lunedì 28 gennaio 2013

PEOPLE_Eugenio Marinella: la storia di uno stile







Correva l’anno 1914 e alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, Eugenio Marinella, con ardore e tenacia, decide di dare avvio a quella che sarebbe divenuta una storia di successo dal sapore tutto napoletano. Una storia che esporterà la tradizione manifatturiera, l’abilità manuale e il culto dello stile oltreoceano, sdoganando il made in Italy come caratteristica principe per prodotti di pregio. Animato da una forte dose d’intraprendenza e convinto che fosse giunto il tempo di vestire l’uomo che conta, Eugenio apre una bottega in Piazza Vittoria sull’elegante Riviera di Chiaia di Napoli, allora come oggi, uno dei più bei lungomare d’Italia. Un piccolo spazio, di soli 20 metri quadrati, situato però in una posizione strategica: davanti, infatti, vi passeggia tutta l’alta società napoletana, da sempre incline a vivere e interpretare l’eleganza nel suo significato più autentico. Complice la lungimiranza e la curiosità di Eugenio Marinella, sempre più intento a compiere viaggi internazionali in una mecca dello stile sartoriale maschile come Londra, in men che non si dica il negozio diviene un piccolo scrigno di preziosi tesori di raffinatezza, quintessenza di gusto e maestria. Per dirla in breve: un piccolo angolo di Inghilterra a Napoli. Marinella è il solo a proporre nella città partenopea lo stile inglese, declinandolo in una vasta gamma di prodotti esclusivi provenienti direttamente dalla capitale d’oltremanica. A corollario, un ambiente cortese, disponibile e ospitale: un salotto più che un negozio, che mette al centro dell’attenzione la persona e le relazioni umane.
Contrariamente a quanto si può pensare, agli albori della sua attività, Eugenio focalizza l’attenzione sulla camicia, vera regina del guardaroba maschile. Spinto dalla ricerca dell’eccellenza allo stato puro, convince alcuni artigiani camiciai di livello a trasferirsi da Parigi per indottrinare i suoi operai circa l’arte del taglio. All’epoca, le cravatte sono realizzate esclusivamente in sette pieghe: il quadrato viene piegato sette volte verso l’interno in modo da conferire una consistenza incomparabile. Soltanto più tardi farà la sua comparsa la cravatta attuale con la struttura interna.
Il negozio, sorto in prossimità di uno dei più importanti eventi storici, ha seguito l’evoluzione del tempo, percorrendone peripezie e vicende: le due guerre mondiali, il declino dell’antica nobiltà, l’avvento della nuova borghesia, la comparsa di prodotti americani che implicano rilevanti cambiamenti della moda. Sempre attento alle evoluzioni sociali e culturali, Eugenio non demorde, bensì decide d’imprimere una radicale rivoluzione alla sua attività: interrompere la produzione di camicie a favore della cravatta, che diviene così il prodotto per antonomasia della Maison Marinella.
Nei mitici anni ’80, il marchio è protagonista di un’espansione e di una celebrità impensabili: l’allora Presidente della Repubblica nonché amico di famiglia, Francesco Cossiga, diventa “ambasciatore” dello stile targato Marinella, adottando l’abitudine di portare in dono a capi di stato, in occasione di visite ufficiali, una scatola contenente cinque cravatte Marinella. Per il marchio comincia un’ascesa inesorabile che lo porta a conquistare il mondo intero.
Oggi come allora, la tradizione e l’eccellenza sono il leitmotiv della Maison, complice la passione con cui la terza generazione della famiglia, capitanata da Maurizio Marinella, dirige l’attività in un’ottica di contemplazione dell’eleganza e della qualità.
Nel tempo, si sono avvicendati tra i clienti volti noti e prestigiosi: Luchino Visconti ne ordinava moltissime, tutte con fondo blu o rosso, sfoderate come foulard che coordinava a coloratissimi fazzoletti da taschino di seta indiana; Aristotele Onassis ne comprava dodici per volta, rigorosamente nere in modo da scoraggiare gli interlocutori e non far mai trapelare di che umore fosse. Le cravatte Marinella sono state al collo degli uomini più eleganti e famosi: in bottega è custodito gelosamente il libro delle firme dove sono contenuti gli autografi di molte teste coronate e presidenti di stato, alti esponenti della politica e dell’imprenditoria, della cultura e dello spettacolo.
A testimoniare e autenticare il prestigio del marchio E. Marinella, i due illustri blasoni che lo affiancano sin dalle origini: quello dell’Ordine della Giarrettiera, quale fornitore della Casa Reale Inglese, e lo Stemma Borbonico. Nel corso di quasi un secolo di attività, molti sono stati i riconoscimenti ricevuti, volti a ufficializzarne il prestigio e l’eccellenza.
La produzione firmata E. Marinella ha saputo mantenere intatto il culto delle materie prime e della produzione, realizzando cravatte “napoletane veraci” ma allo stesso tempo ispirate a un “british style”. Un vero e proprio simbolo di eleganza. Un nodo d’autore.
La moda della cravatta è sicuramente cambiata, ma non lo sono le case delle pregiate sete inglesi che da tre generazioni forniscono la materia prima per simili capolavori dello stile. Twill e seta sono i tessuti più utilizzati, declinati in pois, tinte unite e piccole fantasie in innumerevoli varianti di colori e combinazioni per realizzare cravatte sempre diverse tra loro ma comunque emblema di gusto. Il segreto di una vera cravatta Marinella risiede nella fattura: prerogative irrinunciabili sono la particolare imbottitura e il rinforzo del nodo, soggetto, più delle altre parti, alla compressione e all’usura. La larghezza e l’imbottitura del nodo variano secondo i gusti, così come la larghezza e la lunghezza in base all’altezza della persona che la indossa, realizzando, in tal modo, un innovativo servizio su misura applicato alla cravatta. Le creazioni E. Marinella sono tagliate e cucite a mano, una ad una, dalle sarte nel laboratorio di Napoli; soltanto quattro esemplari uguali possono essere ricavati da un unico pezzo di seta pura di 100x130 cm, stampato in Gran Bretagna nelle fantasie a microdisegni divenuti la cifra stilistica della Maison. Quelle a cinque, sette e nove pieghe costituiscono varianti più preziose rispetto al modello classico: necessitano di una lavorazione più complessa, che richiede almeno tre ore di tempo e un impiego maggiore di tessuto, uno speciale twill di seta che viene ripiegato su se stesso ben cinque, sette o nove volte, dall’esterno verso il centro, conferendo una corposità per così dire naturale alla cravatta che in questo caso non richiede l’ “anima” d’imbottitura.

