segnata ma non strizzata, i revers misurati; può mutare d’aspetto, grazie a tagli ed accorgimenti strategici, così che la giacca, che cade diritta e impeccabile, può anche drappeggiarsi come una stola; se c’è l’effetto gessato, può essere il risultato di impunture da alta sartoria o persino di ricami. Nel Terzo Millennio, il senso del “maschile al femminile” è proprio questo: mischiare, interpretare, applicare le logiche dello stile maschile alle tipologie del vestire femminile, scambiare materiali, tecniche di costruzione, scelte di colore, fogge, finiture, funzioni d’uso… Così, se la camicia ha un taglio perfetto a uomo, è in raso lucente e candido, se è in Oxford, è drappeggiata e sontuosa.
Il jeans è asciutto e scattante, ma è in raso jacquard o in broccato. Lo smoking diventa abito da sera anche per la donna, ma perde le maniche, oppure è costruito in certe sue parti in tulle nude-look. Il pastrano militare è severo, ma ha il bordo in visone, come la jeans jacket. Il piumino è caldissimo e iperfunzionale, ma ha le imbottiture calibrate in sintonia con la silhouette”.

Materie
Io amo i materiali puri, pregiati come la seta, duttili come la pelle, leggeri e naturali come il lino, caldi ed avvolgenti come la pelliccia. Della seta in particolare, amo le tipologie più preziose: l’organza iperfemminile, il taffettà corposo, che su un corpo in movimento produce un fruscio ultrasensuale. Ma con eguale entusiasmo sono un sostenitore della sperimentazione e della ricerca applicata ai materiali che per la moda di oggi è una necessità. La fornisce di nuove sostanze, consente usi inediti di materie tradizionali, amplia i limiti della creatività, la proietta verso il futuro. Per me la ricerca è anche passione, un filo rosso che spiega moltissimo della mia creatività e la percorre senza mai interrompersi. Io amo il rapporto diretto con la materia, amo toccarla, maneggiarla, inventarla, reinventarla, cambiarla. Tentativi su tentativi, progressi che si sommano, avvicinamento progressivo al risultato desiderato: ricerca e sperimentazione diventano alchimia. Con tantissime sfide vinte: il primo tulle elasticizzato e “rivelatore”, il pizzo gommato, il costume da bagno in lattice, il jeans che sembra carta, la maglia che sembra pelliccia, gli “animal prints”, la pelle resa duttile come il tessuto, la pelle accoppiata al pizzo, la seta stropicciata come la carta…”

Milano
Di Milano amo lo spirito concreto, la dimensione privata che garantisce privacy, discrezione, concentrazione per il lavoro. Milano è una città piccola, che vive “in interno”. Un tempo, nei quartieri alti, i palazzi si proiettavano nei giardini bellissimi rinchiusi dai portoni, mentre in quelli popolari l’animazione era nei cortili, sui ballatoi delle case di ringhiera. E’ la forza e la debolezza di Milano: ciò che è di tutti non è sempre curato, la città non è tanto brava a vivere e pensare “in pubblico”; il suo progresso spesso nasce dall’individualità. Un difetto che si traduce oggi in infrastrutture carenti, nella mancanza di una politica globale della città e di una pianificazione del vivere urbano, nell’assenza di risposte alle necessità collettive. Qui vorrei che Milano migliorasse… Intanto prendo delle boccate d’aria altrove. Parigi, New York, Londra mi offrono ciò che Milano non mi dà. Ampio respiro, senso della metropoli e del mondo, orizzonti multiculturali e multirazziali, uno stimolo indispensabile per il mio lavoro. Poi torno a casa, a Milano…”

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