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giovedì 23 gennaio 2014

STYLE_Royal Hem – Un gentleman Casanova





Sartorialità, artigianalità e suggestioni di stile veneziano gli ingredienti per la collezione autunno/inverno 2014/15 di Royal Hem. Il marchio, infatti, conferma uno stile fondato sull’ispirazione angloitaliana. Un gentleman alla scoperta delle sontuosità veneziane, dei dettagli e tessuti storici della più affascinante tra le repubbliche marinare.
 Lo stilista ha sapientemente mixato il gusto della sartoria Savile Row al pregio dei tessuti e alle lavorazioni jacquard che rendono omaggio alla grande Venezia.
A predominare nel guardaroba, i blazer royal navy, giacche tartan originali inglesi e tessuti black and watch esclusivi disegnati in collaborazione con il lanificio Cerruti, da mixare a tessuti jacquard e stampati dal forte richiamo Veneziano.
Nel soggiorno veneziano l’uomo di classe sceglie, una volta scesa la sera, velluti lisci jacquard che nella loro impeccabile lavorazione si fondono al raso per tuxedo lussuosi e ricercati nell’utilizzo dei materiali che non possono mancare nel guardaroba da sera del viandante dallo stile “Britalian”. L’abito pinstriped tipico degli uomini d’affari della City o “prince of Wales”, in pieno stile “new dandy”, si abbina ad accessori per un’interpretazione “Britalian” della tradizione sartoriale.
Durante il soggiorno veneziano l’uomo di classe seleziona anche capi informali per i momenti più rilassati attraverso le meraviglie della città senza rinunciare allo stile, lasciando trapelare le sue origini e la sua passione “bespoke”.

martedì 3 dicembre 2013

PEOPLE_Vivienne Westwood: la regina punk della moda



























Hai una vita molto più interessante se indossi abiti unici”. Questa la convinzione della stilista inglese più nota e iconoclasta del mondo, punto di riferimento del costume internazionale, testimone privilegiata – nonché protagonista indiscussa – di quella sana contaminazione tra arte e moda molte volte evocata e snodo imprescindibile della scena culturale degli anni ’70.  Questo e molto altro ancora fanno capo a lei: Vivienne Westwood. Un nome che racchiude un tesoro di rimandi e visioni in bilico tra la visionaria immaginazione e la rappresentazione scenica del fermento artistico della seconda metà del secolo scorso, cartina di tornasole delle dinamiche sociali dell’epoca. Il suo nome, infatti, è indissolubilmente legato agli esordi della moda punk negli anni ’70, ma soprattutto alla sua inclinazione ad andare contro le convinzioni e il sistema, senza però con questo mancare di rispetto al passato per il quale ha sempre dimostrato una veneranda devozione, ispirandosi in continuazione per le sue creazioni.
La carriera di Madame Westwood spazia dallo street wear all’haute couture, fino all’abbigliamento ready-to-wear; dagli outfit che lei stessa disegnava per i Sex Pistols negli anni ’70 (quando iniziò l’attività di stilista insieme al compagno di allora Malcom McLaren, storico leader del gruppo) ai corsetti e agli abiti da sera degli anni ’80 e ’90, fino alle nuove tecniche di modellismo e all’interesse sociopolitico degli ultimi anni.