Dulcis in fundo, per un vero dandy man, il decalogo dello stile secondo Eugenio Marinella:
  1. come in tutte le cose, anche per la cravatta è una questione di misura. Quella giusta è compresa tra gli 8,5 e i 9,8 cm nel punto più largo;
  2. il nodo deve essere fatto senza stringere troppo, per evitare l’effetto “impiccato”. Disfarlo sempre la sera e appendere la cravatta ben tesa durante la notte;
  3. avere la stoffa giusta. E quindi, seta jacquard per le regimental, seta più leggera invece, tipo foulard, per gli stampati, fantasie per le cravatte dal tono elegante, lana a righe o fantasie scozzesi per l’abbigliamento invernale sportivo;
  4. una cravatta per ogni occasione. Al mattino preferirne una chiara e di fantasia, la sera optare per una più scura
  5. non farsi consigliare né tantomeno demandare ad alcuno la scelta della cravatta. L’unica regola a cui affidarsi è l’istinto;
  6. da evitare: i disegni molto grandi e vistosi, quelle con un unico disegno centrale ma anche quelle troppo smorte e anonime. Da ricordare che la cravatta rivela il carattere;
  7. da preferire: quelle in tinta unita in colori decisi, piccoli disegni (pois, losanghe, quadretti, rombi, piccole stampe cachemire), righe trasversali di due o tre colori al massimo;
  8. i colori: la cravatta deve staccarsi dall’abito e dalla camicia. Deve essere di colore più scuro della camicia e più intenso di quello della giacca. Pur essendo spesso l’unica nota colorata di un abbigliamento serioso, meglio non esagerare! Da evitare il verde pisello, il giallo canarino, il rosso fuoco e il rosa confetto. Più scuri, senza essere anonimi, i bordeaux, i rossi scuri, i blu, i verdi e i marroni;
  9. l’abbinamento con la camicia è un campo minato in cui solo il buongusto può guidare. Da evitare, in ogni caso, la sovrapposizione di una cravatta dal disegno fitto su una camicia a quadretti o l’abbinamento “tutto righe” di una cravatta regimental, camicia rigata e giacca in tessuto operato;
  10. mai il coordinato cravatta + fazzoletto da taschino. È un’inutile quanto anacronistica affettazione. Evitare sempre di avere un aspetto d’insieme troppo curato e optare per un’eleganza decontractée.  

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