lunedì 12 gennaio 2015

LEISURE_Bellissima al MAXXI







Emilio Schuberth, le Sorelle Fontana, Germana Marucelli, Mila Schön, ma anche Valentino, Simonetta, Roberto Capucci, Fernanda Gattinoni, Fendi, Renato Balestra, Biki, Irene Galitzine, Emilio Pucci, Fausto Sarli e molti altri ancora. Il meglio della moda made in Italy, quella autentica, che ha dato vita nell’immediato dopoguerra allo sviluppo di un concetto di stile unico nel suo genere, inconfondibile e, al tempo stesso, intramontabile. Oggi come allora, si tratta di nomi che riecheggiano nelle nostre menti, portando alla luce inestimabili abilità e capacità, madrine di raffinatezza ed eleganza.
Ma se è vero che la moda ha sempre dialogato con le molteplici forme d’arte, non vi è da meravigliarsi nel vederla dialogare con opere d’arte, con il cinema e i suoi divi, di via Veneto e della Dolce Vita.
Tutto questo – e molto altro ancora – è protagonista della mostra Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968 (visitabile fino al 3 maggio 2015), realizzata a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi e che, attraverso la lente privilegiata della moda, ritrae la cultura italiana in un momento di creatività straordinaria (nel cinema, nell’arte, nell’architettura, nel teatro, nella fotografia), facendo rivivere al MAXXI le atmosfere e gli stili di un periodo che ha contribuito in modo unico a definire il carattere e lo stile italiani a livello internazionale. Main partner del progetto, Bulgari, da 130 anni emblema di creatività ed eccellenza.
Con un allestimento essenziale e contemporaneo curato dall’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Bellissima mette in scena una selezione di 80 abiti di autori che hanno costruito l’identità della moda italiana, evidenziandone temi e tratti distintivi. Dalle creazioni spettacolari che hanno illuminato i grandi balli e i foyer dei teatri del secolo scorso, accompagnate dalle abbaglianti espressioni dell’alta gioielleria, all’eleganza trattenuta degli abiti da mezza sera dal grafismo rigoroso del bianco e nero all’esplosione cromatica - sospesa fra orientalismo allucinato e pop art spaziale - tipica degli anni Sessanta; dalle invenzioni per le attrici della Hollywood sul Tevere (con gli abiti disegnati per Ava Gardner, Anita Ekberg, Ingrid Bergman, Lana Turner, Kim Novak, Anna Magnani) agli esiti della sofisticata ricerca formale frutto di alcune intense collaborazioni fra sarti e artisti. E poi i completi da giorno, i tailleur e i cappottini che raccontano di un lusso ricercato anche nel quotidiano.
A corollario, gli accessori –borse, scarpe, bijoux, cappelli – che completano l’immagine della moda italiana e hanno contribuito a lanciare la nostra artigianalità a livello internazionale. Tra questi, degni di nota quelli a firma Coppola, Toppo, Salvatore Ferragamo, Fragiacomo, Gucci, Roberta da Camerino.
Non da ultimo, i gioielli, da sempre ideale complemento degli abiti come espressione di gusto e personalità nonché emblema dei fermenti culturali di un’epoca. Bulgari, il gioielliere italiano più celebre nel mondo, espone una selezione di pezzi unici rappresentativi di un periodo chiave nella storia del Marchio a livello di sperimentazione e innovazione stilistica. Fra i pezzi in mostra, le iconiche creazioni Serpenti in oro con diamanti o smalti e una straordinaria collana degli anni ’50 in platino, rubini e diamanti per un totale di 70 carati.
In mostra, inoltre, le fotografie di Pasquale De Antonis, Federico Garolla, Ugo Mulas, autori straordinari che attraverso le loro immagini raccontato i fasti della moda italiana e i suoi paesaggi; riviste dell’epoca e documenti originali; filmati che ne rivelano la grande effervescenza.
A suggellare gli infiniti connubi tra la moda e l’arte tout court intesa ed espressa nei suoi molteplici linguaggi, infine, le opere di Carla Accardi, Getulio Alviani Alberto Biasi, Alberto Burri, Massimo Campigli, Giuseppe Capogrossi, Lucio Fontana, Paolo Scheggi, molte delle quali esposte grazie alla collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, testimonianza della sperimentazione e della grande vitalità creativa di un’epoca eccezionale.
Il dialogo con l’arte contemporanea, in particolare, è messo ben in evidenza da vb74, performance che Vanessa Beecroft ha progettato appositamente per l’inaugurazione della mostra sul tema dell’identità femminile.