Un lavoro creativo che ha sempre spaziato da un estremo all’altro dell’universo della moda, dalla cultura di strada londinese alle eleganti e sofisticate collezioni per le passerelle di Parigi, Londra e Milano. Un mondo che segue da vicino, essendo lei stessa proprietaria e designer di un negozio di abbigliamento e tendenze – il celebre Leti t Rock al 430 di King’s Road – più volte rinominato nel tempo (nel 1974 Sex, in seguito Seditionaries e infine World’s End) e noto per l’inconfondibile insegna con l’orologio che gira al contrario.
La prima sfilata targata Westwood si tiene all’Olympia Londra nel 1981 con la collezione Pirate: la stilista lancia il New Romantic movement ed è subito successo, tanto che l’anno successivo sfilerà a Parigi, seconda designer britannica dopo Mary Quant.
Nel 1984 il suo stile comincia a guardare alla tradizione e alle tecniche sartoriali di Savile Row. Complice la riscoperta dei tipici tessuti inglesi del ‘600 e del ‘700, la creativa costruisce un codice vestimentario che nel 1989 Mr John Fairchild, presidente della Fairchild publications ed editor di Women’s Wear Daily, definirà “chic sauvage”.
Nel 1990 è la volta di una linea completa d’abbigliamento dedicata all’uomo, genere al quale aveva comunque lavorato sin dagli inizi, mentre nel 1998 lancia Anglomania, dedicata ai giovani e all’abbigliamento casual. Nelle sue creazioni, che si tratti di abiti o accessori, sono riscontrabili i dettagli del costume storico, come corsetti e crinoline rivisitati in chiave moderna e innovativa, oppure l’utilizzo di tessuti classicamente british, quali il tartan e il tweed, un astuto escamotage per realizzare capi ironicamente ispirati all’aristocrazia e alla monarchia inglesi.
Anche le calzature riflettono una sistematica esplorazione della struttura del costume storico, con collezioni che si ispirano al decoro del tardo settecento (Red Boot with Mirror Buckles, 1989), del rococò, dell’era vittoriana e dei dipinti fiamminghi. Dal 1971 a oggi tra i cult spiccano le calzature caratterizzate da intrecci unici di cuoio e tessuti pregiati, da palette di colori spettacolari, da altezze vertiginose, visto che, come proclama la stessa Westwood, “le scarpe devono avere tacchi altissimi e platform per mettere la bellezza delle donne su di un piedistallo”. Si va così dai primi modelli ispirati all’estetica del fetish e del bondage come le Goat Chain Boot della collezione Sex (1973/74), allo stivaletto indossato dalla stessa stilista e assunto a icona, ai Rope Sandal (1983) appartenenti al periodo Punk e portatori di colori innovativi come il viola e il bianco per le suole di gomma. Tra gli altri modelli passati alla storia, le famosissime zeppe mock-croc della serie Super Elevated, alte fino a ventun centimetri, ree d’aver causato al caduta in passerella di Naomi Campbell.
Numerosi i riconoscimenti ricevuti negli anni: l’onorificenza British Designer of the Year nel 1990 e nel 1991; il Queen’s Award for Export nel 1998; l’Export Designer of the Year e l’UK Fashion Export Award for Design nel 2003. Nel 2004, invece, il Victoria&Albert Museum di Londra le ha dedicato una retrospettiva, il più grande omaggio che il museo abbia mai dedicato a un designer, esponendo outfit selezionati direttamente dalla collezione privata del V&A e dall’archivio della stilista. Nel 2006 è la prima stilista inglese a ricevere l’onorificenza di D.B.E. (Dama comandante dell’ordine dell’Impero Britannico) da sua maestà la regina Elisabetta II come riconoscimento per l’eccezionale contributo alla moda d’oltremanica. 

