giovedì 14 giugno 2012

ABOUT_Appunti di stile e di vita firmati Gianfranco Ferré




Moda e...architettura, arte, giovani. Queste le connotazioni principali, declinate in una miriade di nuances più o meno accennate, che assume la moda per Gianfranco Ferré, stilista-architetto prima ancora che grande estimatore dell'arte e fervido sostenitore dei talenti giovanili. Et voilà un piccolo estratto delle sue riflessioni a vivavoce sulla questione....


Moda e Architettura
“La mia idea di moda si fonda sul principio di un intervento ragionato sulle forme come punto di partenza per la creazione dell’abito, che è sempre il risultato di un processo di costruzione e di un progetto. Vestire una donna o un uomo significa dunque ragionare in termini di linee, volumi, proporzioni. Esattamente come “vestire” uno spazio. La differenza, importantissima, risiede nel fatto che per il fashion designer l’elemento di riferimento primario è il corpo umano, ovvero un’entità in movimento che come tale va considerato sin dal primissimo abbozzo d’idea per un abito. Inoltre, in entrambe le situazioni non può e non deve mancare anche un approccio emozionale, dettato dalla fantasia e dalla sensibilità.”
“Credo si debba sempre ricercare un equilibrio tra l’approccio “cerebrale” all’abito - inteso cioè come risultato di un processo di elaborazione creativa ragionato e pianificato – e l’approccio emozionale che fa dell’abito il risultato di un’intuizione di pura fantasia. Ciò vale per il creatore non meno che per i potenziali fruitori che intendono e vivono l’abito come oggetto ad alta definizione funzionale, ma dal potenziale emozionale non meno intenso. Un oggetto d’uso dunque: che si butta facilmente in valigia, ma che non si butta via dopo una stagione; che si presta ad un utilizzo versatile, ad un consumo magari veloce, ma sempre ragionato e realistico; che vale perché è “fatto bene”, perché è bello e confortevole insieme. E poi c’è la valenza espressiva dell’abito, che in una dimensione di vita omologata ha il potere di rendere individuo ogni uomo e ogni donna, di dar corpo e visibilità a desideri, sogni, emozioni, volontà, slanci. L’abito è un mezzo, uno strumento, attraverso il quale si compie il contatto tra vita interiore e vita reale”.

Moda e Arte
“E’ determinante la mia passione per le arti figurative della contemporaneità, che mi affascinano per la loro energia, per la carica espressiva riassunta quasi sempre in tratti intensi, vibranti di velocità e di immediatezza. Credo che la chiave di lettura di tutta la nostra epoca - in tutte le sue espressioni, i modi di vivere, le manifestazioni del pensiero, dell’arte e della cultura - sia infatti una concezione del tempo, dello spazio e del movimento molto diversa rispetto al passato perché fortemente incentrata sulle valenze della velocità, dell’energia, del dinamismo. Valenze essenziali anche nella quotidianità della nostra vita che è fatta di viaggi, spostamenti, comunicazioni che si compiono in tempo reale, ritmi produttivi sempre più accelerati, flusso costante e rapissimo di notizie, informazioni e dati, flusso tale da annullare i limiti sino ad ora imposti all’agire umano dalla concretezza delle dimensioni spazio-temporali. Questa credo sia realmente una delle “cifre” primarie della nostra epoca che, come tale, non può non permeare la moda. E nella mia moda, nel mio stile c’è ed è sicuramente forte il senso del movimento, che connota l’oggetto-abito sin dal suo nascere sotto forma di schizzo: pochi “segni” tracciati sul foglio bianco in velocità”.

Moda e giovani
“Io sono convinto che l’istruzione finalizzata alla moda, al pari di ogni altro specifico sbocco professionale, abbia un senso ed una funzione se si crea un legame, un interscambio direi, tra scuola e dimensione del lavoro vero e proprio, tra dimensione dell’apprendimento e dimensione della verifica in concreto degli insegnamenti. Un legame che dovrebbe tra l’altro essere premiante per entrambe le parti. Un legame che in Italia può contare su una normativa ancora insufficiente che ne stabilisca con chiarezza forme e modi, come altrove avviene invece da tempo. In Francia, per esempio, tutte le Maison de Couture devono attenersi alla regola della Chambre Syndicale (vera e propria emanazione dello Stato con potere decisionale che orienta tutto il settore) che impone di accogliere negli atelier, un certo numero di allievi delle scuole di moda in qualità di apprendisti. In altre parole, io non credo che esista un problema di discrepanza qualitativa tra l’insegnamento impartito nelle scuole di moda italiane e quello offerto all’estero. Il problema è semmai di strutture e di infrastrutture, di mezzi e, come ho detto, di normativa. Una normativa che in generale ponga la dimensione della formazione e quella del lavoro in un rapporto proficuo e al passo con i tempi”.
“La scuola deve segnare percorsi, aprire orizzonti, essere “avanti”, fornendo a chi la frequenta strumenti e valori. Ed operando non come corpus separato, ma come parte integrante della realtà, cogliendone dinamiche, fermenti, stimoli. Sicuramente ci sono ancora carenze nell’apparato scolastico - soprattutto pubblico - che in Italia non privilegia la formazione specifica in ambito moda, e neppure, in verità, quella professionale in generale. Inoltre non è neppure particolarmente agevole, quantomeno in relazione ad altri paesi, la normativa che regola l’attuazione degli stages nelle aziende, anche se va riconosciuto che in proposito molto è stato fatto negli ultimi tempi, né l’attuale normativa aiuta ad assicurare un futuro alla creatività. Persiste insomma una sorta di scollamento tra mondo della scuola e mondo del lavoro, che impedisce alla moda di disporre di professionalità adeguate alle reali esigenze, né aiuta ad assicurare un futuro alla creatività. Di fronte a questo stato di cose, diventa più facile per la moda italiana attingere nuove forze dalla scuole di altri paesi, in cui - per tradizioni culturali, impostazioni didattiche, assetti legislativi - la creatività dei giovani viene stimolata e plasmata con una rispondenza maggiore rispetto ai bisogni effettivi del mondo professionale”.
“Fortunatamente con i giovani io ho un ottimale punto d’incontro nel mio atelier, dove mi affiancano assistenti e stagisti; non solo sono tutti giovani, ma sono anche ben mescolati in fatto di provenienza, nazionalità, lingua, perché credo che il principio del melting pot sia stimolante e vantaggioso per tutti quelli che ne sono parte. In questo contesto i miei consigli si leggono in termini di esempio: determinazione, volontà, abnegazione, anche sacrificio. La moda è logica, metodo, sistema. E’ lavoro. Anzi, la moda sono tanti lavori: quello del disegnatore, quello del sarto, dell’artigiano, del tecnico… E un lavoro tale non può non presupporre entusiasmo, dedizione, curiosità intesa come capacità e volontà di guardarsi intorno per ricavare stimoli, cultura intesa come conoscenza delle esperienze altrui, delle espressioni del sapere umano, di altri orizzonti ed altre realtà di vita. Un consiglio in sintesi? Conoscere e sperimentare, lavorare e sapere quello che si vuole”.

Nessun commento:

Posta un commento