Otto le sezioni espositive attraverso le quali cogliere la complessa e cangiante immagine della moda italiana in una sorta di racconto ideale fatto da tante storie esemplari che hanno dato forma e consistenza all’affermazione dell’etichetta “made in Italy”. In Arty l’atelier è presentato come luogo di produzione culturale e, quindi, come testimone - soprattutto nel corso degli anni ‘60 - di atmosfere scandite dalla complicità fra creatori di moda e artisti. Emblematici in questo senso i casi di Roberto Capucci, Germana Marucelli, Mila Schön: creatori che utilizzano il progetto dell’abito come spazio di riflessione sui linguaggi della contemporaneità e che coltivano il dialogo con gli artisti per trasformarsi in interpreti visionari delle forme del loro tempo. Si procede poi con Giorno, sezione in cui i completi da giorno, i tailleur, i cappottini sono l’altra faccia dell’alta moda, quella meno appariscente che ci racconta di un lusso ricercato che non ha bisogno delle occasioni uniche per manifestarsi. Sono gli oggetti che definiscono gli immaginari urbani della modernità. I dettagli costruttivi combinati alla qualità italiana dei tessuti, le lavorazioni artigianali che si innestano su quelle industriali, impreziosendole, sono alla base delle soluzioni formali che caratterizzano questi abiti. Il viaggio dell’alta moda è anche l’esplorazione di questo territorio, che permette ai grandi sarti italiani, fra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, di mettersi in gioco e sperimentare. È il percorso vero l’alta moda pronta, verso il prêt-à-porter.
La mostra prosegue con Bianco e Nero, principio progettuale alla base di alcuni fra gli abiti in mostra che rappresentano le più riuscite manifestazioni dell’alta moda italiana fra gli anni ‘50 e ‘60, intesa non come luogo che celebra atmosfere elitarie, ma come eccezionale laboratorio creativo, spazio per la messa a fuoco delle poetiche dei creatori italiani. Essenziale e grafico, il bianco e nero diventa la radiografia attraverso la quale leggere le qualità degli abiti che maggiormente sperimentano nuove soluzioni formali, lunghezze inaspettate, accostamenti inediti fra i materiali. La storia racconta che la moda ben presto ha stretto profondi legami con la settimana arte e proprio nella sezione Cinema rivivono queste atmosfere. L’atelier delle Sorelle Fontana è lo scenario del film di Luciano Emmer Le ragazze di Piazza di Spagna (1952), e sempre delle Sorelle Fontana sono gli abiti che sfilano nella sartoria torinese del film di Michelangelo Antonioni Le amiche (1955). Ma anche Fernanda Gattinoni, Emilio Schuberth, e poi Valentino, Fabiani, Tiziani: sono alcuni dei nomi che si legano al glamour delle attrici della dolce vita. Le attrici italiane e quelle internazionali diventano clienti affezionate delle grandi sartorie romane e questi creatori diventano il referente privilegiato per i guardaroba personali di icone come Ingrid Bergman, Ava Gardner, Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Audrey Hepburn, Anna Magnani, Silvana Mangano, Kim Novak, Elizabeth Taylor. La mostra prosegue con Gran Sera, dove regina è l’interpretazione sartoriale dell’unicità propria delle grandi occasioni: l’abito di alta moda è lo strumento che scandisce l’incedere sul tappeto rosso, che anima i foyer dei grandi teatri la sera della prima e i saloni dei palazzi nobiliari durante i grandi balli. Ardite sperimentazioni che trovano la loro validazione con gli abiti da cocktail. In questa sezione la mostra ripercorre le linee tipiche di queste occasioni: “a vetro soffiato”, “alternata”, “solare”, “a boule”, “a scatola”, “a stelo” fino all’arrivo nel corso degli anni ’60 di pantaloni, scarpe dalla punta allargata e dal tacco basso e ispessito. Ma la moda italiana guarda anche oltre, non fermandosi al Belpaese. È così che rimane affascinata dall’oriente e dagli esotismi, al punto di tradurre questa attrazione in  applicazioni e ricami elaborati e preziosi: motivi floreali, arabeschi e astrazioni geometriche diventano scintillanti campiture della silhouette, posizionate su collo, polsi e orli, e arrivano a invadere l’intera superficie dell’abito. Ma non è tutto. Quest’attrazione, infatti, non si esaurisce nella decorazione: nel 1960 il Pijama Palazzo, ideato da Irene Galitzine insieme al suo giovane collaboratore Federico Forquet, riscuote un grande successo alle manifestazioni di moda fiorentine. Dulcis in fundo, la sezione Space, dove paillettes, frange, placche in alluminio, disegni geometrici a rilievo che modulano e animano le sintetiche forme degli abiti la fanno da padrone. Il luccichio metallico diventa l’emblema delle visioni del futuro e di quell’estetica anni ‘60 proiettata verso un domani alla moda. È l’alta moda che si accorge dei giovanissimi, che accompagna i balli sincopati e le pose iper-grafiche delle modelle di “Vogue” e che dai palazzi barocchi della nobiltà romana si sposta sulla pista del Piper Club e fra le scenografie in bianco e nero dei varietà in televisione. 

Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968
Fino al 3 maggio 2015
a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi
progetto allestitivo di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo e Guido Schlinkert
Galleria 5 
Maxxi, Museo nazionale delle arti del XXI secolo ∙ Via Guido Reni 4A - 00196 Roma 

Nessun commento:

Posta un commento