lunedì 11 marzo 2013

STYLE_Mistero e voyeurismo per Louis Vuitton








Il viaggio, come vuole la tradizione, è un leitmotiv delle collezioni di Louis Vuitton, che stagione dopo stagione, propone nuove interpretazioni di una magica esplorazione di luoghi e tempi lontani, insoliti e ricchi di fascino. Protagonista di queste avventure, una donna etera nella sua eleganza, avvolta da un’aura incantatrice, attratta dall’inconnu e da una dimensione che comporta novità. Una viaggiatrice che non si ferma mai e, instancabile, continua in questo divenire di conoscenza e ammirazione, scoprendo nuovi orizzonti, lambendo terre lontane, facendo proprie reminiscenze, culture, idee e visioni. Per portare tutto con sé, nel meraviglioso scrigno dell’esperienza. Lo stesso scrigno dal quale Louis Vuitton scova, di volta in volta, stimoli e ispirazioni per le sue linee di abbigliamento e accessori.
Quella della collezione Autunno/Inverno 2013-2014, è una viaggiatrice misteriosa dal fascino sensuale, in bilico tra irrequietezza e fragilità, ma, al tempo stesso, consapevole e sicura della sua femminilità.
L'allestimento della sfilata riporta la mente nel corridoio di un vecchio hotel, su cui si affacciano 50 camere. Dietro ogni porta si celano altrettante donne con i loro segreti racchiusi in guardaroba Louis Vuitton. Ispirata ad una disinibita Liz Taylor nel film "Venere in visone" del 1960 di Daniel Mann, tratto dal romanzo del 1935 di John O'Hara, la donna Louis Vuitton per la stagione fredda che verrà esprime una lussuosa e cosciente sensualità.
Marc Jacobs, Direttore Artistico della Maison, ha dichiarato: “La collezione Autunno/Inverno 2013/2014 è una sublimazione del lusso, della qualità e del savoir-faire degli ateliers Louis Vuitton. L'intera collezione è pervasa da un'atmosfera voyeuristica, decadente e romantica. Sofisticati abiti da camera svelano il piacere di vestirsi solamente per scoprire che la destinazione più glamour è la propria camera d'hotel”.
In un solo apparente déshabillé, le modelle portano con eleganza e nonchalance pellicce indossate su abiti sottoveste, cappotti oversize su capi dalle stampe pijiama oppure osano fluide tuniche romantiche, ricamate da paillettes minuscole bordate di pelliccia di visone. Gli abiti giocano sul contrasto tra innocenza e malizia: sete stampate con i tipici disegni delle robe de chambre degli Anni ‘60 si alternano a pizzi trasparenti, i cui fiori e ricami sono realizzati da piccoli petali di piume. L’utilizzo dei tessuti maschili nei cappotti e negli abiti è ingentilito da dettagli in piume di marabù e paillettes degradé nei toni notturni. Vestaglie in seta foderate di piume stampate paisley si alternano a giacche e soprabiti in tweed o tartan, in una giustapposizione tra voyeurismo, intimità e esibizionismo. Decadenti pellicce di visone e astrakan arricchiscono anche i capi più semplici o foderano un lussuoso tailleur in coccodrillo spazzolato, mentre le palette dei colori virano su toni scure, quali il verde bosco o il blu notte, o polverose, rosa cipria e grigio in testa, come se i capi fossero in penombra, illuminati solo dalla luce fioca di un abat-jour.
Il lusso volutamente impolverato dei materiali del ready-to-wear Louis Vuitton viene riproposto anche nelle borse e negli accessori. Tre borse icona della Maison - la Pochette Accessoires, la Lockit e la Speedy - sono realizzate in pellami esotici, vitelli pregiati o rivestite in marabù e piume, tutte internamente foderate in pelliccia. Le tele Monogram e Damier non compaiono in passerella: la firma della Maison risiede nei virtuosismi delle lavorazioni e nella qualità estrema dei pellami, un omaggio al savoir-faire degli artigiani pellettieri Louis Vuitton. La Lockit, da portare ripiegata sotto la spalla come una maxi pochette, acquista forme più morbide e femminili; la Speedy è realizzata in nuvole di visone o in materiali esotici come coccodrillo, mentre i manici vengono proposti in legno esotico o corno; la maliziosa Pochette Accessoires, ingrandita nelle dimensioni, viene arricchita da pietre preziose sulla tracolla.
Anche le scarpe ricalcano il fil-rouge decadente che pervade l’intera collezione: i sandali, dalle forme sinuose e leggermente retrò, sono rivestiti da pellami esotici, come pitone e alligatore in colori naturali. I tacchi alti 12 centimetri e la punta aperta, donano il tocco finale di glamour, nostalgico e sensuale.
Una collezione regale, quintessenza di lusso ed eleganza, giocati però nelle loro declinazioni più tenui e voyeuristiche, senza ostentazioni né esasperazioni: tutto risplende di luce propria, vuoi per la preziosità dei materiali vuoi per il prestigio delle lavorazioni o per il recupero dell’heritage. In ogni caso, una collezione che parla per e della Maison, evocandone lo spirito autentico ed enfatizzandone i tratti più sofisticati; l’ennesima tappa del viaggio infinito di Louis Vuitton intorno al mondo, dove la cultura e la storia regnano sovrane, stimolando a un moto perpetuo quale chiave di volta per scoprire la perfezione della sua accezione più sublime. 

lunedì 29 ottobre 2012

ABOUT_A ogni clan il suo tartan














Il tartan è un particolare disegno dei tessuti in lana delle Highland scozzesi. Il termine deriva dal francese “tiretaine” e indica un tipo di materiale. Si caratterizza per un particolare disegno – in italiano chiamato comunemente scozzese – ottenuto alternando strisce, in angolo retto le une rispetto alle altre, composte da fili colorati (pre-tinti), tessuti in modo tale da ripetersi sia nell’ordito che nella trama. Per tesserlo, l’armatura del telaio necessaria è la saia.
Pur non conoscendo l’origine esatta di questa particolare tessitura, si può attestare con certezza che intorno al XVI secolo il tartan scozzese assume le caratteristiche attuali, divenendo - oltre che un fenomeno di costume - un simbolo d’identità nazionale. Fino alla metà del XIX secolo, gli highland tartan erano associati a regioni e distretti piuttosto che a uno specifico clan. Martin Martin, nel suo A Description of the Western Islands of Scotland, pubblicato nel 1703, scriveva che i tartan potevano essere utilizzati per distinguere gli abitanti delle diverse regioni. Pertanto, la distinzione dei tartan in base alle diverse famiglie viene istituita solo in epoca moderna, in virtù del fatto che i clan utilizzavano il tartan della zona in cui erano presenti. Un fenomeno in voga ancora oggi, tanto che le famiglie scozzesi non appartenenti ad alcun clan, utilizzano il tartan della propria regione. Nella storia, è stato per così dire vittima anche di pratiche proibizioniste, come, per esempio, nel 1746 dopo la battaglia di Culloden, quando il governo britannico con l’Act of Proscription vietò l’uso del tartan per cercare di avversare la rivolta dei clan gaelici giacobiti. Nel 1765, invece, conobbe il suo momento d’istituzionalità, divenendo la divisa degli Highland Regiments; mentre nel 1815, la Highland Society of London ufficializzò il legame tra un clan e il suo tartan. Nel libro Wilson’ key pattern book del 1819, erano già stati raccolti 250 tartan differenti; oggi ne sono registrati 4.000 anche se le tipologie in commercio si aggirano tra i 600 e i 700. Nel 1822 è il momento della sua rinascita, complice il Movimento Romantico che lo porta a divenire simbolo per eccellenza con cui contraddistinguere gli scozzesi: durante la visita a Edimburgo di Giorgio IV, Sir Walter Scott convince il re, il suo seguito e tutti i capi dei clan a indossare il tartan. 
Tuttavia, accanto ai clan tartan ufficialmente depositati, esistono molte altre categorie registrate per famiglie, distretti, istituzioni e anche semplicemente per commemorare particolari eventi. In molti casi, inoltre, hanno assunto specifici significati. Il Duke of Fife tartan, per esempio, disegnato in occasione del matrimonio di Alexander Duff I, duca di Fife, con la principessa Luisa, figlia di Edoardo VII e della regina Alessandra, è ormai conosciuto anche come tartan del distretto di Fife e utilizzato dalle famiglie della regione che non hanno un particolare clan di riferimento. La tradizione, inoltre, ne riserva alcuni alle Scottish Highland Military Unit del Regno Unito e degli altri paesi del Commnowealth. La Famiglia Reale britannica utilizza il tartan Barmoral e le unità ad essa associate il Royal Stewart Tartan. Vi sono, inoltre, tartan per le forze armate, come il Royal Air Force e il Royal Canadian Air Force, ma anche per compagnie commerciali, speciali gruppi come Amnesty International, movimenti religiosi (tra cui Hare Krishna), città, club di football (compresi alcuni non britannici, come, per esempio, Hammarby IF), società di danza, gruppi etnici non scozzesi che vivono in Scozia. Addirittura in Canada tutte le provincie hanno il proprio tartan, così come molti stati degli Stati Uniti.
Tra le più belle stoffe scozzesi tramandate dalla tradizione, degna di nota è quella dei Buchanans, a quadri minuti e a vivaci tinte rosse e gialle, contrastanti col verde cupo e il blu. Fondatore di questo clan fu nel XIII secolo Gilberto, siniscalco del conte di Lennox, dal quale ottenne parte delle terre dei Buchanans nello Stirlingshire, da cui prese il nome. L'emblema di questo clan è il mirtillo e il suo grido di guerra "Clar Innys", nome di un'isola del Loch Lomond. Elegantissimo nella sua severità, invece, col rosso vivo che traspare luminoso da un fitto graticolato verde e blu, è il tessuto dei Mac Donald di Clanranald, il cui emblema è l'erica e il grido di guerra: "Contro chi osa". L'origine di questo clan risale a Giovanni, lord delle isole, che sposò Ami de Insulis, dalla quale ebbe un figlio, Ranald, da cui l'appellativo di Clanranald. Per quanto concerne il tessuto Macinnes, questo richiama, per l'insieme e l'effetto dei colori, il tessuto Mac Donald. Il clan dei Macinnes, che ha per emblema l'agrifoglio, ha origini comuni col clan Mac Donald. Un tessuto a quadrettatura verde e blu su fondo nero distingue invece il clan dei Graham, le cui origini risalgono al XII secolo con Guglielmo di Graham, il quale, per segnalati servizi, ottenne terre da David I, intorno al 1150. Ai Graham, che hanno per emblema l'alloro, il plauso di aver fatto abolire nel 1782 un atto del parlamento del 1747 che vietava, sotto penalità, l'uso del costume scozzese. Smagliante nel suo giallo predominante è il tessuto del clan Mac Leod. Il fondatore di questa famiglia fu Leod, figlio di Olave, re di Mann (XIII secolo), la cui insegna è il ginepro.
Ed ecco, infine, il tessuto regale, l'Abito stuardo (Dress Stewart) che si differenzia da tutti gli altri per il fondo bianco, sul quale posano, come sopra una luminosità, le altre tinte fondamentali di tutti i tessuti scozzesi: il rosso, il verde e il blu. Non si sa precisamente a quale autorità questo tessuto debba la sua denominazione, ma certo è che esso è stato il preferito dei re: si dice che Carlo II se ne adornasse con fiocchi le spalle e la regina Vittoria lo adorava.
I disegni quadrettati scozzesi sono stati poi applicati a tutti i tessuti di lana, seta, cotone, rayon e misti e, seppur con alti e bassi, non sono mai stati abbandonati dal mondo della moda che, con cadenzata periodicità, se ne è avvalsa per abiti femminili, scialli, fazzoletti, cravatte, riscoprendo, ogni volta, l’intramontabilità di un grande classico, in grado di riproporsi fulgido nella sua orgogliosa essenzialità quale simbolo di valorosi ideali.